Istoria civile del Regno di Napoli, v. 8. Giannone Pietro

Istoria civile del Regno di Napoli, v. 8 - Giannone Pietro


Скачать книгу
o dove quello avesse interesse, si trattassero in Camera, e che gli altri Tribunali dovessero prestargli, occorrendo, ogni ajuto. Che al Fisco non fosse limitato il tempo di ricomprare. Che non si cavasse oro, nè argento dal Regno. Che la moneta fosse di giusto peso, e che si rifacesse la logora, acciò non venisse meno, e vietò, che s'estraesse dal Regno; ed oltre molti altri regolamenti; che si leggono impressi nelle nostre Prammatiche ed altrove, invigilò, che i ministri, che doveano regger questo Tribunale, fossero i più dotti, i più integri, i più probi, ed indefessi de' suoi tempi. Per ciò leggiamo nel suo governo essere stati preposti a questo Tribunale per Luogotenente un Bartolommeo Camerario, e per Fiscale un Antonio Baratucci, Giureconsulti, siccome diremo al suo luogo, i più insigni di que' tempi, ed i più dotti e diligenti. E fu cotanto il zelo ch'ebbe questo Vicerè, e la vigilanza che teneva sopra questo Tribunale, e sopra i Ministri di quello, che una delle cagioni, per le quali il Toledo si mostrò poi poco amorevole del Camerario, fu che costui, mentre era Luogotenente, andando spesso a villeggiare a Somma, avendogli il Vicerè ammonito, che non conveniva ad un Ministro, a cui stava appoggiata carica sì laboriosa, allontanarsi dal suo Tribunale, egli avendogli replicato, che maggior inconveniente era ad un Vicerè lasciar Napoli, e sollazzarsi a Pozzuoli, come spesso faceva il Toledo, se l'alienò in maniera per questa indiscreta risposta che lo fece cader anche dalla grazia di Cesare; donde, come diremo, nacque il principio della sua ruina. Ed in fine diede l'ultima mano al maggior decoro di questo Tribunale, quando nell'anno 1537, levatolo dalla Casa del Marchese del Vasto, dove si reggeva, come a Gran Camerario, lo collocò con tutti gli altri nel Castel Capuano.

      §. III. Riforma del S. C. di Santa Chiara

      Non meno alle cause criminali e del Fisco, che a quelle civili de' privati badò questo Ministro, che si amministrasse esatta e spedita giustizia, e con maggior decoro, non meno de' Ministri, che del Tribunale. Reggevasi a' suoi dì questo Tribunale nel Chiostro di S. Chiara, e ristretto in una sola stanza, non faceva che una Ruota: per ciò sovente leggiamo nelle decisioni di Matteo degli Afflitti, che talora essendosi votata qualche causa con uniformi voti, soleasi dire, che quella fossesi decisa per totum S. C. non già che per esser tutto, si dovessero unire, come si fa ora, tutti gli Consiglieri dell'altre Ruote, ma perchè tutti risedevano in una Ruota. Questo Ministro per la più facile e pronta spedizione delle cause, ordinò, che dovessero dividersi, e formare due Ruote, ciascuna delle quali nel medesimo tempo trattasse le sue cause, e che il Presidente soprastasse ora ad una, ora ad altra, secondo la gravità dell'affare che si trattasse.

      Rilusse in tempo del suo governo questo Tribunale per lo famoso Cicco Loffredo, che vi presideva, e per tanti insigni Consiglieri, che lo componevano, fra' quali tennero il vanto Giovanni Marziale, Antonio Capece, Antonio Barattuccio, Giovan-Tommaso Minadoi, Scipione Capece, Marino Freccia, ed alquanti altri, de' quali il Toppi tessè lungo Catalogo2. In fine gli diede maggior splendore, quando toltolo dai brevi chiostri di S. Chiara, l'unì con gli altri in luogo più decoroso ed illustre, come nel Castel Capuano.

      §. IV. Unione di tutti i Tribunali nel Castel Capuano

      Ancorchè molte delle riferite Prammatiche e regolamenti, siccome eziandio questa unione de' Tribunali, non si facessero dal Vicerè Toledo ne' principj del suo governo, ma nel corso di quello, e quest'unione non prima dell'anno 1537, dopo aver ingrandita e abbellita la Città, e dopo tante altre sue famose gesta, che si diranno in appresso; nulladimeno per non tornar di nuovo a parlare di quanto questo Ministro adoperò per riforma de' Tribunali e della giustizia, abbiam riputato in questo luogo collocarle tutte insieme, perchè in uno sguardo si vegga, quanto in questa parte egli valesse, ed avesse superati gli altri Vicerè suoi predecessori.

      Tornato che fu egli da Puglia, ove diede vari provvedimenti per riparare le spesse incursioni de' Turchi in quelle marine, come diremo, cominciò ad edificare un Palazzo, dedicandolo alla Giustizia, nel luogo ov'era il Castel Capuano, ridotto allora a Casa privata di delizie, non come era prima per abitazione Reale. Riordinò le logge in forma di ben grandi sale, e fecevi molte ampie e numerose camere sufficienti a' Tribunali, che vi dovea unire.

