Istoria civile del Regno di Napoli, v. 9. Giannone Pietro

Istoria civile del Regno di Napoli, v. 9 - Giannone Pietro


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ed il Porto di Baja, dove vi fece edificare due gran Torri, di ristorare la Fortezza di Nisita e le mura di Capua: di terminare le fortificazioni dell'Isola d'Elba, detta comunemente Portolongone, principiate già dal Conte di Benavente; di provvedere tutte le marine del Regno di soldatesca e di mettere in mare trenta vascelli e diece Tartane. E per maggior custodia della città fece prender l'armi a diecemila persone del Popolo napoletano, poste sotto il comando di D. Giovani d'Avalos Principe di Montesarchio. Ma il tempo fece da poi conoscere, che questi timori venivan dai Franzesi, non per altro fine, che obbligando il Regno alla propria difesa, venisse con ciò ad impedire i continui soccorsi, che da quello si mandavano in Milano, onde il Monterey penetrato il disegno, sollecitò nuovi soccorsi, e spedì in Lombardia sopra alcuni Vascelli e Galee i Reggimenti de' Maestri di campo D. Michele Pignatelli, Tiberio Brancaccio, Achille Minutolo, Giambattista Orsini, Pompeo di Gennaro, Girolamo Tuttavilla e Romano Garzoni, oltre a mille cavalli, che Giantommaso Bianco vi condusse per terra. Ciò che fece risolvere al Marchese di Leganes, accresciuto di sì validi soccorsi, di venire coll'inimico a battaglia in Tornavento, nella quale gloriosamente vi morì Girardo Gambacorta de' Duchi di Limatola Generale della cavalleria napoletana, siccome avvenne a Lucio Boccapianola sotto Vercelli.

      Non furono veduti ne' passati governi degli altri Vicerè soccorsi sì spessi e sì potenti cavati dal Regno quanto quelli, che si fecero in tempo del Conte di Monterey, non solo per lo Milanese, ma per la Catalogna, per la Provenza ed altrove; e coloro che si presero la briga di tenerne conto, calcolarono, che di gente il numero arrivò a cinquemilacinquecento cavalli, e quarantottomila pedoni; e di denaro la somma ascese a tre milioni e mezzo di scudi; oltre al denaro consumato nelle fortificazioni delle Piazze del Regno, nell'arrollamento di tanta gente, nelle spedizioni dell'Armate navali, nel mantenimento dell'Isola di S. Margherita, nella fabbrica di sei vascelli da guerra e d'alcune Galee per accrescere la Squadra al numero di sedici, e di ducentotto pezzi di cannoni, come anche in quella di settantamila archibugi, moschetti e picche per la fanteria, e delle pistole e corazze per la cavalleria.

      Cotante, e sì insopportabili spese tutte uscivano dalle sostanze de' sudditi, e dalli Patrimonj della città e delle Comunità del Regno, che continuamente eran costrette a somministrar nuove somme per la necessità di tante infelici e mal fortunate guerre, e per li tanti e continui bisogni della Corte di Spagna; donde fu in buona parte cagionato il debito di quindici milioni, del quale si trovava aggravato il Patrimonio della città, la quale ne pagava l'interesse ai creditori del frutto, che perveniva delle sue gabelle. E ciò nè meno bastando furono più volte a' forastieri tolte le loro entrate, e sovente anche quelle che possedevano i regnicoli sopra gli arrendamenti, e' fiscali. S'imposero per ciò molte altre gravezze, essendosi aggiunto alla gabella della farina, prima cinque grana, poi altre sette per moggio: un grano per rotolo alla gabella della carne, ed un carlino sopra ciascun stajo d'olio. Ciò che non seguì senza contrasti ed opposizioni, considerandosi non solo le grosse somme spremute in pochi anni dal Regno, ma che buona parte andava a colare, non già nella cassa del Re, ma nell'altrui borse, e che sempre via più crescendo i bisogni, e l'un chiamando l'altro, venivano i popoli a soffrire insopportabil giogo; onde fu risoluto spedire al Re D. Tommaso Caraffa Vescovo della Volturara, perchè avesse di tante miserie ed afflizioni compassione, e vi desse conforto; ma queste missioni, per li bisogni urgenti che tuttavia crescevano, riuscivano tutte vane ed inutili. Bisognò pagare i seicentomila ducati, che il Cardinal Infante dimandò da Milano: continuare a sostenere le soldatesche, che guardavano il Regno: unir nuove milizie per reclutare gli eserciti, che teneva scarsi la Spagna in più luoghi; fornir l'armate navali, e sostenere l'Isole di S. Margherita e di S. Onorato occupate in Francia, finchè di nuovo, nel mese di maggio del 1637, costrette dalla fame, non cedessero all'armi di quel Re, e tornassero sotto il di lui dominio.

