Un bel sogno. Cagna Achille Giovanni

Un bel sogno - Cagna Achille Giovanni


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una bontà e compitezza veramente rara. – Il padre di Alfredo era stato avvocato di molta fama in gioventù, ed ora allʼombra della pace domestica si godeva i frutti del suo lavoro. Sua moglie era morta da parecchi anni lasciandolo con due figli, Alfredo e madamigella Letizia. Questʼultima disimpegnava le funzioni di padrona di casa, e tutto veniva regolato secondo il di lei gusto.

      Alfredo aveva una passione pronunciata per la musica, ed era legato ad Ermanno per vincolo di vera amicizia; il suo affetto e la sua ammirazione pel giovane artista andavano fino allʼesagerazione, e non poteva parlare dellʼamico senza dare in elogi infiniti.

      Ermanno era si può dire di famiglia in casa Ramati, aveva libero accesso in qualunque ora del giorno, e talvolta per compiacere madamigella Letizia, si fermava sino a tarda sera.

      Da qualche tempo però egli aveva sospese le sue visite unicamente per le soverchie occupazioni.

      Alfredo per puro diporto era partito alla volta di Milano, ove si fermò qualche giorno presso suo zio, fratello dellʼavvocato Ramati, lo zio Pietro, come lo si chiamava. Dopo viva istanze ottenne da lui di condurre la zia e la cugina Laura in Brescia per passarvi un poʼ di tempo. – Come al solito Alfredo in causa del suo debole parlò sovente alla cuginetta dellʼabilità e del talento di Ermanno, e tanto si esaltò nel magnificarlo, che nacque nella ragazza un desiderio ardentissimo di udire questo portento.

      Ecco come stavano le cose, e perchè Alfredo si recò da Ermanno appena arrivato.

      Ermanno dal canto suo aveva accettato volentieri giacchè riguardo a madamigella Laura, non eravi a prendersi soggezione. Partito Alfredo da casa sua, egli si rimise al pianoforte, e studiò lungamente. Nella giornata ripassò il suo notturno, ed alla sera verso le sei uscì a passeggiare colla madre. – Ecco qual era lʼimpegno di Ermanno, il dovere di amico non gli faceva scordare quello di figlio. – Alle otto Ermanno era sulla via che guidava al palazzo Ramati.

      II

      Aveva appena scossa la corda del campanello, che risuonarono dallʼinterno della casa esclamazioni di gioja. Venne tosto aperto, ed apparve sulla soglia madamigella Letizia seguita da una bella ragazza che appena vide Ermanno si mise a gridare:

      – Eccolo, eccolo, è desso!

      Il giovane fu introdotto nella sala della signorina Letizia, che nellʼaddurlo per mano gli disse:

      – Questa volta non ci scappa più.

      Non furono neccessarie tante cerimonie di presentazione, giacchè la madre di Laura già conosceva Ermanno; in quanto a madamigella Laura nel suo eccesso di espansione aveva già tolto il cappello e la canna di mano al giovane con tale confidenza come se da molto tempo lo conoscesse.

      – Tu ne sarai sorpreso, disse Alfredo, ma mia cugina ti conosce già intimamente; ella sa tutta la tua storia; epperciò non è il caso di stare in complimenti.

      – Oh! si davvero, sclamò Laura vivamente, il signore era già una mia conoscenza prima ancora che lo vedessi; domandi alla mamma quante volte abbiamo parlato di lei. Alfredo mi fece siffattamente lʼelogio del suo talento per la musica, che non avrei avuto più pace se non mi veniva dato di udirlo.

      – Il caro Alfredo ha troppo zelo a mio riguardo, rispose Ermanno sorridendo, e sarò a lui debitore se la mia poca abilità non corrisponderà affatto alle troppo grandi aspettative di madamigella.

      – Via signorino, ella vuole rimpicciolirsi per apparire poi più grande, interruppe Letizia. Intanto Laura aveva già preso Ermanno per il braccio, e tirandolo dolcemente lo fece sedere al pianoforte dicendo:

      – Animo, favorisca di suonare quel notturno– al chiaro di luna – ne conosco già una parte.

      – Davvero? chiese Ermanno.

      – Ma sì, il cugino Alfredo aveva la compiacenza di cantarlo.

      Ermanno era confuso, giammai egli aveva incontrato un carattere così vivace, ed ingenuo. Sedendo al piano, alzò gli occhi sulla giovinetta che si era posta a lui di fianco, e stette a contemplarla, anzi ad ammirarla.

