Racconti e novelle. Ghislanzoni Antonio
era, l'augusto volto divenne livido e deforme.
Eppure la frase terribile non era formata che da poche innocenti parole allusive al ministro delle finanze: Noi speriamo che la nuova tassa votata dal Parlamento non avrà mai, sotto il regno dell'augusto Piperio una seria applicazione; il nostro re ha troppo buon naso per non comprendere l'impopolarità a cui egli stesso andrebbe incontro apponendovi la sua firma. Sì, noi lo ripetiamo, il nostro re ha troppo buon naso per commettere di tali errori!»
Sotto l'impressione di tale lettura, il re suonò il campanello con impeto violento. Il maggiordomo accorse nella stanza, e, vedendo la strana lividezza del volto regale, mandò un grido di all'armi. Il re fece uno sforzo per dominarsi, e, dissimulando, come poteva, il proprio turbamento, domandò al maggiordomo con voce abbastanza pacata: che tempo abbiamo, Battista?
– Bellissimo, maestà.
– Pure non veggo sole… Il cielo mi sembra bujo!
– Al contrario, maestà!.. il sole è limpidissimo! una vera giornata di primavera… Se vostra maestà si degnasse di mettere il naso alla finestra…
Quelle parole furono uno zolfanello gettato nella polveriera. Piperio balzò dal letto, staccò dalla muraglia una lunga scimitarra, e la testa del maggiordomo rotolò sul pavimento. Tuttociò era accaduto in un lampo. Il re, dopo quell'impeto d'ira, ricadde sovra una seggiola come istupidito.
II
Quell'atroce avvenimento rimase per alcun tempo involto di mistero. La giovane regina a cui l'augusto consorte era solito aprirsi interamente, non ebbe la parola di quell'enigma sanguinoso. Il fatto fu in diverse guise commentato alla corte; il popolo mormorò sommessamente, ma ben presto cessò di occuparsene.
Ciò che più seriamente dava a pensare alla regina, ai ministri, alla corte ed al popolo di Panamia, era lo strano cambiamento sopravvenuto nel carattere e nelle abitudini del principe. Quell'uomo sì mite e manieroso, sì affabile ed espansivo, di giorno in giorno diveniva più tetro e irascibile. Usciva rare volte dal palazzo, e sempre in carrozza coperta, a cortine abbassate. Passava molte ore rinchiuso nel suo gabinetto. Rare volte assisteva al consiglio dei ministri. Ogni qual volta gli accadesse di trovarsi in presenza di estranei, si notava nello sventurato una singolare premura di portare la mano al naso e di tenervela accavallata con una pertinacia inesplicabile. A quella posa insolita della mano, il primo ministro e consigliere intimo di re Piperio annodò, come vedremo, le fila che lo condussero alla scoperta del segreto.
Questo primo ministro e consigliere si chiamava Canella, e dopo la regina, era la persona più influente alla corte. Le sue osservazioni erano quasi sempre infallibili. Egli possedeva il colpo d'occhio che scruta i pensieri e approfondisce i più intimi arcani di un cuore. Un giorno, mentre la regina si doleva fra lacrime e singulti degli strani furori del principe, l'arguto ministro proferì a mezzo labbro tre parole: questione di naso! La regina, come ognun può immaginare, provò una scossa nervosa, e chinò il capo arrossendo.
Il gran Canella non s'ingannava. Per accertarsi, non gli rimaneva che tentare una prova sull'animo del re. Egli non pose tempo di mezzo. Un'ora dopo, il ministro ed il re si trovavano di fronte.
– Maestà! disse il ministro con accento risoluto; io son venuto a rassegnarvi le mie dimissioni…
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