      In mezzo a tante calamità non tralasciava però il Conte di Monterey i sollazzi, le commedie e le cacce, alle quali era inchinato: nè mancò, imitando i vestigj de' suoi predecessori, di lasciare a noi belle memorie della sua magnificenza. Egli rese più ampia e comoda la strada di Puglia: arricchì li fonti della città d'acque più abbondanti, e fecene innalzar un altro sul muro del fosso del Castel Nuovo; ma sopra tutto erse quel magnifico Ponte, che congiunge la contrada di Pizzofalcone con quella di San Carlo delle Mortelle. La Contessa sua moglie pur ci lasciò un monumento perenne della sua pietà, avendo fondato in Napoli il Monastero della Maddalena, per sicuro asilo delle donne spagnuole, che abbominando le passate lascivie, volessero ivi ridursi a menar vita casta.

      Ma con tutto che il Conte di Monterey fosse cotanto benemerito al Re per li tanti soccorsi mandati, mancò poco però, che il Conte Duca per vantaggiar la sua Casa, non lo richiamasse, non avendo ancor finito il secondo triennio del suo governo. La cagione si fu il matrimonio da lui ambito di D. Anna Caraffa Principessa di Stigliano col Duca di Medina las Torres. Questa Signora per la morte di D. Antonio Caraffa Duca di Mondragone suo padre, e del Principe Luigi Caraffa di Stigliano suo avolo, era rimasa unica erede di floridissimi Stati. Isabella Gonzaga sua avola figliuola, ed erede di Vespasiano Gonzaga Duca di Sabioneta, l'avea ancora arricchita di questo titolo e di queste ragioni: per ciò il Conte Duca non avendo potuto perpetuar la sua Casa ne' discendenti della figliuola, che fu moglie di D. Ramiro Gusman Duca di Medina las Torres, e morì senza prole, desiderava per questo suo Genero, ch'egli da semplice Cavaliere avea innalzato cotanto, di trovare una sposa, niente inferiore alla prima. Fece credere al Re, essere questo matrimonio espediente per poter ripetere Sabioneta, di che già i Principi d'Italia se n'erano insospettiti26; e per ciò, ancorchè trovasse durezza nell'avola, sollecitò le nozze colla madre della sposa per mezzo del Cardinal suo fratello: la quale, colla promessa del Viceregnato, che s'offeriva al Duca, fu facilmente guadagnata: la sposa, ambiziosa di vedersi Viceregina, vi condiscese parimente; onde partitosi di Spagna il Duca con carattere di Vicerè e di Castellan perpetuo del Castel Nuovo, giunse colla squadra delle Galee di Spagna in Napoli, dove nel palagio della Principessa, presso la Porta di Chiaja, fur celebrate le nozze.

      Intanto il Conte di Monterey accingevasi alla partenza, ma avvisato il Conte Duca essere già seguito il matrimonio, scrisse al Monterey, che non conveniva per le fastidiose congiunture delle guerre d'Italia partire, non essendo ancor terminato il suo secondo triennio; onde gli sposi rimasero delusi, e convenne al Medina trattenersi nel Regno da privato, con dispiacere non ordinario, non men suo che della moglie, e molto più della Duchessa di Sabioneta, la quale, avendo sempre dissuasa la nipote a far tal matrimonio, non mancava di mordere pubblicamente l'azioni del Conte Duca, e biasimare la soverchia semplicità della Duchessa di Mondragone, del Cardinale e degli altri congiunti della nipote, che s'erano fatti ingannare dalle promesse dell'Olivares. Ma passato un anno, parendogli non poter più trattenere, mandò il Conte Duca ordine della Corte, che si desse al Medina il possesso. Così depose il Monterey il Governo, dopo averlo esercitato sei anni; ed a' 12 novembre di quest'anno 1637 ritirossi a Pozzuoli, donde proseguì poi il suo cammino per la Corte. Ci lasciò il Monterey molte savie e prudenti leggi insino al numero di quarantaquattro, per le quali riordinò i nostri Tribunali e quelli della Bagliva, e delle Regie Audienze; riordinò gli affitti e le vendite delle rendite e beni fiscali, i cambj e gli apprezzi: proibì severamente i duelli e l'esportazione di qualsivoglia sorta d'armi: fece diverse ordinazioni per ovviar le fraudi che si commettevano nella Dogana, e maggior Fondaco di Napoli: vietò l'uso smoderato delle vesti, servidori e carrozze: impose su la testa del famoso bandito Pietro Mancini una taglia di tremila ducati, oltre la facoltà d'indultare quattro persone: tolse le Gabelle delle Carte e del Tabacco, ancorchè da poi fossero state di nuovo imposte; e diede molti ordini pel Governo e disciplina de' soldati del Battaglione, e pel grado di Dottorato da darsi, così in Legge, come in Medicina, ed altri provvedimenti che vengono additati nella Cronologia prefissa al primo tomo delle nostre Prammatiche.

      CAPITOLO IV

      Del Governo di D. Ramiro Gusman Duca di Medina las Torres; e de' sospetti che s'ebbero di nuove invasioni tentate da' Franzesi

      Il Governo del Duca di Medina, durando le medesime cagioni, anzi vie più crescendo, non poteva riuscire men gravoso a' sudditi, che il precedente. Le guerre infelici, che consumavano gli Stati della Monarchia di Spagna, mantenevano tuttavia, anzi rendevan assai più esausto l'erario regale, ed in continue necessità di denaro. Il nostro Reame era il bersaglio infelice, dove per provvedersene si dirizzavano


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<p>26</p>

Nani Istor. Ven. lib. 9 ann. 1633.