Politica estera: memorie e documenti. Francesco Crispi

Politica estera: memorie e documenti - Francesco Crispi


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essendo tarda ed essendo esauriti gli argomenti che dovevo trattare, mi levai per congedarmi.

      — Resterete ancora a Gastein? — chiese il Principe.

      — No, Altezza. Ogni permanenza in questi luoghi sarebbe inopportuna. Non ho dato il mio nome nè all'albergo di Europa a Salisburgo, nè qui all'albergo Straubingen.

      — Allora, arrivederci.

      — Arrivederci.

      18 settembre. — Alle 9 ¾ del mattino lasciai Wildbad-Gastein, prendendo posto in un carrozzino, il quale in tre ore mi portò a Lend. Il treno non era ancora giunto e bisognò attendere qualche ora alla stazione.

      Cotesta di Lend è la ferrovia che viene dal Tirolo e conduce in Germania. Alle 2 p. partimmo; alle 5 p. eravamo a Salisburgo e a Monaco alla mezzanotte. — Scesi all'albergo delle Quattro Stagioni.

      Monaco di Baviera, 19 settembre. — È a Monaco un Inviato straordinario e ministro plenipotenziario del Re d'Italia. In verità io non comprendo perchè debba tenersi una rappresentanza diplomatica in Baviera. Dopo la costituzione del grande impero, i principotti tedeschi non hanno più voce in capitolo nella politica europea. I trattati si fanno a Berlino ed il Gran Cancelliere pensa ed agisce nell'interesse di tutti i popoli e di tutti gli Stati tedeschi.

      La legazione a Monaco è tenuta dal conte Rati-Opizzoni. Il suo ufficio è una vera «sine cura». Ancora non ha casa e vive in albergo, dove lo trovai. Il foglio prediletto che a lui giunge d'Italia, è l'Unità Cattolica.

      Da Monaco telegrafai al Re e al presidente del Consiglio i risultati del mio colloquio col principe di Bismarck.

      Al Re, col quale avevo la cifra in francese, scrissi così:

      «J'ai parlé avec Bismarck. Il accepte traiter alliance défensive et offensive dans le cas où la France nous attaque. Il prendra les ordres de S. M. l'Empereur pour traiter officiellement.

      «Je retourne à Berlin, toujours aux ordres de V. M.».

      Il dispaccio all'on. Depretis fu nei termini seguenti:

      «Ebbi a Gastein conferenza due ore con Bismarck. Accetta trattare alleanza eventuale, qualora Francia attacchi. Accetta art. 3 Codice Civile quale dimostrazione politica. Rifiuta trattato eventuale contro l'Austria. Questione Orientale non tocca interessi Germania. Prenderà ordini dell'Imperatore onde trattare ufficialmente. — Scrivimi Berlino».

      Alle 3 ¼ p. sono partito da Monaco. Il conte Rati-Opizzoni ebbe la cortesia di accompagnarmi alla stazione.

      Berlino, 20 settembre. — Arrivo a Berlino alle 7,45. Trovo una lettera del dottor Giovanni Valeri, professore di lingua e letteratura italiana della principessa imperiale Vittoria, moglie del principe Federico Guglielmo, erede del trono germanico. Il Valeri, che era venuto personalmente all'albergo nella mia assenza, mi scrive che avrebbe a parlarmi di qualche cosa d'importante e però chiede di vedermi. Lascia il suo indirizzo: Deutsch Haus — Potsdam.

      Gli telegrafo che poteva venire in giornata, in quella ora che a lui sarebbe parsa opportuna.

      Verso le 11 ant. gli onorevoli Ludwig Loewe e Federico Dernburg, deputati al Reichstag, vengono a nome dei colleghi e dei membri del Landtag a manifestare il loro desiderio di tenere un banchetto parlamentare per me. Consento, lasciando ai medesimi la scelta del giorno.

      Il Loewe è progressista, il Dernburg è del partito nazionale-liberale.

      Il conte di Launay viene a visitarmi e mi reca due telegrammi del Re. Annunzio al nostro ambasciatore che il principe di Bismarck aveva accolta favorevolmente la proposta di un trattato che accordi ai cittadini italiani in Germania l'esercizio dei diritti civili alle uguali condizioni dei nazionali.

      I telegrammi del Re sono uno del 17, in risposta alla mia lettera da Parigi dell'11 settembre, e l'altro del 20, in risposta al mio dispaccio da Monaco.

