Il Quadriregio. Frezzi Federico

Il Quadriregio - Frezzi Federico


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saper vuoi il fatto come è stato,

         20 la Invidia, che sempre il mal rapporta,

              che mille ha orecchie ed occhi in ogni lato,

              disse a Iunone: – Or non ti se' tu accorta

              che Lippea ama il vago giovinetto,

              che venne qui e tanto amor gli porta? —

         25 Poscia sparío, quando questo ebbe detto

              la rea, che ha mille occhi e tutto vede

              e mille orecchie e tosco ha dentro al petto.

              Ah Invidia iniqua, quanto a te si crede!

              e perciò volentier tu se' udita,

         30 perché troppo al mal dir si dona fede.

              A Lippea detto fu che ammannita

              stesse ad andarne nel seguente giorno,

              quando Iunon volea far sua partita.

              Pel gran dolor e per lo grave scorno

         35 d'amaro pianto si bagnò le gote,

              e smorto diventò suo viso adorno.

              E per non far di fuor le fiamme note,

              che Amor le aveva acceso dentro al core

              coll'arco dur, che mai invan percote,

         40 pigliava scusa pianger per l'amore,

              ch'ella portava alla Diana dea

              e alle sue ninfe come a care suore.

              – Sorelle mie – dicea, – perché credea

              rimanermi con voi, però 'l cuor piagne

         45 che dipartir mi fa la 'Nvidia rea.

              E non sará che mai 'l mio pianto stagne:

              tanto è l'amor, oh lassa me tapina,

              ch'io conceputo ho qui, o mie compagne. —

              Poscia andò a Iuno e disse: – O mia regina,

         50 per darmi infamia e darmi vitupero,

              l'Invidia con sua lingua serpentina

              detto ha cosí; ma s'ella dice il vero,

              io cada morta, o s'io assento all'arme

              di dio Cupido o mai n'ebbi pensiero.

         55 Quando deliberasti, o dea, lassarme,

              concepii amore a tutte, ed or mi dole

              se io le lascio e altrove puoi menarme. —

              Iunon rispose a lei brevi parole:

              – Voglio che vegni e, quando il carro parte

         60 crai, sii la prima sul levar del sole. —

              Poscia che mille lacrime ebbe sparte,

              dicea fra sé dolente ed angosciosa:

              – Come farò? oimè! 'l cor mio si sparte. —

              Come va 'l cervio, a cui giá venenosa

         65 è giunta la saetta, e move il corso

              or qua or lá, e insin che muor non posa:

              cosí ed ella per aver soccorso

              giva ad ognuna, e poscia

              lacrimando deliberò a Diana aver ricorso.

         70 E disse: – O dea, tu facesti il domando

              ch'io rimanessi, e Iuno fu contenta;

              ed io anche assentii per suo comando.

              Ed ora pare a me ch'ella si penta,

              non so perché: e se fia mia partenza,

         75 convien che gran dolor mio cor ne senta,

              perché tu, dea, a me benivoglienza

              hai dimostrata, e Pallia e Lisbena

              e l'altre, con ch'i' ho fatto permanenza.

              Però partir da loro a me è gran pena,

         80 ch'io amo ognuna come mia sorella,

              e sopra tutte te, o dea serena.

              Però, ti prego, alquanto tu favella

              a dea Iunon ch'io stia sino alla festa,

              che ogni anno, come sai, si rinovella. —

         85 Rispose a lei Diana: – Manifesta

              tu fai te stessa: or sappi che colei,

              di cui è sospetto, non è ben onesta.

              Vanne con la signora delli dèi;

              ché s'ella mi dicesse ch'io v'andassi,

         90 sí come a Iove, a lei ubbidirei. —

              Per la vergogna tenne gli occhi bassi

              la misera e pensava tutt'i modi

              per rimanere e che nessun ne lassi.

              O Amor folle, che sí forte annodi

         95 l'amante con l'amato e sí li leghi,

              che dentro consumando li corrodi!

              Quando si vide non valer li prieghi,

              giva ansiando come fa la cagna,

              a cui veder li suoi figliuol si neghi.

        100 E lasciò tutte e sol me per compagna

              seco menòe; e salse tanto ad erto,

              ch'ella pervenne in una gran montagna.

              Alquanto andammo lí per un deserto:

              alfin venimmo in quel prato fiorito,

        105 ov'ella te di fiori avea coperto.

              Ella gittossi dov'eri dormito;

              e cominciò a dir con pianto amaro:

              – O dolce sposo mio, dove se' ito?

              dove se' ora, o mio amico caro?

        110 Oh ti vedessi 'nanti ch'io mi parta,

              da che contra


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