Fra Tommaso Campanella, Vol. 2. Amabile Luigi

Fra Tommaso Campanella, Vol. 2 - Amabile Luigi


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ricordato da' nostri Storici, e meglio anche dagli Agenti di Toscana e di Venezia ne' loro Carteggi, e su ciò non v'è nulla da dire58. Che l'esecuzione sia stata fatta di Domenica per ragione non del Vicerè ma del S.to Officio, si rileva da quanto abbiamo narrato con la scorta de' documenti autentici ed anche dal documento de' Bianchi che dice: «a questa giustitia andò la compagnia il sabato prima 15 del mese et aspettò sino a 2 hore di notte, et poi fu licenziata per non possere l'afflitto essere assoluto del s.to officio». Che non la bolla ma l'informazione del clericato abbia dovuto già essere stata esibita al tribunale innanzi questa data, si è visto dall'averne il Vicerè fatto perfino un appunto al Vescovo di Mileto. Che infine il Pisano non siasi ritrattato mai, ed invece con una desolante persistenza abbia ripetuto, più o meno, le cose dell'eresia e della congiura innanzi qualsiasi tribunale, è accertato da tutti gli esami e rivelazioni che di lui possediamo, e precisamente nella persona di lui la raccolta che possediamo è completa.

      I particolari del supplizio del Pisano ci vengono forniti dallo stesso documento dell'Archivio de' Bianchi. Col lunghissimo giro altrove accennato, dalla Vicaria «s'andò per palazzo»; e si eseguì la «giustitia per ordine di S. E. ad appiccare et squartare vicino la guardiola del Castello». Anche nelle scritture di S.to Officio relative alle persone di questa causa, troviamo che Felice Gagliardo, menzionando Cesare Pisano, lo disse «giustitiato al largo del Castello»59. Così quest'infelice giovane, di 26 anni, servì di spettacolo non solo al popolo della fedelissima città, ma anche a' suoi compagni di sventura, che dalle carceri del Castello doveano vederlo. E meritano pure di essere notate ed interpetrate due circostanze che si trovano riferite dal Residente Veneto60. La prima, che il Vicerè fece affrettare l'esecuzione, poichè il Pisano nelle carceri avea disegnato di avvelenare Maurizio, il quale continuava a svelare il negozio della congiura; e fu questa verosimilmente una voce sparsa dal Governo medesimo, per giustificare un abuso giurisdizionale aggravato anche dal modo tenuto. La seconda, che il Pisano, essendo prete, fu impiccato in abito di prete; e questa circostanza dovè esser vera unicamente nel senso che si fece andare il Pisano al patibolo col ferraiolo nero di clerico; poichè non solo trovasi attestato dalla lettera del Residente il fatto dell'impiccato coll'abito di prete, ma anche trovasi riferito da tutti gli Avvisi del tempo essere stato impiccato un sacerdote, anzi lo stesso Campanella, ciò che significa esservi stata tale credenza, originata verosimilmente dal fatto dell'abito, che va interpetrato come uno sfregio inflitto al potere ecclesiastico. – Per certo il Nunzio ebbe a rimanere duramente deluso nella sua aspettativa intorno al Pisano, e non se ne potè neanche lagnare immediatamente in Corte, essendosene il Vicerè andato fuori Napoli: ne fece bensì risentimento con D. Giovanni Sances, e ne diè conto al Card.l S. Giorgio con la sua lettera del 21 gennaio, senza far motto della circostanza dell'abito di clerico fatto indossare al Pisano. Più tardi potè parlarne al Vicerè, il quale disse che di queste cose se ne rimetteva a' suoi ufficiali e che non avea saputo nulla di tale esecuzione; ed al Nunzio parve che le sue lagnanze avessero lasciato il Vicerè «confuso» e perciò si era espresso in quel modo «punto verisimile»! Per non intralciare la narrazione, aggiungiamo che ancora più tardi ne dovè dar conto egualmente al Card.l di S.ta Severina, il quale glie ne scrisse inculcando di risentirsene; ed egli fece del pari conoscere di averne già parlato al Vicerè, e di essergli stato da lui risposto «che non haveva saputa tal esecutione», come pure di averne parlato a' Ministri e di esserne costoro «rimasti confusi ad ogni modo»61. In verità bisogna dire che il Nunzio non rifuggiva dai concetti più arrischiati, quando si trattava di scusare la sua non rara indolenza in queste materie così delicate, che egli aveva per lo meno il torto di mettere allo stesso livello de' negozii ordinarii. Due volte la Compagnia de' Bianchi era andata in Vicaria pel Pisano, due volte il S.to Officio si era trattenuto col povero condannato, e il Nunzio non ne avea saputo nulla. Il vero è che egli soleva scansare ad ogni costo le imprese laboriose: così avea fatto pel Caccìa, così fece pel Pisano, così lo vedremo fare anche in qualche altra occasione.

