Fra Tommaso Campanella, Vol. 2. Amabile Luigi
in fondo, non si ebbero rivelazioni nuove o numerose di Maurizio, il quale non potea nemmeno ignorare che vi erano state anche troppe rivelazioni di eresia, o per debolezza, o per artificio, allo scopo di passare alla Curia ecclesiastica: nè vi fu bisogno per lui di assoluzione e di abiura, poichè egli non era imputabile in siffatta materia. Ma l'importanza delle dette rivelazioni per noi sta in questo, che esse dànno una notevole impronta di autenticità a' tratti principali dei disegni del Campanella e delle riforme politiche e religiose da lui progettate, come anche alla via seguita da fra Dionisio in questa faccenda; poichè, quasi non occorre dirlo, noi crediamo pienamente sincere quelle rivelazioni, senza alcuna riserva, e però siamo stati anche solleciti di riferirle con le parole testuali. In un momento supremo, quando ogni speranza di salvar la vita, se mai ve n'era stata, avea dovuto rimanere del tutto spenta, vedere Maurizio non già ritrattare le confessioni fatte nel tribunale, ma aggiungere rivelazioni in termini tali da suggellarle, è certamente un fatto di suprema importanza; nè cesseremo dal dire egualmente da questo lato, che la condotta di Maurizio si può giudicare inaccettabile ma non mai indegna di rispetto, e chi volesse ad ogni modo biasimarla dovrebbe rivolgere i suoi biasimi piuttosto a coloro i quali abusarono di quell'anima tutta imbevuta della fede in cui era stata educata. Ci rimane intanto una somma di notizie in tal guisa raccolte, che non ammettono dubbio.
Il giorno seguente, 4 febbraio, con lo stesso corteggio della prima volta, Maurizio venne condotto al patibolo, e di rimpetto al torrione del Castel nuovo, dal quale i suoi compagni di sventura poteano vederlo, lasciò miseramente la vita col capestro a soli 28 anni. Il Registro de' Bianchi lo ricorda in questi termini: «A dì 4 di febraro Venerdì 1600, per ordine di S. Ecc.a fù giustitia di Mauritio Rinaldi de Guardavalle appresso Stilo, lascia una figliuola d'anni tre, nomine Costanza in potere de sua matre nomine Giulia Vitale; et una sorella d'anni 30 vidua nomine Costanza. Ve intervennero» etc. Il Campanella, nell'Informazione, scrisse che «li fecero perder l'anima e 'l corpo, e non li donaro tempo di ritrattarsi se non alli confrati»: bisogna dire che egli non abbia conosciuto nulla delle rivelazioni fatte in S.to Officio, e poi sappiamo oggi ciò che avvenne presso i confrati; se mai vi fossero state discolpe, nel Registro de' confrati si leggerebbero come si leggono quelle del Pisano. – Dobbiamo aggiungere che il Residente Veneto, l'8 febbraio, riferiva l'avvenimento al suo Governo con qualche altra circostanza degna di nota e ne' termini più lusinghieri per Maurizio; non possiamo dispensarci dall'esporre qui il suo dispaccio e tutto intero, senza rimandare i lettori a' Documenti. «Quel Mauritio Rinaldi doppo haver ratificato alla presentia de i frati autori della ribellione tutte le cose fra loro accordate in Calavria, propose da sè stesso di lasciarle comprobate senza più dilatione con la sua morte perche non habbia loro à restar più speranza di poterle negar nei tormenti; con che finì la vita nel luogo et modo istesso dove anco la prima volta era stato condotto pubblicamente. Le attioni fatte da costui, et vivendo, et morendo sono generalmente stimate di tanto momento che da esse si possa far giudicio qual fossero stati i suoi progressi se fosse riuscito l'effetto della congiura. Et havendo colla volontaria revellatione, per solo zelo dell'anima sua, mosso l'animo del V. Re, non parendo a S. Ecc.za in caso di M.tà lesa di dover permutargli la pena della vita, hà fatto, con atto magnanimo, che la facoltà sua, già per la sententia confiscata, sia hora divisa in tre parti, una delle quali sia data per Dio, et una alla madre, et l'altra ad una figliuola nubile di esso infelice, con la qual gratia gli è parso morendo rinascere al mantenimento di persone a lui tanto congiunte». Una testimonianza del tutto disinteressata, come questa del Residente Veneto, su fatti avvenuti in Napoli, regge assai bene a fronte delle molte, delle troppe affermazioni vituperose del Campanella verso Maurizio. Forse, come tanto spesso, non tutte le circostanze da lui riferite debbono ritenersi esatte. Verosimilmente non sarà esatto che Maurizio abbia proposto di voler comprovare con la sua morte le cose da lui rivelate a carico de' frati, giacchè per lo meno questo non era punto necessario; del pari non sarà forse esatto che egli abbia saputo in precedenza, con sua letizia, la revoca almeno parziale della confisca de' suoi beni, non essendo facilmente ammessibile un così pronto senso di pietà Vicereale verso un ribelle. Possiamo ritenere che la confisca non abbia avuto effetto, e forse per questo motivo son riuscite vane finora tutte le nostre ricerche nell'Archivio di Stato su tale argomento: vi era l'interesse di «Dio», cioè de' monasteri, a' quali con siffatto titolo tanto indegnamente adoperato si prodigava la roba altrui, e vi era anche il gusto Vicereale di mostrarsi in gara di commozione ne' casi di coscienza commossa. Ma ci basta sapere che i contemporanei giudicarono Maurizio ben diversamente da quanto il Campanella ci lasciò scritto, e crediamo che oramai il nome di Maurizio debba registrarsi nel martirologio italiano, dandogli lo splendido posto che gli compete.
