Orlando Furioso. Lodovico Ariosto

Orlando Furioso - Lodovico Ariosto


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lasciar la battaglia più seguire;

      perché di questi dua qualunche more,

      sappi ch'a torto tu 'l lasci morire.

      L'un crede aver ragione, ed è in errore,

      e dice il falso, e non sa di mentire;

      ma quel medesmo error che 'l suo germano

      a morir trasse, a lui pon l'arme in mano.

84

      L'altro non sa se s'abbia dritto o torto;

      ma sol per gentilezza e per bontade

      in pericol si è posto d'esser morto,

      per non lasciar morir tanta beltade.

      Io la salute all'innocenza porto;

      porto il contrario a chi usa falsitade.

      Ma, per Dio, questa pugna prima parti,

      poi mi dà audienza a quel ch'io vo' narrarti. —

85

      Fu da l'autorità d'un uom sì degno,

      come Rinaldo gli parea al sembiante,

      sì mosso il re, che disse e fece segno

      che non andasse più la pugna inante;

      al quale insieme ed ai baron del regno

      e ai cavallieri e all'altre turbe tante

      Rinaldo fe' l'inganno tutto espresso,

      ch'avea ordito a Ginevra Polinesso.

86

      Indi s'offerse di voler provare

      coll'arme, ch'era ver quel ch'avea detto.

      Chiamasi Polinesso; ed ei compare,

      ma tutto conturbato ne l'aspetto:

      pur con audacia cominciò a negare.

      Disse Rinaldo: – Or noi vedrem l'effetto. —

      L'uno e l'altro era armato, il campo fatto,

      sì che senza indugiar vengono al fatto.

87

      Oh quanto ha il re, quanto ha il suo popul caro

      che Ginevra a provar s'abbi innocente!

      tutti han speranza che Dio mostri chiaro

      ch'impudica era detta ingiustamente.

      Crudel superbo e riputato avaro

      fu Polinesso, iniquo e fraudolente;

      sì che ad alcun miracolo non fia

      che l'inganno da lui tramato sia.

88

      Sta Polinesso con la faccia mesta,

      col cor tremante e con pallida guancia;

      e al terzo suon mette la lancia in resta.

      Così Rinaldo inverso lui si lancia,

      che disioso di finir la festa,

      mira a passargli il petto con la lancia:

      né discorde al disir seguì l'effetto;

      ché mezza l'asta gli cacciò nel petto.

89

      Fisso nel tronco lo trasporta in terra,

      lontan dal suo destrier più di sei braccia.

      Rinaldo smonta subito, e gli afferra

      l'elmo, pria che si levi, e gli lo slaccia:

      ma quel, che non può far più troppa guerra,

      gli domanda mercé con umil faccia,

      e gli confessa, udendo il re e la corte,

      la fraude sua che l'ha condutto a morte.

90

      Non finì il tutto, e in mezzo la parola

      e la voce e la vita l'abandona.

      Il re, che liberata la figliuola

      vede da morte e da fama non buona,

      più s'allegra, gioisce e raconsola,

      che, s'avendo perduta la corona,

      ripor se la vedesse allora allora;

      sì che Rinaldo unicamente onora.

91

      E poi ch'al trar dell'elmo conosciuto

      l'ebbe, perch'altre volte l'avea visto,

      levò le mani a Dio, che d'un aiuto

      come era quel, gli avea sì ben provisto.

      Quell'altro cavallier che, sconosciuto,

      soccorso avea Ginevra al caso tristo,

      ed armato per lei s'era condutto,

      stato da parte era a vedere il tutto.

92

      Dal re pregato fu di dire il nome,

      o di lasciarsi almen veder scoperto,

      acciò da lui fosse premiato, come

      di sua buona intenzion chiedeva il merto.

      Quel, dopo lunghi preghi, da le chiome

      si levò l'elmo, e fe' palese e certo

      quel che ne l'altro canto ho da seguire,

      se grata vi sarà l'istoria udire.

      CANTO SESTO

1

      Miser chi mal oprando si confida

      ch'ognor star debbia il maleficio occulto;

      che quando ogn'altro taccia, intorno grida

      l'aria e la terra istessa in ch'è sepulto:

      e Dio fa spesso che 'l peccato guida

      il peccator, poi ch'alcun dì gli ha indulto,

      che sé medesmo, senza altrui richiesta,

      innavedutamente manifesta.

2

      Avea creduto il miser Polinesso

      totalmente il delitto suo coprire,

      Dalinda consapevole d'appresso

      levandosi, che sola il potea dire:

      e aggiungendo il secondo al primo eccesso,

      affrettò il mal che potea differire,

      e potea differire e schivar forse;

      ma se stesso spronando, a morir corse:

3

      e perdé amici a un tempo e vita e stato,

      e onor, che fu molto più grave danno.

      Dissi di sopra, che fu assai pregato

      il cavallier, ch'ancor chi sia non sanno.

      Al fin si trasse l'elmo, e 'l viso amato

      scoperse, che più volte veduto hanno:

      e dimostrò come era Ariodante,

      per tutta Scozia lacrimato inante;

4

      Ariodante, che Ginevra pianto

      avea per morto, e 'l fratel pianto avea,

      il re, la corte, il popul tutto quanto:

      di tal bontà, di tal valor splendea.

      Adunque il peregrin mentir di quanto

      dianzi di lui narrò, quivi apparea;

      e fu pur ver che dal sasso marino

      gittarsi in mar lo vide a capo chino.

5

      Ma (come aviene a un disperato spesso,

      che da lontan brama e disia la morte,

      e l'odia poi che se


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