Racconti e novelle. Ghislanzoni Antonio
cameriere poco dopo ricomparve sulla porta, introducendo, con uno sforzo di pronunzia visibile, il signor Daniel Nabaäm De-Schudmoëken.
Era un uomo dai trentacinque ai quarant'anni, abbigliato con quella eleganza alquanto caricata, che contraddistingue gli artisti. Nel suo modo di presentarsi c'era la disinvoltura e la franchezza di chi ha fatto l'abitudine alla curiosità del pubblico ed all'applauso dei teatri.
Si inchinò leggermente ai circostanti, baciò la mano alla contessa, e, tratta dal portafogli una lettera, gliela porse col garbo più distinto.
– Ah! ah! il barone Teghetoff! – esclamò la dama, dopo aver letto – ecco un signore che non ha mai disertato dal campo dell'arte. E di quanto io gli vado debitrice! Egli non ha mai dimenticato di indirizzarmi i più eletti e celebri talenti di Europa… L'anno scorso era Talberg, pochi giorni fa era Wanwondegger, ed oggi il signor Daniel Nabaäm De-Schudmoëken pianista di S. M. il re del Belgio, che io mi chiamo onoratissima di presentare sul momento ai miei migliori amici.
Quanti erano nel salotto salutarono amabilmente l'artista, indirizzandogli quelle banalità lusinghiere che le persone bene educate sanno prodigare anche agli sconosciuti, quando per essi interceda la raccomandazione di una signora.
Frattanto io pensava: dove mai ho veduto costui?.. la sua fisonomia non mi è nuova.
E in luogo di interrogare o di adulare, io fissai uno sguardo così scrutatore sull'artista, che questi a sua volta prese a guardarmi con marcata attenzione.
Quella corrente di occhiate non isfuggì alla contessa. Ella credette farsi interprete di un mio desiderio, presentandomi più direttamente al suo raccomandato, e declinando a lui il mio nome e cognome, non senza aggiungere qualche cenno biografico.
– È bene, signor Nabaäm De-Schudmoëken, poichè avete intenzione di produrvi a Milano, che vi mettiate in rapporto con qualche giornalista, e sono lietissima che qui, nel mio salotto, voi stringiate una alleanza che potrà giovarvi.
L'artista, leggendo ne' miei sguardi una certa preoccupazione, arrossì leggermente; ma dominando tosto il proprio imbarazzo, riaperse il portafogli, e, trattane una lettera, me la porse con queste parole:
– Per comprendere, o signore, quanto io tenga alla vostra amicizia ed alla vostra protezione, non avete che a leggere le poche righe di questo scritto. Conoscendovi per fama, ho voluto premunirmi di una commendatizia al vostro indirizzo. – La persona che vi scrive e che a voi caldamente mi raccomanda, si dice uno dei vostri migliori amici.
Mi trassi in disparte, apersi la lettera, e, dissimulando a mala pena la mia sorpresa e la mia commozione, lessi mentalmente quanto segue:
«Ottimo signore,
«Sono a Milano da due giorni, e intendo far sentire al ridotto della Scala alcune mie composizioni. Ha ella dimenticato la gioconda serata che noi passammo insieme la sera del ventiquattro marzo del mille ottocento quarantacinque all'albergo della Bonne femme di Torino? Ella mi aveva furiosamente applaudito il giorno innanzi, in un concerto al quale assistevano venti persone. Oggi, dopo quindici anni, io la prego a volermi riudire. Colui che si fa annunziare in Milano coll'esotico nome di Daniel Nabaäm De-Schudmoëken pianista di S. M. il re del Belgio, si chiamava in altri tempi Bartolomeo Scannagatta di Biella. Per carità, non mi tradisca!.. Venga piuttosto a trovarmi domani all'albergo del Marino, verso le cinque pomeridiane. Pranzeremo assieme, e dopo il caffè, s'ella avrà tempo e pazienza di ascoltarmi, le spiegherò il segreto del mio bizzarro pseudonimo, raccontandole una istoria piena di amarezze e di follie. Mi affido a lei e mi dico
Era proprio lui! Le mie reminiscenze non mi avevano ingannato – il tono della lettera e la eloquenza delle occhiate che tratto tratto l'artista mi indirizzava mentre io stava leggendo, mi imponevano di rivolgergli tosto una parola rassicurante.