Continuava intanto nel tribunale lo svolgimento delle prove a carico di fra Dionisio. Furono esaminati Mario Flaccavento e Gio. Battista Sanseverino, i quali confermarono di essere stati da lui sollecitati a prender parte nella congiura. Anche Fabio di Lauro e Gio. Battista Biblia fecero la confronta con fra Dionisio; e forse si udì pure qualche altro contro di lui, giacchè si nota a questo punto una piccola lacuna nella numerazione de' folii del volume79. – Ma giunse finalmente da Roma la lettera che dava licenza di amministrare la tortura al Campanella e agli altri indiziati. Il Nunzio si affrettò a comunicarla al Vicerè, e dovè pure esser subito emanato dal tribunale il decreto per l'esecuzione. Questa lettera è menzionata in un'altra posteriore del Nunzio80, e non si trova nel Carteggio, sicuramente perchè venne inserta nel processo, come allora solevasi fare.
Il 7 febbraio 1600 venne amministrata la tortura al povero Campanella, e la specie prescelta fu quella così detta del polledro. Ciò rilevasi da un documento trasmesso dall'uno all'altro tribunale ed inserto nel processo di eresia, il quale comincia così: «à tempo si dede lo polletro à fra thomase campanella ali 7 di febraro» etc.81. Di questa specie di tortura, tutta napoletana, non ci è costato poco il rinvenire i particolari; e li abbiamo finalmente rinvenuti in un trattato di Medicina legale intitolato Il Medico fiscale di Orazio Greco fisico della Gran Corte della Vicaria, trattato totalmente ignoto agli Storici dell'arte, essendo stato annesso ad un'opera legale82. Il concetto del polledro apparisce preso da quel chiuso fatto con barre di legno che adoperavasi per fermare i polledri indomiti, attaccandone gli arti alle barre mediante funicelle. Non era un tormento comune: usavasi in casi d'importanza, ed il Greco, che scriveva oltre un secolo dopo il tempo di cui trattiamo, accertò che «sin dalle popolari revolutioni (int. quelle di Masaniello) non si era più pratticato». Il paziente veniva situato come in una cornice di legno a modo di scala piramidale, munita di traverse tagliate ad angolo acuto per cruciare tutta la parte posteriore del corpo, dalla nuca a' talloni: il capo era incassato come in una cuffia di legno nella quale la scala terminava; un foro si trovava nella parte posterior-superiore della cuffia, e fori analoghi si trovavano lungo gli assi della scala, per far passare gli estremi di tante funicelle che doveano stringere il capo e gli arti in più punti. Oltre due funicelle fortemente applicate a' polsi per tenerli uniti insieme, un'altra ne era applicata alla fronte, due alle braccia, otto alle cosce e gambe; in tutto 13 funicelle, i cui estremi passati pe' fori suddetti erano ritorti mediante bastoncelli di legno, così che le carni venivano strette sulle ossa; e perchè gli arti inferiori non si allontanassero tra loro, una funicella supplementare era passata intorno agli alluci. Del resto il Greco ebbe cura di darcene un disegno, e noi abbiamo creduto che valesse la pena di riprodurlo, per avere una nozione più chiara di tale tormento, e così intendere ciò che il disgraziato filosofo ne disse nella sua Narrazione83. Il Campanella dovè essere tratto dalla fossa del miglio per avere questa tortura, e però può contarsi che venne a dimorare nella fossa sette giorni. Un primo fatto da essere notato nella sua tortura fu questo, che mentre veniva spogliato gli cadde una carta contenente la relazione dell'esame del Lauriana, che costui gli avea scritta, e D. Giovanni Sances la lesse, e il Campanella gli disse che quella carta volea presentarla; D. Giovanni affermò che l'avrebbe presentata egli medesimo, ed allora il Campanella gli consegnò pure una o due cartoline scrittegli dal Pizzoni, dicendo che le presentasse egualmente. Queste cose furono poi da fra Dionisio riferite al Vescovo di Termoli, Giudice nel tribunale dell'eresia, il quale volle da lui una relazione su' documenti attestanti la corrispondenza passata tra il Pizzoni e il Campanella; ed il Vescovo, avutane notizia, fece richiesta de' detti
79
Ved. Doc. 247, pag. 160.
80
Ved. Doc. 87, pag. 62; ma bisogna notare che la data del 24 gennaio, quivi assegnata alla lettera in quistione, potrebb'essere errata, poichè il 4 febbraio essa era ancora attesa.
81
Ved. Doc. 381, pag. 394.
82
Sarno (Anelli de) Novissima praxis civilis et criminalis, cura observationibus… ac singulari tractatu inscripto Il Medico fiscale pro optima cognitione delictorum in genere, videlicet cadaveris venenati, virginis defloratae, pueri constuprati et aliorum consimilium Doctoris Horatii Graeci Medici phisici Regiae Curiae etc. Neap. 1717.
83
Ecco il fac-simile del disegno del polledro datoci dal Greco (op. cit. pag. 499). Non rifuggano i lettori dal contemplarlo, specialmente quelli, che per caso menassero vanto di principii repubblicani; vedranno cosa costava a' padri nostri il professarli, e rileveranno bene la differenza: