Orlando Furioso. Lodovico Ariosto

Orlando Furioso - Lodovico Ariosto


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ch'io ne le sue man m'era creduta.

28

      Poi che gittar mi vidi i prieghi invano,

      né mi sperare altronde altro soccorso,

      e che più sempre cupido e villano

      a me venìa, come famelico orso;

      io mi difesi con piedi e con mano,

      ed adopra'vi sin a l'ugne e il morso:

      pela'gli il mento, e gli graffiai la pelle,

      con stridi che n'andavano alle stelle.

29

      Non so se fosse caso, o li miei gridi

      che si doveano udir lungi una lega,

      o pur ch'usati sian correre ai lidi

      quando navilio alcun si rompe o anniega;

      sopra il monte una turba apparir vidi,

      e questa al mare e verso noi si piega.

      Come la vede il Biscaglin venire,

      lascia l'impresa, e voltasi a fuggire.

30

      Contra quel disleal mi fu adiutrice

      questa turba, signor; ma a quella image

      che sovente in proverbio il vulgo dice:

      cader de la padella ne le brage.

      Gli è ver ch'io non son stata sì infelice,

      né le lor menti ancor tanto malvage,

      ch'abbino violata mia persona:

      non che sia in lor virtù, né cosa buona.

31

      Ma perché se mi serban, come io sono,

      vergine, speran vendermi più molto.

      Finito è il mese ottavo e viene il nono,

      che fu il mio vivo corpo qui sepolto.

      Del mio Zerbino ogni speme abbandono;

      che già, per quanto ho da lor detti accolto,

      m'han promessa e venduta a un mercadante,

      che portare al soldan mi de' in Levante. —

32

      Così parlava la gentil donzella;

      e spesso con signiozzi e con sospiri

      interrompea l'angelica favella,

      da muovere a pietade aspidi e tiri.

      Mentre sua doglia così rinovella,

      o forse disacerba i suoi martiri,

      da venti uomini entrar ne la spelonca,

      armati chi di spiedo e chi di ronca.

33

      Il primo d'essi, uom di spietato viso,

      ha solo un occhio, e sguardo scuro e bieco;

      l'altro, d'un colpo che gli avea reciso

      il naso e la mascella, è fatto cieco.

      Costui vedendo il cavalliero assiso

      con la vergine bella entro allo speco,

      volto a' compagni, disse: – Ecco augel nuovo,

      a cui non tesi, e ne la rete il truovo. —

34

      Poi disse al conte: – Uomo non vidi mai

      più commodo di te, né più opportuno.

      Non so se ti se' apposto, o se lo sai

      perché te l'abbia forse detto alcuno,

      che sì bell'arme io desiava assai,

      e questo tuo leggiadro abito bruno.

      Venuto a tempo veramente sei,

      per riparare agli bisogni miei. —

35

      Sorrise amaramente, in piè salito,

      Orlando, e fe' risposta al mascalzone:

      – Io ti venderò l'arme ad un partito

      che non ha mercadante in sua ragione. —

      Del fuoco, ch'avea appresso, indi rapito

      pien di fuoco e di fumo uno stizzone,

      trasse, e percosse il malandrino a caso,

      dove confina con le ciglia il naso.

36

      Lo stizzone ambe le palpebre colse,

      ma maggior danno fe' ne la sinistra;

      che quella parte misera gli tolse,

      che de la luce sola, era ministra.

      Né d'acciecarlo contentar si volse

      il colpo fier, s'ancor non lo registra

      tra quelli spirti che con suoi compagni

      fa star Chiron dentro ai bollenti stagni.

37

      Ne la spelonca una gran mensa siede

      grossa duo palmi, e spaziosa in quadro,

      che sopra un mal pulito e grosso piede,

      cape con tutta la famiglia il ladro.

      Con quell'agevolezza che si vede

      gittar la canna lo Spagnuol leggiadro,

      Orlando il grave desco da sé scaglia

      dove ristretta insieme è la canaglia.

38

      A chi'l petto, a chi'l ventre, a chi la testa,

      a chi rompe le gambe, a chi le braccia;

      di ch'altri muore, altri storpiato resta:

      chi meno è offeso, di fuggir procaccia.

      Così talvolta un grave sasso pesta

      e fianchi e lombi, e spezza capi e schiaccia,

      gittato sopra un gran drapel di biscie,

      che dopo il verno al sol si goda e liscie.

39

      Nascono casi, e non saprei dir quanti:

      una muore, una parte senza coda,

      un'altra non si può muover davanti,

      e 'l deretano indarno aggira e snoda;

      un'altra, ch'ebbe più propizi i santi,

      striscia fra l'erbe, e va serpendo a proda.

      Il colpo orribil fu, ma non mirando,

      poi che lo fece il valoroso Orlando.

40

      Quei che la mensa o nulla o poco offese

      (e Turpin scrive a punto che fur sette),

      ai piedi raccomandan sue difese:

      ma ne l'uscita il paladin si mette;

      e poi che presi gli ha senza contese,

      le man lor lega con la fune istrette,

      con una fune al suo bisogno destra,

      che ritrovò ne la casa silvestra.

41

      Poi li trascina fuor de la spelonca,

      dove facea grande ombra un vecchio sorbo.

      Orlando con la spada i rami tronca,

      e quelli attacca per vivanda al corbo.

      Non bisognò catena in capo adonca;

      che per purgare il mondo di quel morbo,

      l'arbor medesmo gli uncini prestolli,

      con che pel mento Orlando ivi attaccolli.

42

      La donna vecchia, amica a' malandrini,

      poi


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