      Il primo è così concepito:

      «Merci pour votre lettre, qui m'a fait beaucoup de plaisir parce que je vois que vos idées sont parfaitement d'accord avec les miennes. Je remarque cependant que vous ne me parlez pas des aspirations ministerielles.

      «Faites moi le plaisir de me télégraphier si je dois écrire quelque chose au prince de Bismarck, ou si vous ferez de vous-même sans moi. Je vous souhaite bonne réussite dans tout et je me fie entièrement dans votre expérience et habileté. Bien des amitiés

      Victor Emmanuel.»

      Il secondo telegramma è del seguente tenore:

      «Je vous remercie. Tachez d'avoir quelque document positif pour pouvoir traiter.

      Victor Emmanuel.»

      L'onorevole Depretis non si affrettò a rispondere al mio dispaccio da Monaco, talchè dovetti sollecitarlo. Ed allora egli, la sera del 20, telegrafò:

      «Ricevuto ieri tuo dispaccio».

      Gli scrivo la seguente lettera nella quale gli fo una narrazione del mio colloquio col principe di Bismarck:

      «Berlino, 20 settembre 1877.

      Caro Depretis,

      Ieri da Monaco di Baviera ti trasmisi in cifra il seguente dispaccio telegrafico: «Ebbi a Gastein una conferenza di due ore con Bismarck. Accetta trattare alleanza eventuale, qualora Francia attacchi. Accetta art. 3 del Codice Civile quale dimostrazione politica. Rifiuta trattato eventuale contro Austria. — Questione Orientale non tocca interessi Germania. — Prenderà ordini dell'Imperatore onde trattare ufficialmente. — Scrivimi a Berlino».

      A S. M. che avevo promesso tenere informato dello stesso argomento, telegrafai anche in cifre nei termini seguenti: «J'ai parlé avec Bismarck. Il accepte traiter alliance défensive et offensive dans le cas où la France nous attaque. Il prendra les ordres de S. M. l'Empereur pour traiter officiellement. Je retourne à Berlin, toujours aux ordres de V. M.».

      Ti avverto che nulla ho detto a Launay delle nostre pratiche per l'alleanza, con lui essendomi soltanto limitato a discorrere dell'art. 3 del Codice Civile.

      Eccoti come sono andate le cose:

      Giunsi in questa città il 14 alle 7 del mattino. A mezzogiorno fui a trovare il barone Holstein, al quale manifestai il desiderio di vedere il principe di Bismarck. Egli affacciò varie obiezioni di forma e di sostanza.

      Il Principe è a Gastein. Una visita colà, essendo una località molto piccola, salterebbe agli occhi di tutti e darebbe occasione ad ampi commenti alla stampa europea. Sarebbe più conveniente vederlo qui, in una grande città molte cose potendo farsi senza che il pubblico se ne avvegga. Soggiunse che il Principe sarebbe lieto di vedermi e di parlarmi, essendo già stato avvertito del mio viaggio in Germania.

      Queste erano le obiezioni sulla sostanza.

      In quanto alla forma, l'Holstein fu d'avviso che bisognava valersi dell'opera del barone di Bülow per chiedere una udienza al Principe. Nel ministero degli esteri havvi disciplina e non si osa fare cosa alcuna fuori della gerarchia.

      — «Del resto il di Bülow, egli concluse, è nella piena confidenza del Principe, anzi in questi tempi egli è il vero ministro degli affari esteri in assenza del gran Cancelliere».

      Fui introdotto dal sig. di Bülow. È un uomo sui sessant'anni, gentilissimo, che mi accolse come un vecchio amico.

      Egli sapeva che sarei venuto a Berlino, essendone stato informato dal conte Launay.

       Dopo una discussione generica sugli interessi politici della Germania e dell'Italia, dopo aver convenuto che le due nazioni, avendo gli stessi principii a sostenere, lo stesso nemico a combattere, debbano essere unite e concordi, il di Bülow promise che avrebbe scritto al Principe e che lo avrebbe prevenuto del mio desiderio di vederlo.

      Il 15, di Bülow ed Holstein vennero a cercarmi all'albergo, ma io era uscito. L'Holstein mi scrisse allora che doveva darmi qualche notizia.

      Andai subito e seppi che il Principe aveva risposto affermativamente


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