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Toppi, De origine omnium tribunalium, Neap. 1655-66, vol. 2o, pag. 187.
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Il Nunzio gli era anche molto amico, siccome si rileva da un'altra sua lettera del 1o giugno 1601, dove si legge: «Fra tutti i Ministri che son qua di S. M.tà Cattolica non ho maggiore domestichezza che con il Consigl. Pietro di Vera d'Aragonia, che mi fu dato per Collega da N. S.re nella causa della rebellione».
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Ved. Doc. 38, pag. 43.
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Ved. Doc. 325, pag. 276.
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Ved. la nostra Copia ms. de' processi ecclesiast. tom. 2o fol. 173-1/2.
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Un ms. posseduto dal Minieri-Riccio dà notizie delle fosse oscure, delle iscrizioni, delle ossa «rinvenute ne' sotterranei della torre Aragonese in occasione della fabbrica di una stufa per la nuova fonderia, di cannoni di ferro». La qualificazione della torre è uno sbaglio del raccoglitore delle iscrizioni, poichè la fonderia esiste sempre ed è facile vedere dove corrispondano i suoi fornelli. Le iscrizioni trovate leggibili rimontano solo al 1660; una del 1698 è di un tale che da 27 giorni vi si trova per essere andato incontro al Cardinale Principe di Savoia; spaventevole è quella di un tale, che impreca a' suoi parenti, i quali, per salvarsi, l'hanno fatto menare in quel posto, senza luce e tutto nudo, ove cerca la morte per finire di penare, e residui di scheletro ivi giacenti fanno pensare che vi trovò la morte. Ved. Catalogo de' MS. della Bibl. di Minieri-Riccio voi. 3o Nap. 1869, pag. 158.
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Ved. Doc. 421, pag. 527. Quivi specificatamente si notano tutte queste cose, attestate da fra Pietro Ponzio; e fra Pietro, per sua scusa, potè bene inventare che il Campanella trasmettesse i suoi Sonetti a Maurizio, calandoli giù dalla finestra, ma non inventare che la finestra di Maurizio si trovasse sotto quella del Campanella. D'altronde anche nella confessione ultima di Maurizio vedremo fatta menzione di parole scambiate tra lui e il Campanella nelle carceri di Napoli, e questo non potè accadere che dalle finestre.
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Ved. Doc. 376, pag. 386.
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Rimanga ben chiaro che il processo fu propriamente intitolato «di tentata ribellione»; solo pel vantaggio della brevità noi diciamo «processo della congiura», la quale maniera di esprimerci è del resto consentanea all'altra anzidetta, e certamente preferibile a quella che troviamo pure usata negli Atti e ne' Carteggi, cioè «processo di ribellione».
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Ved. i Doc. 441 e 442, pag. 551.
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Abbiamo fatto avvertire altrove (vol. 1.o p. 303) che potevano i Giudici, pe' delitti di lesa Maestà servirsi de' più gravi tormenti, ma non di tormenti nuovi. Qui aggiungiamo che lo stesso Farinacio cita la veglia, aggravata da successive modificazioni, col precetto «non habeatur nisi in vere atrocissimis ut laesa Majestate, assassiniis famosis et similibus» (De indiciis et tortura Ven. 1649 p. 348). Aggiungiamo ancora che Maurizio, malgrado fosse nobile, poteva essere sottoposto a tortura trattandosi di lesa Maestà, ed anzi a tortura più atroce, perchè «Nobilitas saepe auget delictum» secondo la massima del Gigante (De crimine les. Majest. Ven. 1588 fol. 67).
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1. o Ne' Reg.i Curiae, vol. 46, (an. 1599-1601) fol. 10 si legge: «All'Audientia di Calabria ultra. Per alcune cause et degni rispetti moventi nostra mente ce è parso provedere et ordinare che D. Camilla morano figlia del q.m Barone di Gagliati di questa città di Catanzaro non sia amossa dal Mon.io di S.ta Chiara di detta città, dove al presente se ritrova per ordine di quessa R.a Audientia… 18 julii 1601». – 2.o Ibid. vol. 49. (an. 1599-1601) fol. 114 t.o si legge: «All'Auditor don Sancio di miranda. Per lettera delli 15 del passato mese de luglio havemo visto quanto per voi è stato provisto nel particolare del matrimonio di donna Camilla Morana figlia del barone di Gagliano havendola posta nel monasterio di S.ta Chiara di quessa città che il tutto sta molto ben fatto. et circa quello che ci dite che donna Anna sancez matre di detta donna Camilla tiene per sospetto il detto monasterio et per darli satisfatione l'haveti offerto un altro, gia che le parte senne contentano, vi dicimo che debbiate dar sodisfatione à detta donna anna circa il mutare detta donna Camilla sua figlia in altro monasterio come vi parerà meglio, non obstante l'ordine nostro che non si dovesse mutare da detto monasterio senza altro ordine che tale è mia voluntà et intentione. Datum neap. die 4 augusti 1601». – Il primo figlio di Gio. Geronimo Morano, Gio. Antonio, invece di D.a Camilla sua cugina sposò D.a Cornelia Ricca de' Signori dell'Isola (ved. Duca della Guardia. Discorsi delle famiglie nobili etc. Nap. 1641 pag. 264).
