Cantoni il volontario. Garibaldi Giuseppe

Cantoni il volontario - Garibaldi Giuseppe


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la volontà dei fortissimi Bolognesi,—la brigata dei Volontari s'incamminò verso la fiera metropoli delle Romagne, e la gioventù generosa accorreva all'incontro dei nostri prodi con bandiere ed acclamazioni, ed anelante di congiungersi ai fratelli per finirla coll'abborrito governo dei preti.

      L'ingresso fu una vera festa, i bravi popolani ed il bel sesso d'ogni ceto accoglievano i cari Volontari con affetto ed entusiasmo indicibile.

      Solo alcune code¹ e neri, peste dell'umana famiglia, adocchiavano furtivamente lo spettacolo da dietro i vetri delle finestre, e si ritraevano cauti, tementi di contaminare gli occhi loro da rettili arrestandoli nelle franche e maschie fisonomie di cotesti nemici della menzogna e del despotismo, oppure tementi che il popolo, conscio delle loro scelleragini, non li scovasse e li precipitasse sul lastrico.

      ¹ Si chiamavano code i retrivi.

      Molte carrozze, uscite dalla città all'incontro dei Volontari, li avevano accolti tutti, e così si effettuò pomposamente l'entrata in Bologna. Uno splendido banchetto, preparato all'albergo del Leon d'oro, completava la bella accoglienza fatta ai campioni del diritto italiano e quivi essi discesero per rifocillarsi.

      «Abbasso i preti! Morte ai mercenari!» urlava il popolo, mentre difilavano verso i loro quartieri i Papalini che con due cannoni e molto apparato di forza tornavano dalle Filigari, ove avevan compita la missione d'impedire ai Volontari d'entrare sul territorio romano.

      «Morte ai Papalini! Mettetevi alla nostra testa, Comandante, e vedrete come aggiusteremo quella canaglia!» ed i Bolognesi non burlano quando si tratta di fatti.

      Il Comandante dei Volontari, a cui si dirigevano quelle parole tripudiava di contento nel vedere quel buon popolo così risoluto, ma non volle assumere la responsabilità della strage che poteva succedere, spingendo gente inerme contro truppe straniere armate di tutto punto.—Il banchetto proseguiva allegramente, ed i Volontari, che da tanti giorni erano stati ridotti a dieta, si confortavano ora con buoni cibi e con eccellenti vini delle Romagne.

      Dopo la privazione si assaporarono veramente i cibi.—E che gusto hanno essi al palato del potente che nuota nell'abbondanza e nella lussuria, e che tanto abbisogna di stimolanti per inghiottire quelle vivande, forse frutto di mala vita o di prostituzione? L'abitudine costante di pietanze delicate a profusione ed il poco esercizio rendono le vivande insipide e disgustanti. L'uomo del lavoro invece, dopo aver faticato delle ore, assapora deliziosamente un tozzo di pane,—e quanto eccellente trova un bicchiere di vino se può averlo!—e se no, egli gradisce pure un gran sorso di acqua per dissetarsi, e torna cantarellando al suo lavoro.

      L'esercizio è indispensabile all'umana famiglia:—il bimbo si muove, s'agita, s'impazienta se volete trattenerlo dal moto, anche quando è incapace di reggersi sulle proprie gambe. La gioventù è un movimento perpetuo: la vitalità delle membra e l'irrequietezza del suo spirito la portano ad intraprendere qualsiasi cosa. Essa si getta sull'immensità dell'Oceano, a cercar novità, fortune, avventure; se no guai ai tiranni ed agl'impostori!… Insofferente d'umiliazioni e di ceppi, la gioventù è loro naturale nemica, e cerca ogni modo di secondare le proprie propensioni generose a menar le mani contro gli sgherri. Solo la vecchiaia si posa;—presentendo quella transizione della materia che si chiama morte, cambia d'indole e sostituisce alle passate consuetudini di caccia, pesca, viaggi, avventure, gli studi, e quello specialmente della natura. Il vecchio zoppicante, quando può cava fosse; egli si avvicina così alla terra, a cui presto pagherà il tributo delle sue depredazioni. Egli si avvicina all'immobilità del cadavere, immobile sinchè la prole di vermi ch'ei genera venga a ravvivarlo ancora. Sfamandoli—diversa dal Saturno della favola che divorava i figli—questa prole divora il genitore, sinchè, esausto il cibo, essa, il padre, i suoi frantumi e la sua polve rientrano nell'infinito materiale, da dove furono tolti dalla mano Onnipotente dell'Infinito.

