Apologia della vita politica di F.-D. Guerrazzi. Francesco Domenico Guerrazzi

Apologia della vita politica di F.-D. Guerrazzi - Francesco Domenico Guerrazzi


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se dall'adozione della proposta Legge avesse egli potuto temere nocumento per lo acquisto della Indipendenza nazionale, certo che il Senato avrebbe avuto il coraggio, inspirato dal dovere, di palesare francamente non essere ancora venuta la opportunità di approvare una Legge, che invece di partorire i benefici frutti che si desiderano, avrebbe anzi attirato sopra la Italia le calamità che più si vogliono fuggire. Così non temendo il Senato questi mali, si conduceva più facilmente a servire al principio che lo aveva condotto alla unanime persuasione di dovere adottare la Legge proposta; e quando la Commissione esprimeva al Senato questo pensiero, esprimeva appunto il pensiero che unanimemente le Sezioni avevano accolto

      Ma il voto unanime non giova, il voto segreto neppure, molto meno la mancanza di qualsivoglia obietto nel seno delle Sezioni; non giova il silenzio delle tribune assistenti alla discussione del Senato, non giova la solenne dichiarazione, che i Senatori avrebbero avuto il coraggio di rigettare la Legge dove l'avessero reputata dannosa: l'Accusa li pretende ad ogni modo costretti a votarla sotto la impressione del terrore; e se essi lo impugnano, l'Accusa predicherà, che non sanno quello che dicono, e che ella lo sa per loro, e meglio di loro, ed anche contro a loro, perchè così le fa comodo di sapere; e badino a stare cheti, che nel Senato han favellato assai. O Accusa!.... Accusa!.... Accusa!....

      L'Accusa, non ci ha rimedio, è ferocissimamente incaponita a pretendere violati i Senatori, come a volere me non tocco, negli atti co' quali, e nei quali venne a consumarsi la perduellione.

      Io per volere del Principe dettai il Programma ministeriale e il Discorso della Corona. In questi Documenti, afferrato il concetto avventuroso della Costituente, badai a renderlo benefico con le dichiarazioni solenni: «La Costituente ha da essere pegno di amicizia, non offesa ai Popoli amici, molto meno impedimento a conseguire la suprema delle necessità nostre, la Indipendenza Italiana. Quindi preparandola noi, non vogliamo togliere che venga convocata in città più inclita della nostra, comecchè nobilissima ella sia; e neppure vogliamo proseguirla in guisa, che non riesca per poca autorità del nostro Stato, o turbi le relazioni fraterne co' Popoli vicini.» — (§ 12 del Programma ministeriale.)

      Prima gettai il principio che la Costituente avesse ad essere motivo di unione con gli altri Stati; la quale cosa importava che non si dovesse turbare la Italia con proposte importune di mutamenti politici: quindi, per ovviare ad acerbe censure, posi la suprema necessità della concordia per la guerra della Indipendenza: più tardi, persuasi che le quistioni governative si aggiornassero: infine, che la Costituente avesse a presentare due stadii; il primo di difesa, il secondo di forme; nè si muovesse parola intorno al secondo finchè non fosse conseguito il grande scopo della Indipendenza italiana; e, quantunque non senza molta difficoltà, indussi il Presidente del Consiglio ad abbracciare questo partito, conforme apparisce dalla Circolare ai Rappresentanti del Governo toscano presso i Governi italiani del dì 8 novembre 1848.[123]

      L'Accusa, che si mostra così curiosa a ricercare sui Giornali cose che valgano a danneggiarmi, o perchè non lesse le acerbe polemiche dirette principalmente contro me, rimproverando la falsata indole della Costituente, la fede pessima di attenuarla, e ridurla in fumo?[124] In quanto a me, suonavano coteste accuse ingiuste, imperciocchè io avessi bene aderito alla Costituente, ma a patto che non fruttasse seme di discordia fra gli Stati Italiani.

       Intanto si ritenga che mercè gli sforzi miei, cui aderì la maggioranza del Consiglio ministeriale, la Costituente doveva presentare due stadii: 1º la guerra; 2º gli ordinamenti interni aggiornati dopo lo acquisto della Indipendenza. — Domando in grazia di bene avvertire questo fatto a cagione della importanza delle conseguenze che ne scaturiscono.

      Rimaneva a discorrere del tempo, del luogo, delle condizioni del mandato.

      Tutto questo rimase indeterminato, e non senza consiglio. La stampa chiedeva il luogo fosse Roma, il tempo il 5 febbraio, giorno della convocazione della Costituente romana, il mandato illimitato; dei due stadii non si voleva sentire parlare, — perchè, nei concetti del Partito repubblicano, senza ordinamenti nuovi non si poteva acquistare la forza necessaria per combattere la guerra della Indipendenza.