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Il feudo di Burgorusso, già difesa per le razze de' cavalli di Corte sotto gli Aragonesi, concesso poi al Conte di S.a Severina, era passato fin dal cadere del 1400 a Geronimo de Connestavulo subfeudatario del d.to Conte, e Francesca de Connestavulo lo recò in dote a Gio. Francesco Morano fin dal principio del 1500; era quindi già da un secolo posseduto da' Morano, onde poi con D.a Camilla Morano passò al Sances sud.to che divenne anche Marchese di Gagliato (ved. Reg.i delle Significatorie de' Relevii vol. 4.o fol. 112 t.o, e confr. Id. vol. 32.o fol. 154 t.o, inoltre Quinternioni n.o 175, fol. 191). Non c'è notizia che qualche porzione del feudo di Burgorusso fosse stata concessa in subfeudo a' De Rinaldis, e si sa che le notizie de' subfeudi si possono trovare solo accidentalmente nell'Archivio di Stato. Eppure, secondo il cenno datone dal Campanella, non avrebbe nemmeno dovuto trattarsi di quella specie detta subfeudum planum o de tabula, giacchè in altrettali suffeudi, tanto della varietà militare quanto della varietà rustica, per le costituzioni di Federico II succedevano anche le donne; avrebbe dovuto invece trattarsi di quella specie detta subfeudum quaternatum secundum quid, che veniva concessa col consenso anche del Re, giacchè in tal caso veramente, per estinzione di linea maschile od anche per solo crimine, succedeva il Barone sotto cui il feudo era tenuto. Ma rimane sempre che Burgorusso apparteneva a D.a Camilla, e che agli zii Gio. Geronimo, Scipione e Pietro, secondogeniti di Gio. Battista, spettava solamente la vita-milizia in D.ti 72, come risulta dal sud.to vol. 32.o delle Significatorie, fol. 154 t.o. Piuttosto Gio. Geronimo avrebbe potuto pretendere ed ottenere in mercede qualche feudo appartenente a' De Rinaldis dopo la confisca fattane, ma è singolare che non si abbiano notizie di feudi de De' Rinaldis per tutto il 1500, nè se ne abbiano di Gio. Geronimo Morano e figli per l'anno 1600 e seguenti. Per la fine del 1400 abbiamo trovato notizia del feudo di S. Marco in Calabria citra (detto anche S. Maoro nell'anno 1488) «concesso per la M.ta del S.or Re a Mosca de Raynaldo regio cavallarizo» e i feudi di Prato e di Cocchiato «concessi ad Michelangelo de Ranaldo»; ma in sèguito questi feudi si trovano tutti restituiti al Principe di Bisignano, e i due ultimi venduti da lui ad altri. In Stilo e Guardavalle poi verso i primi anni del 1600, oltre Burgorusso, si trova il feudo di Ragusa appartenente a' Tomacelli, da Lucrezia 2.a figlia di Geronimo e d'Ippolita Ruffo portato in dote a D. Filippo Colonna, che per morte del fratello Marcantonio divenne Duca di Paliano e Tagliacozzo e Gran Contestabile del Regno (amico del Campanella più tardi, e forse con l'occasione del feudo). Si trova inoltre il feudo di Arcamone, disputato tra Salvatore Reycitano e Cesario Salerno; e si trova infine il feudo Colicestra ed Agapito, acquistato da Berto Presterà. Il nome di Gio. Geronimo Morano non vi s'incontra affatto. Ciò darebbe ragione di creder vera la destinazione de' beni di Maurizio nel modo che vedremo affermato dal Residente Veneto.
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Ved. Doc. 78, pag. 59.
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Ved. Doc. 79, pag. 59. Questa copia di biglietto Vicereale senza data e senza indirizzo, ma inserta fra le lettere del periodo di cui trattiamo nel Carteggio del Nunzio, ci pare appunto che rappresenti la risposta del Vicerè alla lettera anzidetta.
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Così scrisse poi il Nunzio a Roma con la sua lettera del 21 gennaio 1600; ved. Doc. 83, pag. 60.
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Ved. Doc. 239, pag. 125. Chi conosce Napoli sa che la Chiesa di Monserrato trovasi all'ingresso dell'attuale Strada di Porto e di rimpetto alla torre del Castellano.
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Ved. Doc. 307, pag. 256.
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Ved. Doc. 84, pag. 61.
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Per ciò che è scritto nella Difesa, ved. Doc. 401, pag. 484. Per ciò che è scritto nelle Lettere, ved. Archivio Storico Italiano an. 1866, pag.