      La morte! quell'idea mi sorride, e fu ben provvido chi la istituiva.—La morte! livellatrice della fortuna! asilo sicuro della sventura!

      Com'è naturale il fine dell'onesto figlio del lavoro, che passa placidamente coll'anima tranquilla, dopo d'aver adempiuto ai suoi doveri di figlio, di padre, di cittadino! Paragonate la fine del giusto colla morte di cotesti oppressori delle genti, che si chiamano Papi, Imperatori, Re, e la cui vita germogliò sulla fame, sulla miseria e sulle sciagure del genere umano, e mi direte poi se non è santa l'istituzione della morte!

      Cadaveri! distinguetemi lo stinco del povero da quello del ricco!—il teschio del mendico, dal teschio che portò corona!

      E che sarebbe di noi, se a capo della mensa del negromante e del tiranno non sedesse la morte? Se essa non porgesse la sua testa scarna tra le pieghe indorate dei serici arazzi del gineceo e dell'harem?

      La morte! questa trasformazione della materia, è anch'essa un composto di bene e di male: picchiando alla porta del potente sovente ne mitiga la ferocia…. Ed il prete, la volpe del genere umano, col suo fantasma, cogli orrori delle sue pitture trasformò questo nostro popolo sì grande, quando disprezza la morte, in una masnada d'imbelli tremanti davanti all'infallibile ed inesorabile sua falce!

       Indice

      IL GESUITA.

      Quell'antipatica—vostra figura,

       Desta, scusatemi,—rabbia e paura.

       (Opera Chiara di Rosemberg.)

      Vi sono individui che incontrati per la via, tu li schivi per paura di contaminarti,—e se per sciagura ti trovi nello stesso crocchio e seduto alla stessa mensa, la mano ti corre quasi per istinto all'elsa del pugnale per difendere la tua vita che ti sembra insidiata da cotal ceffo sinistro.—Il Gesuita! il Gesuita! altra anomalia umana per la quale si diede il nome del Cristo alla più prava, alla più schifosa delle creature—il Gesuita.

      Nella sala del banchetto, ove a splendida mensa stavano seduti i Volontari accompagnati e serviti da' migliori patriotti di Bologna, vedeansi a capo della mensa il Comandante con accanto, alla sua sinistra, Cantoni, in cui il primo avea già posto tutta la sua fiducia ed affetto.—Tale è l'attrazione della virtù, del bello, del coraggio;—ed il giovine per quel contracambio che si opera nel vero adagio: «amor d'amor si paga,» e per l'ammirazione che suscitavano nell'anima sua privilegiata, quegli avanzi di cento pugne venuti da un mondo all'altro per istrappare la loro patria dalle ugne della tirannide,—il giovine, dico, era in un estasi di felicità indescrivibile.—Nel fondo della mensa, dirimpetto ai due già descritti, sedea un prete, ed in quei giorni i preti si dicean liberali e buoni patriotti, come se la cicuta potesse dar degli aranci, e le jene degli agnelli—e la volpe la carità alle galline!

      È vero che nel 48 il Papa era stato iniziator di riforme, e se, per ventura dell'Italia, non tornava egli presto alla sua natura di cocodrillo, stavamo freschi,—e coll'impostore clericume sul collo per altri secoli!

      Sedea dunque in fondo alla mensa il rubicondo frà Gaudenzio—mezzo frate mezzo prete—e gesuita sino nella midolla delle ossa. Egli avea acquistata la fama di prete a manica larga. Le sue messe erano corte, andante e tollerantissimo il suo confessionale, massime quando le penitenti erano giovani, belle e tolleranti. La sua biblioteca di bottiglie era scelta con gusto, ed un tatto particolare aveva egli poi per la squisitezza delle sue Perpetue.

      I due occhi di lince del Nero fissavansi spesso sulle fisionomie del Comandante e del suo giovane amico. Egli col suo sguardo scrutinatore volea penetrare in quelle anime generose e strapparne i sensi, le mire, i progetti,—raccogliere il significato delle varie conversazioni, che circolavano fra quella gioventù animosa, per poi fare la sua delazione al capo—il Generale de' Gesuiti sedente in Roma.

      «Io brindo alla Repubblica Italiana!» urlava il prete, in un momento di calma del bisbiglio della brigata.—E siccome, benchè Republicani di cuore, forse non accetto dalla generalità era allora in Italia il sistema Republicano—ossia il Governo della gente onesta¹, i più dei convitati si astennero di far eco al brindisi del Gesuita. «Morte


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