Un bel sogno. Cagna Achille Giovanni

Un bel sogno - Cagna Achille Giovanni


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nni Cagna

      Un bel sogno

      «O speranze, speranze; ameni inganni

      «Della mia prima età! Sempre parlando

      «Ritorno a voi; che per andar di tempo

      «Per varïar dʼaffetti e di pensieri,

      «Obliarvi non so!…

Leopardi

      Alla Signora F…

      È un romanzo, unʼinvenzione?.. Domanderanno taluni – Ma voi, o signora, a cui intitolo questo lavoro, voi sola potreste dire: È verità.

      Io lo so, voi non la direte mai questa parola, e forse per la prima inarcherete le ciglia affettando di credere al romanzo – Non importa; per quanto facciate, la vostra coscienza non la penserà così; nelle recondite fibre del vostro cuore, ve ne saranno di quelle che gemeranno per dolore… e diciamolo pure, per rimorso.

      Riandando colla mente sui fatti che espongo, ricordandovi di quei personaggi che assai meglio di me conosceste, voi sola potete farvi una chiara idea del mio intendimento nello accingermi allʼimpresa di narrare la storia di uno sventurato artista.

      Voi sola potete sapere perchè io ve ne abbia fatto in secreto la dedica – Vi sono delle lezioni che si ripetono per tutta la vita, e questa che a voi tocca è una di esse. La pubblicazione di questo lavoro è una protesta contro la spensieratezza e lʼincostanza.

      Non accuso alcuno, espongo semplicemente i fatti dai quali il lettore può a tuttʼagio trarne sentenza. Aggradite o signora la dedica che a voi faccio delle preziose reliquie di unʼanima grandemente generosa ed infelice; soddisfo così ad un debito sacrosanto che mʼimpone la coscienza – Io ho fatto il mio dovere, ed il mio cuore è libero… auguro altrettanto a voi.

      Avete una figlia – Che lʼesempio di Laura vi tenga lontana dallʼeducarla alle frivolezze del mondo, ed allorchè sarà grandicella, e la ragione si farà strada nella sua intelligenza, mettetele fra le mani questo libro facendo segni su certe pagine che non sarà necessario indicarvi – Può darsi che quella bambina compiangendo alla sorte di Ermanno, impari a non rendersi causa di altrettali sventure.

      Allontanate da vostra figlia tutto ciò che può essere vanità o capriccio, insegnatele a non assumersi la responsabilità di promesse inconsiderate che traggono spesso a fatali conseguenze – Lʼincostanza di Laura le sia di esempio, la sventura di Ermanno la conforti a fare se è dʼuopo sacrifizio delle tendenze arrischiate del suo cuore – Insegnatele o Signora, ad amare, non a fantasticare; ponete freno alle inquietudini della sua giovane fantasia, affinchè non tocchi a lei pure il rammarico di aver fatto unʼinfelice.

      Colle attuali esigenze sociali, non è possibile conciliare certe tendenze del cuore cogli interessi di famiglia. Il mondo posa troppo ancora sui pregiudizi di casta, e la convenienza regna tuttavia sui destini umani perchè si possa toccare ad una libertà dʼamore – Lʼuguaglianza dei cuori e ancor troppo plasmata sulle uguaglianze sociali perchè le aspirazioni generose possano conseguire la loro meta.

      Un giorno, forse non lontano, si verrà alla soluzione di questo problema che ha già una radice presso tutti i popoli inciviliti – Quel giorno segnerà lʼapogeo dello sviluppo umano, perchè allora soltanto avrà principio la gerarchia del cuore e dellʼintelligenza. – Credete Signora alla sincerità deʼ miei consigli sui quali non vi diedi mai motivo a dubbio – Checchè io faccia non sarà mai che possa pervi in non cale; sono trascinato mio malgrado ad interessarmi di tutto ciò che vi riguarda, e se ora mʼincombe di arrecarvi qualche dolore, e tastarvi qualche piaga, siate certa che non lo faccio senza rammarico.

      La più benefica legge di natura è lʼoblio dei mali del passato, e la speranza nellʼavvenire: sperale. Voi più che ogni altra abbisognate di conforti nelle gioie domestiche, ed io ve ne faccio augurio di vero cuore.

      La storia di Ermanno può contenere qualche ammaestramento; essa non appartiene più a noi – Associandovi a questʼopera intendo di farvi parte di quel poʼ di bene che taluno potrà trarre dalla lettura di queste pagine – non è unʼespiazione, ma dovere dʼumanità. – Compatitemi, e credetemi di voi affezionatissimo

A. G. Cagna.

      Vercelli, Ottobre 1870.

