L'assedio di Firenze. Francesco Domenico Guerrazzi
il vostro tempo, ed a me preme anche il mio), ecco di che si tratta: e' mi hanno fatto sapere come qualmente la Signoria ordinò si gridasse per le strade e si appiccasse su pei muri un bando, affinchè chiunque si trovasse da avere figliuoli da diciotto a trentasei anni ed ori ed argenti, li portasse al palazzo della Signoria per essere adoperati in difesa della nostra patria... Ora mi trovo ad avere questo figliuolo... — Vieni oltre, Ciapo, e saluta i messeri.»
Qui gli occhi di tutti si fissarono sopra un garzone adolescente tuttavia, ma grande e grosso, di membra validissime, armato di spada, di partigiana e di barbuta. Egli come volle la madre, si avanzò di alcun passo e con piglio soldatesco riverì il gonfaloniere e gli altri adunati. Allora monna Ghita continuò:
«Ciapo non arriva ancora a diciassette anni, ma Ciapo è tale da fiaccare l'ossa con un pugno a quanti qui siete dentro, sia detto senza superbia. Cotesto vostro bando, con reverenza di voi tutti, messeri, non mi sa di nulla. Oh! che? son gli anni che rendono capace di portar arme e affaticarsi nel campo? il mio Ciapo di sedici anni e otto mesi, perchè deve entrare nel diciassette come si arriva alla festa di san Zanobi, può fare quello, e più, che non fa un altro di trenta. Dunque deve farlo ancora egli. Ciapo è buon figliuolo; ha il santo timore di Dio, lavora per la sua povera madre, e prega tutte le sere per l'anima di suo padre. — Da lui in fuori io meschina non ho altri nel mondo. Rimango sola; — ma che monta questo? Quando ho sentito il bando, gli ho detto: Ciapo, prendi la barbuta, la partigiana e la spada di tuo padre e vieni ad arrolarti alla ordinanza della milizia. Adesso ti bisogna difendere tua madre e la tua casa. — Qui Ciapo mi ha risposto: Non ci moviamo, madre mia: per voi, dormite sicura che nessuno vi toccherà la punta di un dito; in quanto alla casa poi, che domine volete che portino via? E' non v'è chiodo d'appiccare il capuccio. — Le quali parole mi fecero impressione, perchè Ciapo diceva la verità, essendo i miei anni tanti da rendermi ora più paurosa del demonio che dei soldati, e la casa ignuda di masserizie quanto il palmo della mano: ma stata alquanto sopra di me, soggiunsi: Va tuttavia, se non difenderai le donne e robe tue, difenderai quelle degli altri; e poi mantenendo questo stato, se un signore ti reca ingiuria, dimani diventa si può dire come te di petto alla giustizia, e tu puoi accusarlo agli Otto, mentre nei reggimenti dove un solo comanda a tutti e sempre, non sai in che modo rifarti. — E senti ancora quello che predicava il beatifico frate Girolamo, perchè non hai avuto il bene di ascoltare quella santissima bocca: — Cristiani e fratelli miei, vale meglio pane di fava in repubblica che pane d'oro sotto il principato. — E Ciapo m'interruppe esclamando: Basta... andiamo. — Io dunque ve l'ho condotto, e vi prego a volerlo accettare, ch'egli mi promesse di portarsi da valentuomo e da figliuolo degno di Bindo del Tovaglia suo padre, che Cristo abbia in gloria.»
Le guancie livide del Carduccio comparvero lievemente tinte in rosso; sciolse un sospiro, e la soverchia commozione gli troncò la parola. Gli altri, rimordesse coscienza o maraviglia esaltasse, tacevano. — La donna soggiunse:
«Solo vogliate nutrirlo, imperciocchè io non potrei fare le spese a me ed a lui. — Oh! un'altra cosa. Davvero ella è una miseria, ma ogni pruno fa siepe:» (così favellando monna Ghita si fruga per le tasche) «in fondo della cassa ho trovato questo paro di gocciole d'oro che mio zio Baccio aggiunse alla donora quand'io andai a marito; se avessi trovato di più, di più vi avrei portato; e mi ricordo che mi disse esserci il valsente di meglio che quattro fiorini d'oro, e averglielo affermato con sacramento l'orafo che sta da San Brancazio: — io non ci credo, perchè gli orafi vivono senza fede nè legge; nondimanco, costino quello che costino, varranno a pagare una settimana un uomo d'arme. — Messeri, state sani; il Signore vi dia il buon giorno e il buon anno. Badate ad avere cura della patria: io per me torno a badare al filatoio: se avete seta da filare, vi sovvenga di monna Ghita, nel borgo San Friano; tutti v'insegneranno la mia casa, perchè la chiesa conviene che campi sopra la chiesa. Ciapo, figliuolo mio, ricórdati, davanti al Crocifisso che tengo a capo del letto, avermi promesso di tornare ad annunziarmi libera patria, o non tornare più: attendi a mantenermi la promessa, perchè se mi capiti in casa vinto, io ti chiudo l'uscio in faccia e dico al vicinato averti raccolto per la strada, non già portato in questo fianco nè con questo seno nudrito: hai tu inteso? Addio.»
