L'assedio di Firenze. Francesco Domenico Guerrazzi

L'assedio di Firenze - Francesco Domenico Guerrazzi


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consiglio. Pure se la mia audacia non vi offende, Santità, avete quanto basta pensato alla scelleraggine di costui?»

      «Ella è una cosa questa di cui egli farà i conti col diavolo a suo tempo. A noi anche giova la sua nequizia. E poi imparate gli uomini non essere nè del tutto buoni nè cattivi affatto; — basta sapere adoperarli: — e qui sta l'arte. E così come voi e noi lo riputiamo scellerato e sia, credereste, Giovanni, che un giorno una intera popolazione supplicasse la Regina del cielo per la salute di lui e, conseguita la grazia, consacrasse una tavola votiva a Maria consolatrice?»[101]

      «Il popolo di Dio, per quello che lamentano i profeti, non edificò altari negli alti luoghi e vi adorò Moloc? Ma se la fama è vera, il glorioso pontefice Leone X vostro cugino, ora corrono dieci anni, non fece strangolare in castello Giampagolo padre del Malatesta? Non ha egli da vendicare il sangue di suo padre sopra la vostra famiglia?»

      «Certi beneficii nuovi non tolgono di mezzo ingiurie vecchie; — ora però a tale è condotto Malatesta che, mantenendocisi avverso, la vendetta perderebbe e gli stati; delle due cose, siccome savio, accomodandosi ai tempi, renunzierà ad una, — sarà la vendetta della morte paterna: noi faremo in modo che il giorno per questa non arrivi mai. E poi Nicolò Machiavelli osserva in qualche parte delle sue scritture che gli uomini la morte del padre ti perdonano, la perdita della roba no; e la esperienza ce lo fa toccare con mano.»

      «Renunzierà alla vendetta!... — Ella parmi cosa indegna cotesta del nome italiano; l'inferno aspetta colui che si tura le orecchie per non sentire il grido del sangue de' suoi.»

      «Voi volete dire, il cielo aprirà alla sua anima i tesori delle sue beatitudini.»

      «A Malatesta?»

      «Certo che sì. — Rinunziare alla vendetta è opera meritoria, — rinunziarvi a causa della maggiore esaltazione della Chiesa poi diventa opera anche più meritoria; — non bastando questo, noi gli concederemo l'indulgenza plenaria per le colpe commesse e per quelle che commetterà. — Andate ad aprire la porta...»

      Si era fatto sentire un battere lieve ad una delle quattro porte della stanza: ma così sul subito non riusciva, tranne a coloro che erano pratici, conoscere a quale avessero bussato; sicchè Giovanni Bandini non sapeva come eseguire il comando del Papa. — Questi, accortosi dell'esitanza di lui, alzò la mano e gli additò la destra porta avanti di sè. Il Bandino apriva.

      Dalla porta uscì un nuovo personaggio, e le imposte gli si chiusero, come per moto proprio, senza rumore alle spalle.

      Egli aveva la veste, non la sembianza, di cappuccino; — si gittò giù sopra le spalle il cappuccio esclamando con ardita voce che singolarmente contrastava al mistero col quale era stato introdotto:

      «In fè di Dio avrei molto meglio tolta sul capo una partigiana che questo cappuccio di frate. — E' mi pare che mi abbia spento quel po' d'intelletto che v'era rimasto dentro... Di grazia, il cappuccio di frate costuma sempre così?»

      Il nuovo venuto era un capitano perugino, anima dannata di Malatesta Baglioni; si chiamava Cencio, per soprannome Guercio: alto della persona ed aiutante; di volto ignobile, di colore giallastro, intorno agli occhi un cerchio tra il verde e il violetto, increspato d'infinite rughe in segno di lascivia, e forse anco cagionate da quel continuo stringere dei muscoli visuali che l'uomo fa nei climi di mezzogiorno per le sue costumanze costretto a consumare la vita nei campi aperti inondati dal sole. Il soprannome accennava un difetto di lui; quando la pupilla destra fissava in certo punto determinato, deviava la manca in molto sconcia maniera; quando la manca andava al segno, sbalestrava la destra. Abietto come uno schiavo, arrogante come un compagno ai misfatti d'un principe, insopportabile come un plebeo che reputa l'opera sua necessaria. — Così almeno ce lo descrivono le memorie dei tempi.

      Un raggio di luce piombando dalle finestre superiori circondava la persona del Pontefice. La gravità del volto, la magnificenza delle vesti, la solennità dell'attitudine, santificate, per così dire, da quel raggio solitario, lo rendevano venerabile. — Il petulante soldato gli si accostò nel modo che si usa fra antichi famigliari e non fece atto nessuno di riverenza e di ossequio. Clemente allora stese la mano quasi per vietargli s'inoltrasse più avanti; ma egli gliela prese e, forte stringendola, esclamò:

      «Che Dio vi conceda il buon giorno e il buon'anno, messor lo Pontefice, Voi mi parete, con buon rispetto vostro, Lazaro resuscitato: state lieto, che presto riavrete Fiorenza: su, allegro via: se non sollevate l'animo, davvero, prima di tornare a Roma, ho paura che ve ne andiate a Scesi...»[102] E così continuava.