      I

      Non sono ancor trascorsi molti anni che in Brescia nelle tarde ore della notte, in una via poco frequentata, udivasi di sovente il suono di un pianoforte eccitato da una mano maestra.

      Erano melodie spontanee soavemente malinconiche, vibrazioni patetiche che scorrendo sullʼaria quali folate armoniche, andavano perdendosi lamentosamente a guisa di zeffiro che destandosi vigoroso ed ardito si smarrisce tra i fogliami delle siepi, e muore alitando un flebile sospiro.

      Non era difficile lʼaccorgersi che quelle soavi modulazioni erano prodotte da unʼabile mano che rispondeva interprete ad un gentilissimo sentire – Per concepire ed esprimere quel misterioso linguaggio che si chiama musica, bisogna avere il cuore suscettibile alle soavi emozioni, ed i concenti sublimi di quel pianoforte erano lʼemanazione palpitante di una fantasia delicata, erano la voce, lʼespressione di un sentimento puro, ineffabile, celeste.

      Per quanto possa essere lʼarte inerente allʼuomo, nullameno lʼartista vive si può dire di una doppia esistenza; lʼarte è unʼegoista, unʼinnamorata gelosa che si costituisce nella mente degli uomini un governo speciale, assoluto, determinato a certi momenti in cui tutte le altre facoltà dellʼintelletto devono inevitabilmente sottomettersele – Lʼartista, il vero artista della fantasia, cessa dʼesser uomo nel momento che crea, la sua mente sprigionandosi dalla cerchia troppo angusta in cui è costretta, erra libera negli spazi dellʼinfinito in cerca di emozioni da trasfondere ed imprimere nelle opere dʼarte.

      Egli è appunto in uno di questi momenti che noi sorprenderemo il giovane pianista Ermanno Alvise, giacchè era desso il gentile disturbatore del silenzio notturno, era desso che colle soavi melodie arrestava il passeggiero per quella via costringendolo ad assaporare sino allʼestremo quei melodiosi sospiri.

      Un salotto arredato con molto gusto, e di cui principale ornamento era un pianoforte verticale di elegante costruzione, un tavolino ripieno di scartafacci di musica, alcune sedie ed una poltrona che dallʼampia sua forma prometteva un comodo adagiarsi; ecco lo studio del nostro Ermanno il quale stava seduto al pianoforte colle mani erranti sulla tastiera nellʼabbandono di chi tenta modulare i concetti che gli attraversano la fantasia.

      Ermanno avea 25 anni, la sua statura era un medio, nè troppo alta nè troppo bassa; ciò che più colpiva in lui erano due grandʼocchi bruni che spiccavano sopra il volto palliduccio e gramo; la sua figura non aveva nulla di straordinario, allʼinfuori di una leggiera mestizia che spiravagli dallo sguardo. —

      Allorchè egli era rapito dalla corrente delle sue idee, le labbra si socchiudevano lasciando sfuggire un lieve sorriso di soddisfazione.

      Dotato di un grandissimo amore per la musica, egli aveva di gran lunga superate le belle speranze concepite sul suo ingegno; al culto dellʼarte ei dedicò i suoi primi anni, e giovanissimo ancora era salito in bella fama. Nessuno meglio di lui traeva accordi più soavi dal pianoforte, la musica da lui eseguita aveva lʼimpronta di un linguaggio misterioso, ed il fascino che sapeva esercitare sullʼanimo degli uditori era sì grande, che bene spesso era giuocoforza abbandonarsi colla mente a tutte le oscillazioni di quelle corde, che sotto le dita del giovane pianista fremevano dʼun nuovo accento, ed accarezzavano lʼudito siccome le patetiche modulazioni dellʼarpa – Ma ciò che più di tutto distingueva Ermanno, era la sua abilità nellʼimprovvisare sul pianoforte. Allora la fantasia svincolandosi dalle strettoie di un concetto limitato in poche linee di stampa prendeva il largo negli spazi infiniti della sua feconda immaginativa; in questi slanci della mente appariva vergine ed intatto il genio dellʼartista, che secondando lʼimpulso dʼun cuore ardentissimo, ora strappava lacrime con un adagio flebile, delicato, quasi impercettibile che ricercava le fibre dellʼascoltatore, e carezzandole soavemente inspirava allʼanimo sensi di dolcissima mestizia – Ora come torrente che straripa, le note incalzavano le note, e tanto rapidamente, che pareva dʼassistere allo spettacolo dʼun temporale dʼinferno, allo urtarsi impetuoso di schiere dʼarmati spronati ad orribile massacro.

      Era bello Ermanno in quei momenti di abbandono, il suo sguardo stava sempre rivolto alle


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