Orlando Furioso. Lodovico Ariosto

Orlando Furioso - Lodovico Ariosto


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è ver che si smarriro in faccia alquanto,

      come improviso udiron quella voce,

      e insieme entrare armato tutto quanto

      vider là dentro un uom tanto feroce.

      Orlando domandò qual fosse tanto

      scortese, ingiusto, barbaro ed atroce,

      che ne la grotta tenesse sepolto

      un sì gentile ed amoroso volto.

94

      La vergine a fatica gli rispose,

      interrotta da fervidi signiozzi,

      che dai coralli e da le preziose

      perle uscir fanno i dolci accenti mozzi.

      Le lacrime scendean tra gigli e rose,

      là dove avien ch'alcuna se n'inghiozzi.

      Piacciavi udir ne l'altro canto il resto,

      Signor, che tempo è ormai di finir questo.

      CANTO TREDICESIMO

1

      Ben furo aventurosi i cavallieri

      ch'erano a quella età, che nei valloni,

      ne le scure spelonche e boschi fieri,

      tane di serpi, d'orsi e di leoni,

      trovavan quel che nei palazzi altieri

      a pena or trovar puon giudici buoni:

      donne, che ne la lor più fresca etade

      sien degne d'aver titol di beltade.

2

      Di sopra vi narrai che ne la grotta

      avea trovato Orlando una donzella,

      e che la dimandò ch'ivi condotta

      l'avesse: or seguitando, dico ch'ella,

      poi che più d'un signiozzo l'ha interrotta,

      con dolce e suavissima favella

      al conte fa le sue sciagure note,

      con quella brevità che meglio puote.

3

      – Ben che io sia certa (dice), o cavalliero,

      ch'io porterò del mio parlar supplizio,

      perché a colui che qui m'ha chiusa, spero

      che costei ne darà subito indizio;

      pur son disposta non celarti il vero,

      e vada la mia vita in precipizio.

      E ch'aspettar poss'io da lui più gioia,

      che 'l si disponga un dì voler ch'io muoia?

4

      Isabella sono io, che figlia fui

      del re mal fortunato di Gallizia.

      Ben dissi fui; ch'or non son più di lui,

      ma di dolor, d'affanno e di mestizia.

      Colpa d'Amor; ch'io non saprei di cui

      dolermi più che de la sua nequizia,

      che dolcemente nei principi applaude,

      e tesse di nascosto inganno e fraude.

5

      Già mi vivea di mia sorte felice,

      gentil, giovane, ricca, onesta e bella:

      vile e povera or sono, or infelice;

      e s'altra è peggior sorte, io sono in quella.

      Ma voglio sappi la prima radice

      che produsse quel mal che mi flagella;

      e ben ch'aiuto poi da te non esca,

      poco non mi parrà, che te n'incresca.

6

      Mio patre fe' in Baiona alcune giostre,

      esser denno oggimai dodici mesi.

      Trasse la fama ne le terre nostre

      cavallieri a giostrar di più paesi.

      Fra gli altri (o sia ch'Amor così mi mostre,

      o che virtù pur se stessa palesi)

      mi parve da lodar Zerbino solo,

      che del gran re di Scozia era figliuolo.

7

      Il qual poi che far pruove in campo vidi

      miracolose di cavalleria,

      fui presa del suo amore; e non m'avidi,

      ch'io mi conobbi più non esser mia.

      E pur, ben che 'l suo amor così mi guidi,

      mi giova sempre avere in fantasia

      ch'io non misi il mio core in luogo immondo,

      ma nel più degno e bel ch'oggi sia al mondo.

8

      Zerbino di bellezza e di valore

      sopra tutti i signori era eminente.

      Mostrammi, e credo mi portasse amore,

      e che di me non fosse meno ardente.

      Non ci mancò chi del commune ardore

      interprete fra noi fosse sovente,

      poi che di vista ancor fummo disgiunti;

      che gli animi restar sempre congiunti.

9

      Però che dato fine alla gran festa,

      il mio Zerbino in Scozia fe' ritorno.

      Se sai che cosa è amor, ben sai che mesta

      restai, di lui pensando notte e giorno;

      ed era certa che non men molesta

      fiamma intorno al suo cor facea soggiorno.

      Egli non fece al suo disio più schermi,

      se non che cercò via di seco avermi.

10

      E perché vieta la diversa fede

      (essendo egli cristiano, io saracina)

      ch'al mio padre per moglie non mi chiede,

      per furto indi levarmi si destina.

      Fuor de la ricca mia patria, che siede

      tra verdi campi allato alla marina,

      aveva un bel giardin sopra una riva,

      che colli intorno e tutto il mar scopriva.

11

      Gli parve il luogo a fornir ciò disposto,

      che la diversa religion ci vieta;

      e mi fa saper l'ordine che posto

      avea di far la nostra vita lieta.

      Appresso a Santa Marta avea nascosto

      con gente armata una galea secreta,

      in guardia d'Odorico di Biscaglia,

      in mare e in terra mastro di battaglia.

12

      Né potendo in persona far l'effetto,

      perch'egli allora era dal padre antico

      a dar soccorso al re di Francia astretto,

      manderia in vece sua questo Odorico,

      che fra tutti i fedeli amici eletto

      s'avea pel più fedele e pel più amico:

      e bene esser dovea, se i benefici

      sempre hanno forza d'acquistar gli amici.

13

      Verria costui sopra un navilio armato,

      al terminato tempo indi a levarmi.

      E così venne il giorno disiato,

      che


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