       Il Papa ritirò la mano, e le guance per vergogna gli diventarono vermiglie. Poco fa un imperatore prostrato gli baciava i piedi, adesso un masnadiere gli stringe la mano non altramente che se fosse un fratello in ribalderia o femmina di partito. Così è: chi si compiace andare per vie fangose, non deve dolersi se s'imbratta i sandali; — e fin dalle età rimote Dante insegnava: In chiesa co' santi, in taverna co' ghiottoni.

      «Santità, che vi par egli? Vi ho servito ha dovere? Avrei voluto riporre i rocchetti d'oro che mi furono consegnati per ordine nostro nel forziere di qualche magnificenza di ambasciatore, ma e' non mi riuscì mai di penetrare di notte nella loro stanza; — e poi, vedete, io non mi sapeva risolvere a perdere que' bei rocchetti d'oro; ho propriamente violentato la mia natura; in fè di Dio, non vi salti in capo un'altra volta di comandare a un soldato che si disfaccia di così ricca roba. Se si tratterà di levargliela... oh! allora la bisogna sarà diversa; di questo me ne intendo più di voi, Beatissimo Padre; avrei loro tolto anche il cuore senza che se ne accorgessero. — Comunque sia, vi ho contentato. — Voi avreste veduto come quel pecorone del Rucellai cascò dalle nuvole quando gli trovarono i rocchetti d'oro dentro la valigia; e fu una bella burla... una burla papale in verità. — Io dei rocchetti non ne ritenni pur uno; — ci potete credere, com'è vero che noi siamo qui; — ci posso giurare sul Sacramento. — Vostra Santità, che comprende il sacrifizio, — lo sforzo, — vorrà ricompensare da par suo la mia virtù.»

      Il volto del Papa non dimostrava nessuna delle interne passioni; e nonpertanto un pensiero di sangue gli traversava l'anima: quel giorno era l'ultimo pel masnadiere, se la restante sua vita non avesse dovuta adoperarsi nel tradimento in favore di papa Clemente.

      Il Papa, non gli bastando rendere i suoi concittadini infelici, che nel suo perfido consiglio li voleva anche infami, meditò l'oltraggio di far nascondere i rocchetti d'oro nelle valigie degli ambasciatori e come frodatori di gabelle vituperarli alle porte di Bologna, i ricordi dei tempi raccontano essersi indotto a simile turpitudine pei mali conforti di Baccio Valori. La giustizia divina vedremo un giorno premiare costui secondo i meriti suoi con un guiderdone di sangue; ora i Medici esaltano l'empio cittadino. — Alla distruzione della patria egli vigila commessario del Papa nel campo. — Cammina per la tua via; Dio non paga il sabato; intanto i Medici ti porgono la sinistra con una borsa di danaro, tu non vedi la destra; tempo verrà che ti daranno anche quella e armata di scure sul capo. — Però il fatto riuscì diverso dal come lo avevano immaginato. I soldati commossi all'oltraggio onorarono gli ambasciatori; il popolo sospinto all'insulto, accortosi dell'inganno, applauso alla venuta loro meglio non avesse fatto a Carlo V. — E il Papa, che aveva raccolto quel fango senza potere insozzarne i suoi concittadini nel volto, si rimase con le mani imbrattate.

      «Orsù via», interruppe Clemente a gran pena frenando l'impeto dell'ira, e nondimeno favella con parole sommesse e gli angoli della bocca dilata quasi al sorriso, «soldato, adempi la tua commissione: — affrettati a dirci, perchè il nostro tempo ci è caro, se il tuo signore Malatesta, risovvenendosi alfine di essere figlio e suddito della Sedia Apostolica, si delibera abbandonare le parti dei ribelli che ha tolto a sostenere. S'egli vuol farle, si faccia ed in breve; dacchè, consenta egli o repugni, poco importa alla somma delle cose, la quale sia nell'arbitrio nostro; noi ci volgiamo a lui solo perchè ci punge paterna cura di vederlo rientrare nel grembo di santa Chiesa, la quale come madre amorevole le andate ingiurie dimenticando gli apre le braccia; — perchè vogliamo risparmiare l'effusione del sangue cristiano; — perchè non rimanga guasta la terra.»

      «Papa Clemente, voi siete nato vestito: — a Malatesta tarda uscire di Fiorenza quando a voi tarda di entrarvi; ed anzi, quando presi commiato da lui, mi richiamò addietro e mi raccomandò significarvi...


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