Una notte fatale ovvero il racconto dell'esiliato. R. A. Porati

Una notte fatale ovvero il racconto dell'esiliato - R. A. Porati


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lasciatemi.

      —Via, non sentite come piove? bramate proprio inzupparvi tutta?

      —Non ne avrei il tempo perchè abito qui vicino.

      —Lo so, sul corso di Porta Nuova.

      —Avete fatto molto male a seguirmi, disse la biondina in tuono di dolce rimprovero.

      —Ebbene, se ciò vi dispiace, non lo farò più, ma stassera è inutile che insistiate, vostro malgrado vi accompagnerò coll'ombrello.

      —Oh, siete pur ostinato; e la biondina per la prima volta alzò gli occhi in volto allo sconosciuto.

      Era un bel giovinotto.

      —Sono sempre ostinato quando si tratta di esser utile a qualcheduno; diss'egli cortesemente.

      —In allora, se volete proprio….

      —Ebbene?

      —Se volete proprio accompagnarmi, datemi il vostro braccio.

      —Ah, così va bene; ora eccomi ad un posto che invidieranno certamente tutti quelli che incontreremo.

      —Non ne incontreremo molti, state certo.

      —E voi non temete far sempre sola queste vie così deserte?

      —Che volete si faccia ad una povera tosa che corre da suo padre?

      —E perchè non v'accompagna vostro padre? le domandò il damerino.

      —Poveretto…. è vecchio ed infermo.

      —Ebbene, farò io quel che non può far lui.

      —Cioè?

      —Tutte le sere, se voi me lo permettete, verrò a prendervi al magazzeno e vi restituirò nelle sue braccia.

      —Nossignore, nol permetterò.

      —Voi non avete amanti, mi diceste.

      —E non ne avrò mai.

      —Non fate così; sentite, voi siete molto bella, vedervi chi ha un cuore in petto, bisogna che v'ami; ebbene, io l'ho questo cuore, vi vidi e v'amai. Sareste voi tanto cattiva da respingere l'amor mio? Noi ci vedremo tutti i giorni, pensate alla felicità di quei momenti che passeremo insieme uniti coi dolci legami di un puro affetto.

      —Ma mio Dio, bisogna lasciar fare all'amore chi ne ha il tempo; noi ragazze del popolo non possiamo. È vero che per prendere marito è necessario farsi l'amante, ma però non andiamo per le lunghe, noi; s'egli è bello, s'egli è buono, se ci conviene insomma ce lo sposiamo e buona notte, altrimenti alle sue prime dichiarazioni gli si fa capire che non fa per noi, ed in tal modo, vedete, schiviamo quegl'infiniti dispiaceri, che come si legge sui libri, colgono sempre chi ha troppa fiducia nell'amore.

      —Ebbene, insistè nuovamente il damerino, ditemi una parola, ed io domani, questa sera istessa vengo da vostro padre e vi chiedo in isposa.

      «Noi compereremo una casetta in campagna, poichè io amo molto l'aria pura e la vita semplice dei campi; abbandoneremo la città, ed i giorni scorreranno per noi felici, la vita priva di lagrime e di dolori ci farà credere d'anticipare quella del cielo.

      «Avremo una famiglia; oh! qual gioia in allora veder i nostri figli correr leggieri pei prati, condurli alla mattina sulla vicina collinetta ad assistere allo spettacolo sublime del sole nascente, divider con loro le innocenti gioie, i loro stessi trastulli ed alla sera mentre dormiranno il sonno degli angeli, sull'agile barchetta, solcando le argentine onde del lago, ai pallidi raggi d'una mesta luna, stretti in ineffabili amplessi vagheremo per quelle incantate regioni ove per qualche momento è dato trasportarsi nei lieti giorni della vita a quei fortunati amanti che il propizio fato ha riuniti.

      «Tutto ciò, vedete, dipende da voi, una vostra parola può cangiare questo sogno nelle più ridente realtà.

      «Suvvia adunque, a che state pensosa? Non vi garba forse la campagna? Ebbene, noi vivremo in città, e voi farete invidia a tutte le eleganti signorine di Milano.

      «Come l'ape coglie l'etere svolazzando di fiore in fiore, così noi godremo di tutti quegl'infiniti piaceri che offre di continuo la bella capitale; teatri, salons, feste, tutto sarà per voi; sarete un astro così fulgido di luce che eclisserà in passando anco i soli più superbi del nostro mondo elegante.»

