Gli albori della vita Italiana. Autori vari

Gli albori della vita Italiana - Autori vari


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non troviamo quasi mai la parola nobiles, che pure s'incontra assai spesso quando si parla di Pisa, di Siena, di Lucca. Ma oltre di ciò, bisogna osservare che questa cittadinanza (se così dobbiamo ora chiamarla) di Fiorentini, che apparisce già formata prima del Comune, non era costituita quale noi ce la potremmo immaginare oggi. Essa era divisa in un numero grandissimo di piccoli gruppi, sopratutto associazioni di arti e mestieri, le quali erano una trasformazione delle antiche Scholæ romane, quali le troviamo a Ravenna ed a Roma in tutto il Medio Evo. Queste associazioni primitive, informi di arti e mestieri, noi le vediamo a Venezia, fin dal nono secolo, ricordate nella cronaca Altinate. E sebbene i documenti e le cronache di Firenze non ce ne parlino, perchè noi non possiamo pretendere di trovare nè documenti nè cronisti d'un Comune che ancora non esisteva, che ancora non aveva proclamata la sua indipendenza, ciò non basta a negare che la cittadinanza fosse già divisa in gruppi più o meno ordinati e costituiti. Questa divisione anzi è quella che ci fa intendere come mai, prima che fosse nato il Comune, la società potesse prosperare di ricchezza e di forza, tanto da muoversi qualche volta a far guerra per proprio conto. Il governo locale s'andava formando in queste associazioni embrionali, le quali, coi loro capi, reggevano la cittadinanza, senza bisogno d'un governo centrale; così la prosperità poteva crescere e l'indipendenza esistere di fatto, prima che di diritto, prima che il Comune fosse nato. Di maniera che alla contessa Matilde bastava avere nella Città un presidio composto di Fiorentini, i quali, in nome di lei, facevano quello che la Città voleva. Ai Fiorentini non giovava dichiararsi indipendenti prima del tempo. Quando si fossero allora separati dalla Contessa, questa, col solo abbandonarli, li avrebbe lasciati in balìa di tutti quei nobili che d'ogni lato li circondavano. Prima dunque d'arrischiarsi ad un tal passo ardito, dovevano mettersi in grado di poter combattere e demolire i vicini castelli, sentirsi forza sufficiente a condur soli una guerra lunga e difficile. Perciò essi tardarono tanto, e così può dirsi che il Comune esista già prima che sia nato.

      Nel 1081 noi troviamo che l'imperatore Arrigo concedeva ai Lucchesi di poter liberamente commerciare nei mercati di San Donnino e Capannori, dai quali esplicitamente escludeva i Fiorentini. Ciò vuol dire che il commercio di questi era già grande abbastanza e temibile, in un tempo nel quale noi siamo ancora lontani dal veder sorgere il Comune. Con gli artigiani v'erano anche delle famiglie di signori, di grandi, che si chiamavano Sapientes, Boni homines, i quali a Firenze non erano nè conti nè visconti o duchi; erano quasi sempre nobili decaduti, che, non potendo vivere nel contado colla società feudale, s'erano ridotti in Città, o erano nuovi ricchi, saliti su dal popolo, col quale serbavano sempre stretti legami. Erano anch'essi associati fra loro, e possedevano in comune delle torri, intorno alle quali cominciarono a formare le cosidette Compagnie o Società delle torri.

      Tali sono le condizioni in cui noi ci possiamo immaginare Firenze, prima che il Comune nascesse. E tanto è vero che i Fiorentini avevano già di fatto una indipendenza reale, prima che avessero una indipendenza legale, che noi troviamo nel 1107, nel 1110, nel 1113 tre guerre da essi combattute contro i vicini castelli di Monte Orlando, di Prato, di Monte Cascioli, vincendo i Cadolingi e gli Alberti, conti allora potentissimi. E queste guerre furono condotte nell'interesse commerciale delle Città, contro il feudalismo, il che ci riconferma nella opinione, che le forze crescenti della cittadinanza venivano dal commercio e dall'industria, e che gli artigiani dovevano formare la parte principalissima di quella cittadinanza, se tutto si faceva a loro vantaggio.