      Riguardo al luogo, io m'ingegnavo non impegnarmi per iscegliere il più conveniente, e di Roma (se non vado errato) sempre si astenne favellare il Ministero. Procurai rimanesse incerto il tempo, per evitare la coincidenza del 5 febbraio richiesta dalle pretensioni popolari; e a questo preciso scopo nella seduta del 22 gennaio 1849 mi sforzai a fare discutere la Legge sul Bilancio del 1849 prima della Costituente, richiamando l'attenzione della Camera sopra la prima Legge, e confortandola a deliberare con pacato consiglio. Ecco le mie parole: «Crede il Ministro dello Interno fare atto di coraggio, quando profferisce parole che sieno argomento a temperare la bella, ma soverchia, voglia del Popolo. Sta al Popolo concepire le nobili passioni, ma sta al Ministero il grave carico di attuarle e renderle possibili. Ora dunque desidererei che l'ordine presentatovi dal meritissimo Presidente fosse mantenuto, imperciocchè non solamente è vero, nella guerra, quello che diceva il Maresciallo Montecuccoli, cioè, che ci vogliono: danari, danari, danari, — ma anche in ogni altro ramo di pubblica amministrazione. Ora pregovi considerare che forse la Costituente aumenterà i bisogni della guerra; quindi io vorrei che innanzi tutto si discutesse quella Legge che somministrasse i mezzi pei quali questa Costituente non riuscisse parola morta. Concludo perchè piaccia alla Camera tenere fermo l'ordine del giorno proposto dal nostro Presidente.» — (Seduta del Consiglio Generale del 22 gennaio 1849.)

      Io pertanto proponevo che l'ordine del giorno si estendesse non pure alla lettura, ma ancora alla discussione della Legge sul Bilancio; la Camera non comprese la mia proposta, nè il motivo che la dettava.

      Alla inchiesta che fosse discussa immediatamente la Legge intorno alla Costituente io opponeva: «Riguardo alla proposizione, che domani deve essere discussa la Legge intorno alla Costituente italiana, a me, come Deputato, siffatta coartazione non piace, e l'Assemblea non la deve per niente subire. La Legge della Costituente è d'importanza così grave e solenne, così ella può mettere il paese in condizione perigliosissima, ch'è bene che tutti i Deputati ci portino quella maggiore considerazione che si desidera e che la importanza della cosa vuole.» — (Seduta medesima.)

      L'Assemblea, malgrado la dilazione da me insinuata e la causa grave per motivarla, non attese gli avvertimenti del Ministero, anzi li contrariò, e volle nel giorno successivo discutere e votare la Legge nello insieme e nei suoi articoli.[125] Nè si dica che la Camera patisse violenza; imperciocchè io stesso, e lo ricordano tutti, io stesso la confortai ad usare animosamente dei suoi diritti, e infastidito a un punto dello schiamazzare delle tribune e della pazienza del Presidente, uscii in queste avventate parole: «Poichè, per le regole parlamentarie, a me non è lecito in questo recinto favellare al Popolo, prego il signor Presidente indirizzargli una parola formulata così: «Dichiaro traditore della Patria chiunque con intempestiva e indegna perturbazione fa sì che in questo momento la discussione non proceda solenne e liberissima.» — (Detta Seduta.) Veda dunque l'Accusa, che per me si fece anche troppo per mantenere la libertà e la dignità della Camera; ragione le porsi e modo di aggiornare a tempo ben lungo la Costituente, dacchè la discussione del Bilancio suole occupare parecchie Sedute. L'Accusa dirà: e' sono parole; — ma coteste parole corrispondono a' fatti, e si persuada che non era piccolo cimento profferirle allora.... oh! riesce molto più facile dissimularle adesso.

      Ancora: per evitare il domandato invio dei Deputati alla Costituente romana il giorno 5 febbraio, dava spazio lo adempimento dello articolo 6 della Legge. Poco mancò che anche questo benefizio andasse perduto, per la proposta di un Deputato diretta a invitare il Ministero «a presentare il Regolamento per l'elezioni entro tre giorni da quello in cui la presente Legge avrà ricevuto la finale sanzione.» — (Detta Seduta.)

      Un'altra considerazione. La petizione del Circolo intendeva che la Costituente italiana subito, a tutti i fini, sia ordinamento interno, sia apparecchio di guerra, si stabilisse a Roma, allegando la promessa del Ministero, che l'avrebbe convocata tostochè vi aderissero due Stati d'Italia. — (Detta Seduta.)

      I petizionarii erravano, perocchè il Ministero avesse promesso unicamente: «Che la Costituente comincerebbe le sue operazioni appena due Stati si fossero intesi ad iniziarla, ma al solo ed unico scopo di provvedere


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