Mossi a lui, gli stesi la mano; egli mi porse la sua, e in quella stretta leale, un tacito patto fu stipulato fra noi.
Poco dopo, quand'egli fu uscito dalla sala, la contessa si pose a raccomandarmelo colla più viva espansione.
– Nessuno dimentichi ch'egli è un mio protetto, ripetè più volte la contessa a quanti facevano parte del circolo; quando il barone Teghetoff ci raccomanda un artista, è indubitabile che questi dev'essere un talento superiore. E poi… che ne dite di questo nome?.. Daniel… Nabaäm De-Schudmoëken? Dio sa se lo pronunzio per bene!
– Dev'essere un pianista insuperabile nei pezzi di difficoltà – disse uno degli astanti – ciò si comprende dalle molte consonanti del nome…
– Ed anche, soggiunse un altro, dalla k aspirata preceduta dal dittongo…
– Non c'è' dubbio – rispose la contessa – questi artisti superiori che ci vengono dall'estero hanno dei nomi imponenti e, direi quasi, rivelatori. Talberg? Che ve ne pare? Non sentite forse, nella posa solenne e direi quasi patriarcale di questo nome, il pianista pacato, maestoso, che procede sicuro sulle onde melodiche, come un poderoso vascello già provato dalle tempeste e dai venti?.. Liszt!.. Non vedete, a questo nome, il lampo e la folgore guizzare sulla tastiera? Non vi pare che una favilla elettrica, sprigionandosi dalle dita nervose, si comunichi alle corde del gravicembalo e da quelle alle fibre degli uditori?.. Hans Von Bülow…
La contessa, nel proferire questo nome, spalancò le labbra siffattamente, che la sua prima aspirazione somigliò ad uno sbadiglio. I circostanti, sbadigliando per consenso, ripeterono non so quante volte il nome di Häääns… E siccome io penava a trattenere uno scoppio di buon umore indiscreto, prima che il grottesco della conversazione provocasse una crisi, profittai dell'incidente e presi commiato.
All'indomani, verso le ore cinque pomeridiane, mi recai all'albergo del Marino, dove il musicista mi attendeva pel pranzo.
Egli aveva fatto apparecchiare la tavola in un piccolo salotto attiguo alla sua camera da letto.
Sulla tavola erano quattro coperti.
– Abbiamo dunque degli altri commensali?
– Gente di fiducia – rispose l'artista sorridendo – mio padre e mio nipote.
E poco dopo, al momento in cui il cameriere serviva la zuppa, entrò nel salotto un vecchio dal volto sano ed intelligente, in compagnia di un grosso garzone senza barba che poteva avere diciotto anni.
La presentazione fu spiccia.
– Ecco un ottimo padre, venuto espressamente da Biella per assistere al mio concerto e per protestare…
– Basta, basta! interruppe il vecchio – in presenza della minestra deve tacere ogni questione – parleremo dopo.
Durante il pranzo, venni a sapere che il padre del nostro pianista era stato per molti anni capo-musica della banda e organista della chiesa di Biella; che aveva composto parecchie sinfonie e due messe, l'una da morto, l'altra da vivo, e che il figlio doveva a lui solo la molta erudizione musicale onde era fornito, nonchè la sua abilità di suonatore.
Levata la mensa, ci assidemmo in faccia al caminetto. Il vecchio fece recare due bottiglie di barbéra, ch'erano, com'egli diceva, la sua tazza quotidiana di caffè. E quando ebbe vuotato il primo bicchiere:
– Ora, a noi altri! proruppe con una certa modulazione di voce che sentiva la stizza e la benevolenza – sentiamo cosa sa dire per sua discolpa il signor Daniel Rabadàn!
L'artista accese uno zigaro, e volgendosi ora a me, ora a suo padre, cominciò di tal guisa:
– Come lei vede, questo mio ottimo padre non sa perdonarmi ch'io abbia cangiato nome. Egli pretende che io abbia sottratto al nome già illustre degli Scannagatta una parte di gloria che gli spettava per diritto…
– Sicuramente! interruppe il vecchio – e non contiamo il gran danno che tu porti a tutti i Bartolomei (tuo nipote compreso), i quali attendono da secoli che un uomo di genio rifletta sul loro nome vilipeso qualche raggio di luce.
Il giovane Bartolomeo, che fino a quel momento non aveva aperto bocca, si lasciò sfuggire dalle labbra un: contagg!
– Se