      In questo Palazzo vi chiuse tutti i Tribunali di giustizia: quel del S. C. della Regia Camera della Summaria, della G. C. della Vicaria, della Bagliva, e della Zecca. Vi s'affaticò molto per ridurre a fine questa grande impresa, alla quale fu anche stimolato, come molti credettero, dalla poco buona corrispondenza, che il Toledo avea allora col Marchese del Vasto; poichè con tal occasione veniva a levarsi dalla sua Casa il Tribunal della Camera Summaria, dove, come Gran Camerario, era sempre dimorato.

      Fecevi nelle lamie di sotto del palazzo costruire anche le carceri, e fece ivi portare a cento e ducento tutti i prigioni, ch'erano nella Vicaria vecchia, e tutti quegli, che stavano in diverse carceri racchiusi.

      Ordinò, che in questo Palazzo alloggiassero il Presidente del S. C., il Luogotenente della Summaria, ed il Reggente della Vicaria, con un Giudice criminale.

      Non si può esprimere quanta comodità portasse quest'unione a' negozianti, che quando prima doveano andar a tante parti della Città, ove stavano dispersi, ora ridutti tutti in quel Castello, con facilità spedivano i loro affari. Apportò ancora altre comodità, poichè quella contrada era prima poco men che disabitata, ed ora si rese frequentatissima e popolata.

      Potè ancora, ridotti tutti i Tribunali insieme, stabilire, come fece, che due Consiglieri ordinari del S. C. presidessero come Giudici criminali in Vicaria, affinchè come uomini di più esperienza, acciò la giustizia non patisse dimora, attendessero alla spedizione delle cause. Stabilì, che ogni Sabato il Tribunale della Vicaria fosse visitato da uno de' Reggenti suoi Collaterali; ed a questo fine della più pronta spedizione delle cause e della giustizia, limitò le feste di vacanza, riducendole al manco che fosse possibile.

      §. V. Ristabilimento della giustizia nelle Province del Regno, e nelle loro Udienze

      Non bastava a questo prudentissimo Ministro aver rialzata la giustizia ne' Tribunali della Città Metropoli, bisognava, che lo stesso si facesse nelle Province, onde si compone il Regno, e nelli loro Tribunali.

      Incominciò dagli Ufficiali, che li reggevano: ordinò per tanto che non meno gli Auditori che i Presidi fra quaranta giorni dessero Sindicato. Vietò sotto gravi pene agli Ufficiali Provinciali di prender cosa alcuna di commestibile, quando per negozj a loro commessi andavano per le Province.

      Che nelle Province non si dasse esecuzione ad alcun ordine, prima di notificarlo a' Governadori. Che le provvisioni de' Tribunali non avessero bisogno dell'Exequatur delle Regie Audienze.

      Che quelli, che ottengono il privilegio di Cittadini Napoletani, abitando nelle Terre di dette Province, portassero ancora il peso di quelle.

      Che tutte le scritture fatte fuori del Regno non s'eseguissero senza licenza del Vicerè; e diversi altri provvedimenti vi diede, che sono additati nella suddetta Cronologia fra le Prammatiche, che da questo Vicerè furono in vari tempi stabilite.

      CAPITOLO II

      Spedizione dell'Imperadore Carlo V in Tunisi: sua venuta in Napoli; e di ciò che quivi avvenne nella sua dimora e ritorno; e quanto da alcuni Nobili si travagliasse per far rimuovere il Toledo dal governo del Regno

      Intanto l'Imperador Carlo V, avendo racchetati, se non come volle, come potè meglio, i moti della Germania per la nuova eresia di Lutero, ed essendosi ritirata l'armata di Solimano da Ungheria in Constantinopoli, vedendo che non vi era più che temere in quel Regno, deliberò partir da Vienna, ove dimorava, per Italia, per indi poi passare in Ispagna, e nel cammino abboccarsi col Papa, siccome glie lo avea fatto intendere. Partì per tanto a' 4 d'ottobre dell'anno 1532 colla fanteria Spagnuola e la Cavalleria, lasciando la fanteria Italiana sotto il comando di Fabrizio Maramaldo per li bisogni, che potessero occorrere al Re de' Romani suo fratello3. Giunse Cesare in Mantoa a' 8 di novembre, ed abboccatosi col Papa in Bologna, (dove scoperse, che il Pontefice col nuovo parentado, avea col Re di Francia stretta anche una gran lega) coll'armata d'Andrea Doria, che a questo fine avea richiamato da Levante, passò in Ispagna, approdando in Barcellona nel mese d'aprile del nuovo anno 1533 ove fermossi.

      Ma non


Скачать книгу

<p>2</p>

Toppi de Orig. Trib. tom. 2 lib. 4 cap. I mim. 83, 87 et seqq.

<p>3</p>

Giorn. del Rosso pag. 89.