      III. Intanto, dietro l'arrivo del Breve Papale, il tribunale della congiura per gli ecclesiastici si costituiva, e sollecitamente cominciava a funzionare. L'11 gennaio il Breve era stato presentato al Nunzio da D. Pietro de Vera e letto da entrambi; il 16 la nomina del medesimo D. Giovanni Sances per fiscale e di Marcello Barrese per Mastrodatti fu trasmessa ufficialmente, da parte del Vicerè, a D. Pietro de Vera con l'incarico di comunicarla al Nunzio; il 18 si tenne la prima seduta. Queste date risultano dagli Atti che si conservano in Firenze, posti al sèguito del Breve, parzialmente anche dal Carteggio del Nunzio, e dal Carteggio del Vicerè, infine da un documento che abbiamo rinvenuto nell'Archivio di Stato62: ma prima d'inoltrarci nella narrazione di ciò che si fece nel tribunale, non sarà inutile dare un'occhiata al Breve. Esso vedesi diretto al Vescovo di Troia Nunzio Apostolico e a Pietro de Vera Consigliere, e reca la data dell'8 gennaio. Con quella dicitura contorta e stentata di Marcello Vestrio Barbiano Segretario de' Brevi, e con quel piglio altiero ed ingiurioso tanto comune ad incontrarsi ne' documenti della Curia, Clemente VIII comincia dal ricordare la partecipazione avuta «pocofà» dal Vicerè, che taluni frati e clerici «figli dell'iniquità» aveano cospirato nello Stato del carissimo figlio Filippo e trattato di dare la Calabria «nelle mani de' turchi nemici del nome cristiano», e la dimanda dello stesso Vicerè, che si fosse degnato di provvedere con la benignità Apostolica perchè i parecchi carcerati avessero il meritato gastigo; ond'egli stimando que' «ribaldi e sediziosi uomini indegni dell'immunità e libertà ecclesiastica», concede alla fraternità del Vescovo, e alla discrezione di Pietro, facoltà di esaminare carcerati e carcerandi, complici, testi etc. Finquì ognuno avrà notato quel «pocofà» da doversi riferire a tre mesi indietro, una definizione della congiura che la Curia sapeva da un pezzo non esser la vera con qualche sospetto che la congiura medesima fosse destituita di fondamento, inoltre una durezza estrema di linguaggio verso individui i quali tuttora non erano che semplici imputati: si faccia un confronto col linguaggio tenuto dal Vicerè nell'istituire il tribunale pe' laici (Doc. 209 p. 109) e si vegga la differenza. Ma cosa voleva dire quell'essere i ribaldi e sediziosi uomini indegni dell'ecclesiastica immunità? Era forse un tribunale laico quello che s'istituiva per essi? Senza dubbio si derogava ai Canoni e alla procedura ordinaria, massime coll'intervento del Fiscale Sances e del Mastrodatti Barrese, individui laici nominati dal Vicerè; ma coloro i quali doveano in ultima analisi giudicare e sentenziare erano sempre il Nunzio, giudice naturale segnatamente de' frati, e il de Vera clerico, proposto dal Vicerè ma nominato giudice dal Papa, e quindi funzionario Papale, precisamente come p. es. erano i Vescovi proposti dal Governo e nominati dal Papa senza potersi dire perciò funzionarii Governativi. Difatti «Commissarii Apostolici, Delegati Apostolici», si dissero poi sempre il Nunzio e il De Vera, e solo per le facoltà avute direttamente dal Papa essi furono in grado di esaminare gl'imputati, prescrivere i tormenti, emettere le sentenze; se il Campanella in sèguito pose sempre innanzi il Sances e le sue crudeltà, è chiaro che lo fece unicamente per mettere nell'ombra le persone e le crudeltà de' Commissarii Apostolici de' quali non gli conveniva sparlare. Si chiami dunque «tribunale misto» il tribunale creato col Breve, ma s'intenda bene la costituzione sua, e non se ne sconosca la natura al punto da attribuire al Governo Vicereale ciò che esso fece: sicuramente esso fu costituito in modo da dover servire in tutto e per tutto il Governo Vicereale, ma rimanendo pur sempre un tribunale i cui Giudici funzionavano in nome del Papa, coll'autorità avuta dal Papa. Non meno importante poi riesce il notare l'estensione de' poteri accordati a questi Giudici verso gli inquisiti: concediamo, diceva il Breve, facoltà «di sottoporli alla tortura ed altri tormenti giusta le disposizioni del dritto… di procedere fino alla sentenza esclusivamente, e di consegnare e rilasciare alla Curia secolare, senza pericolo di censure… colpiti dalle condegne pene giusta le sanzioni canoniche coloro i quali a voi sia constato essere legittimamente convinti e confessi». Ecco un abbandono insolito di ciò che le Autorità, tanto ecclesiastiche quanto laiche, ordinariamente si riserbavano; ma si noti che i Delegati potevano agire fino alla sentenza di condanna «esclusivamente», sicchè quando una tale sentenza si fosse dovuta emettere, sarebbe occorsa l'approvazione del Papa. Con ciò risulta chiarita anche meglio la natura del tribunale; e s'intende che l'approvazione del Papa non sarebbe mancata, ma s'intende pure che per salvare l'apparenza della superiorità ecclesiastica, il Papa consentiva ad assumere


