Istoria civile del Regno di Napoli, v. 7. Giannone Pietro

Istoria civile del Regno di Napoli, v. 7 - Giannone Pietro


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egli gran fautore delle scienze, proccurò, che nell'Università di Napoli fossero uomini illustri, che da tutte le parti invitava a leggere in quella Università. V'invitò nel 1465 con buoni stipendi Costantino Lascari, che da Milano, ove in quella Università avea letto sei anni, lo fece venire in Napoli a leggere lingua greca63. Leggiamo ancora, che nel 1474 v'invitò Angelo Catone di Supino celebre Filosofo o suo Medico, facendolo leggere Filosofia ne' pubblici Studj di questa città. Quel famoso Antonio d'Alessandro, che da questo Principe fu adoperato negli affari più rilevanti di Stato, e che per la gran perizia della giurisprudenza acquistò il soprannome di Monarca delle leggi, pure nel 1483 volle che la leggesse in questa Università. Antonio dell'Amatrice celebre Canonista di questi tempi fu da Ferdinando nel 1478 posto in questi Studj per Cattedratico, ove insegnò con grand'applauso e concorso la legge Canonica. E nel 1488 v'invitò per Lettori Bartolommeo di Sorrento, Girolamo Galeota, Giuliano di Majo, Francesco Puzzo, Antonio Feo ed altri famosi Professori, li quali illustrarono quest'Università e la resero non inferiore alle altre Università d'Italia64.

      Per le tante utili arti quivi introdotte e per la grandezza de' Tribunali, per la celebrità di quest'Accademia e per tanti altri pregi onde ornò questo Principe Napoli, concorrendovi da tutte le città e Terre del Regno, e da più remote parti gran numero di persone: avvenne, che il numero degli abitatori crescesse a tal segno, che fu d'uopo a Ferdinando ingrandir la città, ed allargare il giro delle sue mura. Avea Carlo I d'Angiò, dopo le antiche ampliazioni, di cui ben a lungo favella il Tutini65, dato principio ad allargare le sue mura, riducendo il mercato (quel miserabil teatro ove rappresentossi l'orribil tragedia dell'infelice Corradino) dentro la città, edificando le mura con torri avanti la chiesa del Carmelo, tirandole per dritto incontro al mare insino all'antico porto della città che si chiama piazza dell'Olmo, e racchiuse dentro di esse le strade, che oggi si appellano della Conciaria, la Ruga de' Franzesi, la Piazza, detta Loggia de' Genovesi, la Piazza delle Calcare e la Ruga de' Catalani. Carlo II suo figliuolo nel 1300 l'ampliò dalla parte di Forcella, e la Regina Giovanna II nel 1425 erse le nuove mura dalla dogana del sale, insino alla strada delle Corregge. Ma Ferdinando dilatò il suo circuito in più ampj e magnifici spazj, e con augusta celebrità si diede ad ingrandirla, buttando la prima pietra con gran solennità e pompa a' 15 giugno dell'anno 1484 dietro il Monastero del Carmelo, ove edificò una Torre, che oggi giorno è in piedi, ed è nomata la torre Spinella, per essere stato Francesco Spinello Cavalier napoletano dal Re destinato Commessario a questa nuova fabbrica delle mura di Napoli. Venne perciò racchiuso dentro la città per queste nuove mura il monastero del Carmelo, e si tolsero via i ponti di tavole, ch'erano avanti a ciascheduna porta della città, poichè attorno all'amiche mura v'erano i fossi; ed a lato della chiesa suddetta si fece quella porta, che ancor oggi si vede adornata di pietra travertina. Camminano queste mura da questo luogo, e rinserrano la strada del Lavinaro, l'altra della Duchesca (così appellata, perchè ivi anticamente era il giardino d'Alfonso Duca di Calabria e della Duchessa sua moglie) e la piazza chiamata Orto del Conte; e si trasferì la porta di Forcella dall'antico luogo a quello dove è al presente, donde vassi a Nola, onde Nolana appellossi. Così ancora fu trasportata la porta Capuana, ch'era vicina al castello di Capuana, a fianchi della Chiesa di S. Caterina a Formello, ove ordinò Ferdinando, che magnificamente si costruisse, e fece scolpire in marmo la sua coronazione per collocarla sopra la medesima; benchè poi, non sapendosene la cagione, non vi fu posta, se non che da poi proseguendo l'Imperador Carlo V di cinger Napoli di nuove mura, abbellì ed adornò questa porta di finissimi marmi e maravigliose sculture con quella magnificenza, che ora si vede. Furono da Ferdinando continuate queste mura, insino al monastero di S. Giovanni a Carbonara, per le quali così questo, come quello di Formello vennero a rinserrarsi dentro la città. Ma rimase interrotto ogni lavoro per le turbolenze, che seguirono, e per le nuove guerre, ch'ebbe a sostenere nella nuova congiura orditagli da' Baroni, cotanto ben descritta da Camillo Porzio. La fabbrica è ben intesa: ella è tutta di piperno, e da passo in passo vi sono molti Torrioni della stessa pietra, il cui Architetto fu Messer Giuliano Majano da Fiorenza66. Sopra ciascuna porta vi fu scolpita in marmo l'effigie del Re sopra un destriere con l'iscrizione: Ferdinandus Rex nobilissimæ Patriæ. Carlo V poi finì il disegno, poichè nel 1537, quando egli venne a Napoli, rinovò ed abbellì la porta Capuana con quella magnificenza, che ora si vede, e togliendo l'effigie di Ferdinando vi pose le sue imperiali insegne; e tirando le mura dalla parte di dietro del Monastero di S. Giovanni a Carbonara le continuò sino alla porta di S. Gennaro, e poi le stese insino alle falde del Monte di S. Martino, nella maniera, ch'ora si vedono; ma le fabbricò non già di piperno, ma di pietra dolce del monte del paese con nuovo modo di fortificazioni, non con torri, ma con Baloardi: e questa fu l'ultima ampliazione per ciò che riguarda il giro delle mura, poichè da poi si fabbricò tanto intorno ad esse, che i suoi borghi nello spazio di 150 anni sono divenuti ora tante ampissime e vastissime città.