Il Carduccio, alzate le mani, corse ad abbracciare la donna e intenerito esclamava:
«Ghita, se la repubblica contenesse dieci cittadini dell'animo vostro, il nemico non accamperebbe adesso sotto le mura di Fiorenza.»
E gli altri, simulando od esprimendo verace ammirazione, l'erano attorno celebrandola con ogni maniera di lode. La donna, districandosi da loro, come selvatica, con alta voce gridò:
«Mal concetto, messeri, prendo di voi; ed ora incomincio a dubitare della patria davvero, perchè voi tanto non levereste a cielo il debito del buon popolano, se aveste cuore e volere da soddisfare al vostro. Badate che al cavare delle tende non si abbia a dire di voi come del perdono di sere Umido: baci di molti, e quattrini punti[122].»
Iacopo Nardi, tratta fuori di tasca una carta, notava; e quando ebbe notato la piegò e se la ripose diligentemente in seno, mormorando: — Quando ogni altro esempio di virtù ai nostri tempi mancasse, questo unico basterebbe a farmene scrivere la storia[123].
Michelangiolo anch'egli non alitava, l'anima tutta gli si era trasfusa negli occhi; l'osservava in ogni suo moto nel girare dei muscoli, nello stringere delle ciglia. E non contento di starsi alla superficie, le penetrava oltre la cute e, per così dire, indovinava la recondita notomia di quel volto: dardeggiando veloce lo sguardo da lei ad un foglio e dal foglio a lei, con la mano rivelatrice dell'alto intelletto effigiava il tipo della parca che taglia la vita, la quale poi dipinse con le altre due compagne, meraviglia dell'arte, nella tavola che si conserva nella galleria di Palazzo Pitti a Fiorenza.
«Magnifici signori,» disse un mazziere della Signoria entrando in fretta, «gli oratori spediti a Bologna, arrivati a Porta San Gallo, hanno mandato un cavallaro innanzi per avvertirvi che scavalcheranno al Palazzo.»
«Ordinate che cessino di sonare la campana: — se vi aggrada, messeri, possiamo scendere in sala. — Voi, monna Ghita...» La donna era scomparsa; e quando nello scendere le scale, il gonfaloniere si accostò al balcone, la vide traversare veloce la piazza, come vogliosa di rimettere il tempo perduto.
Entrarono nella sala, assai diversa da quella che ai tempi nostri vediamo. Non per anche ella appariva contaminata su le pareti con le immagini di due atroci ingiustizie, una della Repubblica, l'altra del Principato, voglio dire le guerre di Pisa e Siena. — Non per anche i popoli, ponendo il piede dentro quel recinto, sentivano comprendersi dal ribrezzo al pensiero dell'incesto quivi commesso dal primo gran duca Cosimo dei Medici, d'iniqua memoria, sopra la sua figlia Isabella. — Ella era quale l'aveva ordinata frate Girolamo Savonarola al suo amico Simone detto il Cronaca, semplice, bassa, scarsa di lumi, col solaio scompartito a quadri di legnami, larga braccia trentotto, lunga novanta. Mai non avevano fabbricato in Italia sì vasta sala nè i Veneziani nè i papi nè i duchi di Milano o i re di Napoli. Quando la voce di frate Girolamo fece prevalere il reggimento popolare al governo dei pochi, che aveva durato sessant'anni in Fiorenza, provvidero si costruisse un locale capace di contenere tutti i cittadini adunati in consiglio generale. Il buon Simone con tanta prestezza attese si conducesse a termine che lo stesso Savonarola ebbe a dire «che gli angioli in quell'opera si esercitassero in luogo di muratori ed operai perchè più presto fosse finita[124].»
Quantunque io abbia affermato poc'anzi che il Savonarola[125] predicando facesse un reggimento largo e popolare prevalere allo stretto e dei pochi, già non si creda ch'ei partegiasse a rendere la plebe signora, dominio acerbo quanto quello del tiranno. Fu pei suoi conforti composto il Consiglio prima di ottocento trenta, poi di mille settecento cinquantacinque cittadini, oltre i trent'anni, amorevoli della repubblica, netti di specchio. Imperciocchè egli sapeva essere le adunanze della plebe istrumento certissimo di servitù; epperò quando i cittadini ambiziosi non potevano vincere co' modi legali, s'ingegnavano chiamare la plebe in piazza, rimettere in lei l'autorità del governo e lusingarla o costringerla ad eleggere alquanti uomini i quali avessero soli autorità di riformare lo stato quanta ne aveva il popolo di Fiorenza tutto insieme. I quali due modi si chiamavano parlamento e balía. E la storia aveva insegnato esserne derivati pessimi effetti, simili a quelli che anticamente partorirono nella repubblica romana e in tempi più recenti nel regno di Polonia,