      Vedremo se queste parole gli partivano sincere dal cuore, oppure se erano frutto della più bassa perfidia.

      Come qualunque altra fanciulla, la biondina si sentì travolta, incantata, affascinata dal lusinghevole linguaggio del giovine; buon per lei che ebbe ancora il coraggio d'ascoltare una voce che le rammentava il dovere.

      Assumendo quindi un contegno assai grave si volse allo sconosciuto e rispose:

      —Voi mi parlaste franco, o signore, e voglio credere anche seriamente, permettete che ancor io faccia lo stesso: ascoltate.

      «Due anni or sono, colpita da improvviso malore, io perdeva mia madre.

      «Nella breve ora della sua agonia, mentre al capezzale io disfogava in lagrime il dolore dell'imminente perdita, la moribonda dopo d'avermi dato quei saggi consigli che l'esperienza le suggeriva, mi disse con voce solenne:

      «—Datti pace, figlia mia, poichè se la morte inesorabile ti toglie la madre, ti rimane però sempre il padre tuo, che t'ama tanto. Egli giace infermo, ma rammentati che quel miserando stato lo deve ai disagi sofferti ed alle ferite ond'è crivellalo il suo corpo, toccate sul campo della gloria. Tu lo sai, egli è veterano dell'armata di Pasquale Paoli, fu compagno a quel valoroso principe tanto nella prospera come nell'avversa fortuna, combattè con lui tutte le battaglie dell'indipendenza della Corsica; onde tu vedi ch'egli è degno di tutto il tuo rispetto. Io era l'unico sostegno della mia famiglia, e fra pochi momenti non sarò più; guai se tuo padre si vedesse perciò costretto a rivolgersi alla pubblica compassione; tu non sai qual'anima altera racchiude il suo corpo malaticcio; a te adunque il sacro obbligo di vegliare al suo soccorso, soddisfare con onesti guadagni i suoi molti bisogni, e far in modo ch'egli non abbia a rimpiangermi troppo sovente. Dall'alto del cielo io veglierò su te, pregherò Iddio onde ti guardi da ogni sciagura, ed allorquando lassù ci rivedremo, fa ch'io possa dire abbracciandoti: figlia mia, tu hai compiti saggiamente i tuoi doveri.

      «Commossa dalla solennità del momento, io giurai sagrificarmi tutta intera alla felicità di mio padre, ed onde nessuno mi togliesse quell'affetto che a lui solo voleva consacrare, feci voto di vivere fanciulla al di lui fianco, sin che a Dio piacesse chiudere i suoi occhi al sonno eterno.

      «Voi vedete adunque, mio signore, ch'io non posso accettare la vostra proposta; manterrò i miei giuramenti, poichè mi fu detto che

      È la sventura

       Retaggio eterno della spergiura.

      «Ora, continuò la giovinetta fermandosi vicina ai Portoni di Porta Nuova, permettete ch'io vi ringrazi del disturbo che vi siete preso; io abito in questa casa, mio padre n'è il portinaio, ed egli mi attende; dunque, buona notte!»

      E fatto un grazioso inchino, leggera come una silfide mezza donna e mezza nube, senza neppur dar tempo all'incipriato ganimede di rispondere una parola, ratta fuggì sotto l'atrio della porta.

      Ma il giovinetto, che quell'addio così asciutto non gli andava troppo a sangue, sperando inoltre di vincere con altri argomenti i sensi troppo severamente onesti della leggiadra fanciulla, la seguì correndo, e cintole colle braccia l'esile corpicino, stava per deporre un bacio su quella candida fronte; ma la ritrosa dibattendosi stizzita, svincolossi con qualche sforzo dall'amplesso ardito, lesta aprì l'uscio che metteva al portinaio, e lo rinchiuse sul naso del giovinotto.

      Egli la vide gettarsi nelle braccia d'un vecchio adagiato immobile sur un ampio seggiolone, e baciarlo ripetutamente in volto.

      Con occhio invido contemplò quella scena d'amore; che non avrebbe dato per uno di quei baci? Indi comprendendo che nulla più aveva a sperare, si tolse di là molestato da mille diversi pensieri.

      —Davvero


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