      Un altro fatto che, in tanta scarsità di notizie, ha pure la sua importanza, si è che nel 1113, quando i Pisani andarono all'impresa delle Baleari contro i Saraceni, temendo che la loro città potesse essere assalita dai Lucchesi, ne affidarono la guardia ai Fiorentini. E questi presero subito il loro campo fuori delle mura, con ordine ai soldati, che nessuno, pena la vita, osasse entrare nella Città, perchè non volevano che fosse fatto ingiuria ad alcuno, sopra tutto alle donne: non volevano che la lealtà fiorentina potesse essere neppure un momento sospettata. Uno solo, violando le leggi della disciplina, osò entrare in città, e fu messo a morte. I cronisti raccontano tutto ciò con molti particolari che tradiscono la leggenda. Nondimeno questo ed altri simili racconti ci dicono, che i Fiorentini erano allora in concetto di una grande lealtà d'animo, di una grande moralità di costumi, e ciò risponde anche a tutte le descrizioni che i cronisti ci fanno dei tempi più antichi del Comune, risponde alla descrizione che ci fa Dante di Firenze, quando viveva sobria e pudica. Il Villani si ferma con orgoglio a descrivere la semplicità di quei costumi, e finisce col dirci, che una dote di 100 lire era allora una dote comune, e una di 300 lire era tenuta dota isfolgorata. Dal che noi possiamo nuovamente concludere, che nella Città non potevano esservi ancora nè una vera aristocrazia, nè costumi feudali. Vediamo semplicemente i costumi dei primi artigiani fiorentini, costumi che continuarono a durare un pezzo nella loro antica purità.

      Ma perchè tutti questi fatti non hanno grandi narratori, non hanno molti documenti? Torniamo a ripeterlo, perchè il Comune non era nato, non poteva quindi fare trattati in suo nome; e se combatteva per proprio conto, lo faceva col consenso di Matilde, dalla quale tuttavia dipendeva, dalla quale non era e non voleva essere indipendente, perchè non gli conveniva.

       Indice

      Ed ora, o Signori, siamo all'anno 1115, anno in cui muore la contessa Matilde, e l'indipendenza del Comune incomincia. Come incomincia? Prima di tutto l'esercizio principale del potere di Matilde in Firenze, consisteva nel rendere giustizia solenne nei tribunali che presiedeva; e noi abbiamo in fatti molte sentenze da lei pronunciate. Un dotto scrittore tedesco ha esaminato queste sentenze, ed ha osservato che in esse, a poco a poco, il carattere germanico margraviale del tribunale si andava alterando, sotto l'azione crescente del diritto romano. E quale era questa alterazione? Secondo l'antica usanza, il presidente del tribunale pronunziava solennemente le sentenze, le quali esso formulava col parere dei giudici. A poco a poco l'importanza dei giudici crebbe in maniera, che il presidente divenne inattivo, fece cioè poco più che pronunziare la sentenza da altri apparecchiata. Questo fatto semplicissimo portò che la presenza di Matilde cominciò a divenire quasi superflua, a segno che essa di tanto in tanto non intervenne nei giudizii, lasciando i tribunali a sè stessi. Negli ultimi quindici anni della sua vita, noi infatti non la vediamo quasi più comparire nei tribunali fiorentini. I giudici che spesso erano fiorentini, pronunziarono allora essi le sentenze, e così i cittadini si trovarono già fino dai tempi della Contessa, ad esercitare uno dei principali attributi della sovranità. Di maniera che, quando essa morì, restò un popolo, che non era ancora libero e indipendente davvero, ma che aveva già fatto guerre per proprio conto, e si amministrava da sè stesso la giustizia.

      Quando la contessa Matilde scomparì dalla scena del mondo, vi fu nell'Italia centrale un periodo di estrema confusione. Essa aveva lasciata erede di tutti i suoi beni la Chiesa, la quale perciò voleva assumere il governo della Toscana. Ma il Margraviato apparteneva all'Impero che voleva riprenderlo. La Contessa poteva disporre dei soli beni allodiali, non dei feudali. Distinguere gli uni dagli altri non era facile, spesso non era possibile; e così ne nacque una crisi economico-sociale-politica. Il Margraviato ne andò in fascio, e le sue varie parti si separarono, per mancanza di un'autorità superiore che potesse esercitare il potere. In mezzo a questo stato di cose, Firenze si trovò libera e indipendente, senza quasi avvedersene, senza quasi sentire il bisogno di avere un nuovo governo. La società era già tutta quanta in mano delle associazioni; di un governo centrale v'era appena bisogno. Quelle famiglie che avevano comandato il presidio, che avevano amministrato la giustizia in nome di Matilde, continuarono a farlo in nome del popolo, e furono i Consoli del Comune. Quale è il primo segno di questa indipendenza? La ripresa della guerra contro il Castello di Monte Cascioli, che fu demolito e bruciato. Questo fatto ebbe una speciale importanza.

      L'imperatore Arrigo IV aveva mandato un tale Rabodo a restaurare l'autorità dell'Impero in Toscana. Questi, a San Miniato al Tedesco (che allora cominciò ad essere così chiamato) raccolse i nobili, per riprendere, in nome del suo sovrano, il potere; andò poi alla difesa di Monte Cascioli e i Fiorentini, combattendo il Castello, combatterono il vicario e lo uccisero. Così essi presero finalmente il loro partito, e dichiarandosi avversi all'Impero, divennero un Comune indipendente, senza quasi accorgersene. E questa


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