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<p>58</p>

Ved. nell'Arch. Mediceo, filz. 4087, Let.ra del Battaglino del 18 gennaio 1600: «Horrendo spettacolo hebbi hieri nella mia loggia col veder perire inesorabilmente sette navi con quantità di marinari, fra esse è il galeone di Giorgio d'ulista carico di grani di Puglia come le altre cinque navi; il settimo fu un vascello Brettone chiamato da' nostri Vecchietti c'havea cominciato a caricar alberi et remi per andar in Spagna» etc. Un'altra del Turamini, ibid. stessa data, lo ripete. Inoltre ved. la Lett. dello Scaramelli, stessa data; Doc. 188, pag. 96.

<p>59</p>

Ved. la nostra Copia ms. de' processi eccles. tom. 2.o fol. 236.

<p>60</p>

Ved. il Doc. anzid.to

<p>61</p>

Ved. Doc. 85 pag. 62, e Doc. 88 pag. 63.

<p>62</p>

Ved. il Breve e gli altri Atti suddetti ne' Doc. 242 e 243 pag. 129; le Lett. del Nunzio degli 11 e 21 gennaio, Doc. 81 e 83, pag, 60 e 61; la Let. Vicereale de' 18 gennaio, Doc. 40 pag. 44; e l'altra Let. scritta d'ordine del Vicerè egualmente il 18 gennaio, Doc. 216 pag. 115.