Istoria civile del Regno di Napoli, v. 9. Giannone Pietro

Istoria civile del Regno di Napoli, v. 9 - Giannone Pietro


Скачать книгу
l'Exequatur Regium agli ordini venutigli da Roma, chiamati a se tutti i Cursori dell'Arcivescovo e del Nunzio, co' quali avea concertata la carcerazione, saputo che il Figueroa soleva trattenersi dentro il Convento di S. Luigi de' PP. Minimi, poco prezzando la riverenza del luogo, e molto meno d'esser così vicino al Palagio Regale, comandò loro, che andasser tosto ad arrestarlo. Un attentato così enorme commesso in faccia al Principe, ed una carcerazione così strepitosa fatta innanzi a' suoi occhi, mosse il Vicerè a mandar subito una compagnia di Spagnuoli per reprimer tanta arroganza, li quali avendo posto in libertà il Figueroa lo condussero nel Regal Palagio. In altri tempi si sarebbe di ciò fatto altro risentimento, e si sarebbero severamente puniti gli autori d'un sì scandaloso insulto; ma assembratisi i Regj Ministri, non fu risoluto altro, che di disarmare tutta la famiglia dell'Arcivescovo, del Nunzio e dell'Inquisitore; onde in una notte fur tolte le armi a tutte le Corti Ecclesiastiche, nè contra il Vescovo Inquisitore si procedè a castigo. Tanta moderazione nè pure bastò, perchè Roma si quietasse, la quale profittandosi del tempo, fece di questa esecuzione un rumor grandissimo, spedendo monitorj e censure contra gli esecutori e tutti coloro, che l'aveano consigliata e comandata: ciò che intorbidò alquanto le feste, che si stavano celebrando allora in Napoli per la natività del Principe D. Baldassar Carlo primogenito del Re Filippo IV, il quale fece poi cessar tutti i timori, con una sua regal carta, che mandò al Vicerè, nella quale approvando ciò ch'erasi fatto, comandò, che gli ordini del S. Ufficio di Roma non s'eseguissero affatto nel Regno, senza saputa del Vicerè, e senza sua permissione.

      Mentre, per la partita della Regina Maria, il Duca d'Alcalà avea ripreso con maggior libertà il governo del Regno, vennegli avviso, che il Duca d'Alba per molte accuse fattegli alla Corte circa il trattamento fatto alla Regina, avea ottenuto, che fosse colà chiamato. Ma non furon tanto le imputazioni fattegli per ciò alla Corte, che lo rimossero, quanto che il Conte Duca, per cui si reggeva la Monarchia, volendo gratificare il Conte di Monterey Ambasciadore del Re in Roma, a lui doppiamente congiunto in parentado, per tenere il Monterey una sua sorella per moglie, ed il Conte Duca parimente erasi ammogliato con una sorella del Monterey, ricevè volentieri le accuse fatte all'Alcalà, perchè potesse servirsene di spezioso pretesto. E per non amareggiare cotanto il Duca, con grave dispendio del Re, comandò, che il Duca d'Alcalà venisse a giustificarsi in Corte de' carichi, che gli s'adossavano, non intendendosi per ciò privato del Governo, e che per ciò gli corresse il soldo di ventiquattromila ducati l'anno; e che in sua assenza andasse a governar il Regno il Conte di Monterey, al quale corresse per ciò lo stipendio di soli ducati dodicimila l'anno, come interino. Ma il Duca non vi tornò mai più, se non quando fu per passar al Governo della Sicilia; ed il Conte, ch'era interino, vi stette sei anni. Così postergato il servigio del proprio Principe, per privati interessi del Favorito, fu a noi tolto il Duca d'Alcalà, il quale, partito da Napoli ai 13 maggio di quest'anno 1631, diede luogo al Monterey, che da Roma fin da' 17 d'aprile erasi portato in Napoli, trattenendosi intanto in Chiaja nel palagio del Marchese della Valle, insino alla partita del suo predecessore. Lasciò il Duca di se un grandissimo desiderio, ed un rammarico a' Napoletani, che sentirono al vivo le calunniose imputazioni fattegli in Corte. Egli ci lasciò dodici Prammatiche tutte savie e prudenti: fu terribile contra gli sbanditi e loro ricettatori: vietò alle Piazze di Napoli ed alle Comunità tutte del Regno, di assegnar salarj, o far donazioni, anche per causa pia, senza precedente assenso e licenza del Vicerè: riformò i Regj Studi, e comandò, che non si fosse dispensato all'età necessaria per ascendere al grado del Dottorato: fece molte ordinazioni attenenti all'ufficio di Commessario Generale di Campagna; e diede altri savi provvedimenti, che si additano nella Cronologia prefissa al primo tomo delle nostre Prammatiche.