      Non pure il Re Ferdinando ne' suoi anni di pace inalzò cotanto Napoli capo di un sì floridissimo Regno; ma ebbe ancora particolar pensiero delle sue ampie province, che lo compongono. Non volle, che d'un Regno se ne formasse una città sola, con ispogliar le altre delle loro prerogative; ma le città principali delle province le fece Sedi de' Vicerè. Quando prima i Presidi, che si mandavano a governarle, eran chiamati Giustizieri, ne' suoi tempi cominciarono a chiamarsi Vicerè. Quindi ne' tempi di questi Re Aragonesi leggiamo i Vicerè d'Apruzzo e di Calabria. Quindi leggiamo concedute alle città ove risedevano grandi prerogative, come all'Aquila, Bari, Cosenza ed a molte altre.

      Ma sopra ogni altra provincia innalzò quella d'Otranto, e particolarmente la città di Lecce, dove ristabilì con ampissimi privilegi e prerogative quel Tribunale. Quando questo Contado, dì cui Lecce era capo, fu sotto i Principi di Taranto dell'illustre famiglia del Balzo e poi Orsino, questi Principi tenevano il lor Tribunale, ch'era chiamato il Concistoro del Principe; quindi ancor oggi vediamo alcune sentenze profferite in Lecce in Consistorio Principis, dove s'agitavano le cause di quel Contado, ed avea il suo Fisco; onde si diceva il Fisco del Principe, a differenza del Fisco del Re. Questo Concistoro era composto di quattro Giudici Dottori, d'un Avvocato e d'un Proccuratore fiscale, d'un Maestro di Camera, o sia Camerario, d'uno Scrivano e d'un Mastrodatto. Fu istituito nel 1402 da Ramondello Orsino e da Maria d'Engenio genitori del Principe Giovanni Antonio67: ed avea la cognizione delle cause così civili, come criminali, sopra tutto il Contado e sopra tutte quelle città e Terre, che i Principi di Taranto aveano occupate alla Regina Giovanna I.

      Quando per la morte dell'ultimo Principe, accaduta in Altamura, il Principato di Taranto venne in mano del Re Ferdinando, ancorchè il Duca Giovanni d'Angiò tentasse i Leccesi perchè si mantenessero sotto le sue bandiere, nulladimanco furon costanti sotto la fede del Re, al quale si diedero, subito che intesero esser morto in Altamura il Principe68. Ed oltre ciò, venuto il Re in Lecce nel 1462 dopo la morte del Principe, gli presentarono tutto il tesoro del Principe, che teneva serbato nel castello di quella città, ricchissimo di vasi d'oro e d'argento e di preziosissime suppellettili: ciò che oltremodo fu accettissimo a Ferdinando, il quale, per le spese della guerra, che sosteneva col Duca Giovanni, era rimaso molto esausto di denaro. Concedè per tanta fede e per un sì opportuno soccorso a Leccesi privilegi ampissimi: confermò loro tutte le concessioni e contratti di terre demaniali e burgensatiche, che aveano avuti col Principe. Confermò il Concistoro co' Giudici, che lo componevano, e gli stipendj che tenevano situati sopra le entrate d'alcuni Casali della città: concedè loro privilegio, che quel Tribunale dovesse sempre risedere in Lecce: lo ingrandì d'altre più eminenti prerogative, costituendolo Tribunal d'appellazione sopra tutte le altre città e Terre della provincia così dei Baroni, come demaniali: che potesse conoscere delle cause feudali, anche de' feudi quaternati: potesse dare i balj ed i tutori a pupilli feudatarj: potesse ravvivare l'istanze perente, che noi diciamo insufflazion di spirito: che le sentenze potessero proferirsi in nome del Re, e potesse farle eseguire, non ostante l'appellazione interposta. Vi costituì per Capo D. Federico suo figliuolo secondogenito, il qual vi dimorò fin che per la morte di Ferdinando II, suo nipote non fosse stato chiamato alla successione del Regno. Volle perciò, che non meno del S. C. di Santa Chiara, fosse nomato ancor egli


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<p>63</p>

Toppi t 3. Orig. Trib. p. 307

<p>64</p>

Toppi Biblioth.

<p>65</p>

Tutini Orig. de' Seg. cap. 2.

<p>66</p>

Tutin. l. c.

<p>67</p>

Summ. tom. 3 pag. 454.

<p>68</p>

Anton. Galat, de Situ Japigiae.