L'assedio di Firenze. Francesco Domenico Guerrazzi

L'assedio di Firenze - Francesco Domenico Guerrazzi


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per farsi restituire le fortezze di Livorno e di Pisa: fin qui la colpa tutta del popolo; imperciocchè, se egli avesse sostenuto la fazione dei giovani, nè i Medici sarebbero usciti, nè gli avrebbe lo Strozzi accompagnati. Consigliava la ragione di stato i Medici e i cardinali Cortona, Cibo e Ridolfi si sostenessero per cambiarli poi con alcuno dei più notabili nella guerra futura, o, come fecero i Romani della testa di Asdrubale, balestrarne i capi mozzi tra le genti del papa, quando ei si fosse attentato assediare Fiorenza, mettendo così tra il popolo e il suo tiranno il sangue e la disperazione: quello che maggiormente nuoce in simili imprese è tenere l'animo vôlto agli accordi; perchè i codardi vanno rilenti alle offese, le difese o poco curano o del tutto abbandonano, e la patria rovina. Bentosto se ne raccolsero gli amari frutti; Filippo Strozzi, per tale una causa che la fama bisbigliò sommessa, e la storia tacerà vergognando, perocchè ella sia vergine e musa, lasciò fuggire Ippolito a Lucca; e per ricuperare le fortezze, oltre alla perdita del tempo, tra Piccione contestabile della fortezza di Pisa e Galeotto da Barga di quella di Livorno vi si spesero meglio di quindicimila scudi. Francesco Nori e la Signoria depongono l'ufficio; non aspettano il giugno per convocare il consiglio; determinato il modo di eleggere il gonfaloniere, l'adunano sul finire di maggio e creano Nicolò Capponi. Il consiglio eleggeva, il Capponi accettava; fallo grave nel popolo, nel Capponi gravissimo: errò il popolo, il quale andava immaginando che, come egli aveva ereditato dal padre Pietro le sostanze, così pure avesse dovuto redarne quell'impeto che valse a salvare la città dalle cupidigie francesi e rendere il suo nome immortale; errò ancora, perchè non conobbe la temperanza e la moderazione di Nicolò, in tempi quieti lodevoli, avrebbero a mal partito ridotto la città nei casi presenti, dove si chiedeva consiglio audace ed opera piuttosto avventata che gagliarda: ma sopratutto il Capponi e sè stesso mancava ed alla patria: forse Dio, che può leggere nei cuori, e le colpe misura dalla intenzione, lo perdonerà, non derivando i suoi falli da mal volere; ma non può perdonarlo la storia: ardua cosa e per avventura impossibile alla mente umana investigare le cause segrete dell'animo; e poco rileva conoscere se l'effetto sinistro si parta o da talento pessimo o da mancanza di cuore; ella giudica dall'utile o dal danno: per la qual cosa tu puoi sentenziare in coscienza che Nicolò Capponi fu traditore alla patria. L'uomo che si reca sopra le spalle il carico tremendo di porsi a capo dei tumulti dei popoli e indirizzarli al risorgimento si metta una mano sul cuore e senta se col buon volere Dio vi trasfuse la potenza: tale egli deve accogliere e tanto cumulo di qualità diverse, discordanti ed anche contrarie, ch'io per me raccapriccio in pensarvi; un cuore infiammato di carità, poetico quanto quello di Platone nel contemplare la bellezza del fine, ed una mente severa come un teorema d'Euclide; egli buono, alle umane miserie soccorrevole, amico e padre di tutti, quando il bisogno lo stringa, deve con fronte imperturbata tal dare principio alla sua orazione nel consiglio dei padri: «Anche ventimila capi recisi, e la repubblica è salva!» — Se gli si parano nelle vie i figli, Giunio Bruto gli spense; se il padre, Marco Bruto l'uccise: e i posteri entrambi hanno salutato sublimi. Nelle cose politiche il delitto comincia soltanto là dove la necessità cessa. Quindi consideri con profondo consiglio le condizioni del popolo: dove la morte della parte corrotta valga a fruttare libertà, lui celebreranno gli uomini salvatore e Dio se ci adoprerà la scure: dove poi i partiti sanguinosi rimangano inerti se le genti prima di morire, renunziato l'alito divino, si convertirono in creta, se la speranza, rivolta a terra la fiaccola, la spenge piangendo su quella città come sopra un sepolcro, allora, la fama di crudele evitando, lasci arbitro della morte chi creava la vita; ad esempio delle vergini di Sion, l'arpa appenda al salice e pianga, o del tutto si taccia, perocchè nei regni della disperazione ogni suono rincresca, anche quello del pianto. Nicolò Capponi non ebbe la mano forte da cacciarla nei capelli di un popolo assopito e squassarlo ferocemente affinchè si svegliasse; i Medici non aborriva; un governo di ottimati desiderava; però i Palleschi non ispengendo, lasciavali vivere a macchinare danni alla patria: offendere gli uomini per volontà o per necessità è trista cosa, pessima poi offenderli e lasciarli in condizione da vendicarsi; avesse almeno tolta loro la roba! Chè con minore efficacia si sarebbero allora travagliati contro la repubblica, ed egli provveduto di pecunia, la quale come avvantaggiava le cose nostre, così quelle degli avversarii riduceva a mal termine. Onde in processo di tempo convenne