      Alfredo non aveva punto esagerato; Laura era di una bellezza sorprendente. Nulla di più soave del suo occhio ceruleo improntato di una vivacità straordinaria; in quello sguardo brillava un misto dʼingenuità e civetteria che formava uno strano contrasto. Una bella fronte di neve contornata da ricchissima capigliatura, bionda come quella di un cherubino.

      Il complesso della persona gareggiava in vezzi colla soavità del volto, e lʼinsieme di quella figurina era di una eleganza statuaria.

      Ermanno rimase colpito; giammai egli aveva vista fanciulla più bella, giammai nelle ricerche della sua fantasia dʼartista, erasi immaginata una realtà così seducente. Abbassò lo sguardo dal volto di lei, e sfiorando colle mani la tastiera del pianoforte, improvvisò uno Scherzo, una specie di Capriccio delicato come le idee che gli si erano destate nellʼanima contemplando quella gentil creatura.

      Laura stette ad ascoltare senza batter palpebra, e quando egli ebbe terminato, ella corse ad abbracciare la cugina Letizia mormorando: Oh come suona bene!

      – Improvvisato, improvvisato! non è vero? chiese Alfredo premuroso.

      Ermanno rispose affermando col capo.

      Laura e Letizia si erano frattanto avvicinate al piano.

      Noi non sapremmo dire come e perchè, ma è certo che il volto di Laura si era acceso dʼun colore insolito, e se un mano indiscreta si fosse posata sul di lei cuore, ne avrebbe sentito i moti più agitati.

      È possibile che ella abbia potuto penetrare nel sentimento di quel Capriccio suonato da Ermanno?..

      … Forse sì; havvi una corda nel nostro cuore che se viene scossa rivela confusamente il perchè del suo eccitamento; dʼaltronde lo sguardo di Ermanno esprimeva qualche cosa in quellʼistante; era unʼespressione quasi impercettibile che però fece palpitare la giovinetta, la quale per istinto ne aveva forse compreso il significato prima ancora che Ermanno potesse spiegarselo – quel pensiero melodico non poteva essere inspirato che dallʼesame fatto sul volto della fanciulla, e lʼemanazione di quel concetto fu tanto rapida ed improvvisa che la stessa mente che lo aveva concepito, non potè prima tradurne il senso allʼintelligenza.

      Ermanno aveva creata una melodia senza accorgersene sotto lʼimpressione della bellezza. Laura aveva indovinato col cuore.

      Quel Capriccio voluttuoso, carezzevole, quei tocchi graziosi delle note spiranti la mollezza, suonarono come soave linguaggio nel cuore della fanciulla, che senza comprenderne il vero significato, pure dallʼaccento, dalle vibrazioni, aveva scoperto in quel concetto un saluto dʼammirazione.

      Ermanno dal canto suo aveva rimarcato il leggiero rossore di quelle guancie; incontrando una seconda volta lo sguardo di Laura, vi trovò lʼespressione di un turbamento interno.

      – Al notturno, interruppe Letizia.

      – Sì, sì al notturno, ripetè Laura, saltellando per la sala, onde nascondere lʼemozione cagionatale dallo sguardo di Ermanno.

      Tutti si raccolsero attorno al pianista; Laura si collocò dietro a lui e guardava sul piano passandogli lo sguardo giù per le spalle, – Letizia a destra Alfredo a sinistra.

      Fin dalle prime note dʼintroduzione, quegli entusiasti dʼuditori cominciarono a trattenere quasi il respiro, ed era bello il vederli immedesimati nel carattere della musica di cui ne seguivano tutte le gradazioni. Dopo lʼintroduzione seguiva unʼadagio sulle corde basse, e la mollezza di quel canto era tanto dolce, tanto insinuante, che negli occhi di Laura vi brillò una lagrima di tenerezza. La povera giovinetta non era più sulla terra, pareva che cercasse in quelle note unʼespressione, unʼaccento che le facesse più chiaro ciò che le passava per la mente, giacchè in quei suoni ella vi trovava un significato, e sembravale di sentirsi parlare in cuore da una voce affettuosa e cara già conosciuta, già udita altra volta.

      Mentre Ermanno suonava, sentivasi lʼalito di lei sfiorargli la guancia, ed eragli tanto soave quella carezza, che per prolungarne la durata fece ritornello sullʼultima parte del notturno, aggiungendovi una lunga cadenza così ben trovata, così morbida, che


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