      CAPITOLO III

      Di D. Emmanuele di Gusman Conte di Monterey; e degl'innumerabili soccorsi, che si cavarono dal Regno di gente e di denaro in tempo del suo Governo

      Cominciò il Conte di Monterey ad amministrare il Regno con funeste apparenze, che diedero presagi d'un calamitoso governo: nella Villa del Vomero diede una donna alla luce un mirabil mostro: una spaventosa Cometa comparsa ne' principj di settembre di quest'anno diede a molti terrore; ma i tremuoti, le orribili errutazioni, le orride nubi, gli spaventosi torrenti di fuoco, le orrende piogge di cenere, che dalla notte de 15 di dicembre avea il Monte Vesuvio cominciato a spandere, non solo empiè la città ed il Regno di spavento e d'orrore, ma presagirono altri mali e nuove calamità. Vomitò il Monte fiamme con tanto empito e con tale spavento, che Napoli temè, o d'abissarsi ne' tremuoti, o di seppellirsi nelle ceneri. Lo scuotimento abbattè edificj, arrestò il corso a' fiumi, rispinse il mare ed aprì le montagne. Esalarono in fine con oppositi ed orribili effetti acque, fiamme e ceneri, dalle quali non solo restarono oppressi alcuni luoghi vicini, ma si temè, che levato il respiro dell'aria, non fosser tutti per soffocarsi. Ma placato il Cielo dalle pubbliche penitenze, spirò tal vento dalla parte avversa, che le portò a cadere oltre mare fin'a Cattaro, ed altri luoghi dell'Albania e della Dalmazia; e consumato in fine nelle viscere della Terra il sulfureo alimento, il fuoco s'estinse.

      Ma non s'estinsero in noi le calamità maggiori, che ci cagionavano le guerre d'Italia. Il Conte Duca più famoso che fortunato, per gl'infelici successi delle arme Spagnuole in Lombardia, vedeva che i Ministri di quella Monarchia avevano perduta in Italia quell'autorità, che solevan prima godervi fino a tal segno, che sovente con imperiosi modi comandavano al Duca stesso di Savoia, che disarmasse. Ora li Franzesi eransi cotanto intrigati negl'interessi di quella, che avendosi resi dipendenti il Duca di Savoia per lo freno di Pinarolo, il Duca di Mantua per la custodia di Casale e del Monferrato, e gli altri Principi, chi per inclinazione, e chi per profittare, aveano posto in bilancia tra la corona di Spagna e la franzese l'Italia. Si credeva eziandio, che il Pontefice Urbano VIII per l'antiche parzialità verso la Corona franzese, per esservi stato Nunzio, e per essere compare del Re, pendesse dalla sua parte, e traversasse gl'interessi degli Austriaci; e ne diede non oscuri indizi, per vedersi il Cardinal Antonio Barberino suo nipote aver con ricche pensioni accettata la protezione di quel Regno; e dicevasi, che il Papa, quando entrarono gli Alemani in Mantova, avesse chiesto a' Cardinali soccorso per discacciarneli: e che nelle angustie maggiori, che soffriva la Religione in Germania, oppressa dagli Eretici, e calpestata dalle armi del Re di Svezia, non si fosse egli mosso, ancorchè in nome del Re Cattolico ne gli fossero state fatte in pubblico Concistoro dal Cardinal Borgia premurose istanze. S'aggiungevano le male soddisfazioni, che ricevevano in Roma i Ministri di Spagna, le quali ridussero il Cardinal Sandoval a partirsi mal soddisfatto da Roma, e ritirarsi in Napoli.

      Per ciò gli animi de' Ministri spagnuoli erano pregni d'acerbi disgusti e di gravi pensieri, intendendosi esagerazioni frequenti del Conte Duca, che non sarebbe mai per godersi la pace, se non si restituisse l'Italia nell'esser di prima. A tal fine fu deliberato, che il Cardinal Infante fratello del Re passasse a Milano, per di là trasferirsi al suo Governo di Fiandra; ed a comandare nuovi apparati di guerra, ed in particolare al Regno di Napoli, che provvedesse di danaro, ammassasse gente, ed allestisse legni.

      Per far argine alle male inclinazioni del Pontefice, di cui erasi sparsa voce, che avesse spedito buon numero di soldati alle frontiere del Regno, bisognò al Vicerè, che mandasse a' confini mille e cinquecento cavalli sotto il comando d'Annibale Macedonio, Marchese di Tortora; e che per fornire il Regno di nuove soldatesche comandasse a tutti i Baroni e Terre demaniali, che somministrassero buon numero di soldati.

      Da questi disgusti, che passavano colla Corte di Roma, nacque a questi tempi qualche rialzamento della regal Giurisdizione, presso noi quasi che depressa; poichè la Corte di Madrid, per vendicare i disgusti co' disgusti, spedì a Roma il Vescovo di Cordova, e Giovanni Chiumazzero in qualità di Commessarj, per richieder riforma di molti abusi, che la Dataria di Roma avea introdotti in Ispagna, onde si portavano grandi aggravj a quel Regno23, de' quali avevan fatto lungo catalogo, e con una dotta scrittura24, rispondendo ancora ad un'altra, fatta per ordine del Papa da Monsignor Maraldi Segretario dei Brevi, li giustificavano per abusivi e intollerabili; e si stimava, che tenessero segrete istruzioni di chiedere un Concilio, ed angustiare il Pontefice con minacce e con moleste dimande25. Di che accortosi Urbano, pensò con frapporre lunghezza di render vani i disegni; poichè negando in prima d'ammetterli col titolo di Commessarj, dicendo, che ciò


Скачать книгу

<p>23</p>

Nani Istor. Ven. lib. 9.

<p>24</p>

Memorial de S. M. C. que dieron a nuestro muy S. P. Urbano P. VIII. D. Fray Domingo Pimentel Obispo de Cordova, y D. Juan Chumacero, y Carillo, etc. en la embajada, a que vinieron en el an. de 633.

<p>25</p>

Nani loc. cit.