aggravarsi sui cittadini amorevoli della repubblica, balzello aggiungere a balzello, vuotare in somma le borse di pochi privati senza potere a gran pezza rispondere alle pubbliche spese. Correva pertanto a Nicolò Capponi strettissimo l'obbligo di togliere la vita ai nemici dello stato; se non voleva la vita, le sostanze; se non le sostanze e la vita, almeno la reputazione: nulla fece di questo, che anzi i Palleschi si onorano e tengono in pregio per modo che con esempio pessimo sembra, a volere ottenere favore dalla repubblica, bisogni dichiararsi amorevole al principato[15]. La Signoria, procedendo nei primi decreti cieca e codarda, ai popoli concesse armarsi: il gonfaloniere non solo concederlo, sibbene doveva con severissime pene ordinarlo e a tutti dai quindici ai sessant'anni; la patria dichiarare in pericolo, egli primo donando ogni suo avere, promuovere i sacrificii privati, nella salute della repubblica riporre la speranza estrema dei cittadini; siccome narra la storia di Alessandro Magno, il quale, le munizioni ardendo e i bagagli, costrinse i suoi soldati alla necessità del vincere o del morire. Sovente dall'amore più e meglio conseguiamo che dalla paura; ma se l'amore non basta, vi si adoperi il ferro; abbia il popolo a forza il proprio bene: a forza il tiranno gli mette la mannaia sul collo; sarà misfatto dunque mettergli a forza la corona della libertà sul capo? Il Capponi invece esitò, come uomo che diffida e già disegna l'accordo, e non si accorse che quello sarebbe stato la sua sentenza di morte; non che largheggiare alla patria del suo, tra i concetti atti di reggimento accogliendo la bassa cura di minuti interessi, egli non vergognò avvolgersi per gli opificii della seta e invigilare il compito de' suoi operai; bandiva gli Ebrei dal dominio, raccoglitori acerrimi di danaro e all'occasione o volontarii o costretti sovventori; leggi emanava su le femmine, le taverne e le bestemmie, inutili o perniciose, imperciocchè i costumi non si migliorino in virtù di una legge penale, e perchè chi tutto intende riformare spesso nulla riforma; dipoi, convertito in frate, predicando in Palazzo le orazioni del Savonarola, gridava misericordia e faceva sì che fosse eletto Gesù Cristo re di Fiorenza. L'aiuto divino ottimo: buono non pure, ma necessario invocarlo; però non devono gli stati tanto fidare nel cielo da porre in disparte i provvedimenti terreni. Mentre ogni dì ardevano ceri e cantavano salmi, nè armi raccoglievano nè vettovaglie. Aiutati, che Dio ti aiuta[16]. Certo, ben può il Signore rinnovare il miracolo di Gedeone; ma ella è prudenza questa, commettere alla salute della patria a' soprannaturali sussidii? Quando i cieli mente per concepire e mani per operare compartirono all'uomo, non intesero forse ch'egli di per sè provvedesse alla propria tutela? Nè vuolsi biasimare meco, e sia con pace di voi, fra Benedetto da Foiano, che l'ordinaste (continuava Nicolò piegando alquanto la faccia verso il frate di austere sembianze, il quale stava al diritto lato del giacente), la processione della Madonna della Impruneta per la ricuperata libertà, avvegnachè le diligenze messe in opera nei reggimenti nuovi ad allontanare i tumulti non saprebbero mai essere troppe; ed anche perchè, non essendo cessata la peste, la vedemmo aggravare per quello insolito mescolarsi del popolo. Ma di ben altra riprensione era degno il Capponi quando non pure trascurò afforzare la città, ma ben anche suscitò impedimenti di ogni maniera al divino nostro Michelangelo, il quale intendeva circondare il monte di bastioni: o sia che lasciasse svolgersi dalla opinione universale, essere i monti le mura di Fiorenza, e i pochi non potere assediarla perchè pochi, nè gli assai per mancamento di vettovaglie; o sia che più tristo consiglio lo movesse[17], tolta ogni fidanza nelle armi cittadine, si volse a procurare le mercenarie. Notate la fede! Giovanni da Sassatello, condotto dalla Signoria con ottanta cavalli leggeri, ruba le paghe e se ne fugge al papa; peggio lo strazio per avventura del danno. Don Ercole di Ferrara ebbe onore e soldo di capitano generale della repubblica; ma la repubblica pensate voi che sarà mai per avvantaggiarsi del consiglio e del sangue di un duca nelle battaglie? Ben a ragione la fama ci chiama orbi: da quando in qua vedemmo principi mettere a repentaglio lo stato e la vita a difendere repubbliche? E quasi tanti falli fossero pochi per la rovina della patria, a colmo della misura crearono Malatesta Baglioni governatore generale delle milizie fiorentine. E chi è Malatesta? Un fuoruscito della Chiesa. E donde nasce? Da una famiglia che vince in tradimenti il paragone con quella di Atreo. Or come questi, il quale non seppe mantenersi nelle sue case, vorrà insegnarci a difendere le nostre? Forse imparava egli fuggendo il modo di tener fermo? Colui che potè abbandonare ai nemici le sepolture de' suoi padri, male darà schermo alle dimore dei nostri figliuoli. Già a Dio non piaccia che le
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