Mia. Memini

Mia - Memini


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non poteva crederci, non sapeva rassegnarsi! Ma il Principe impietosito seppe assicurargli un posto che, da un lato almeno, tornava consono alla vocazione del ferito e alle sue attuali condizioni di salute. Lo fece portinaio delle scuderie coll'alloggio accanto a queste. Pedrolo non governava più i cavalli liberi, ma vedeva gli altri, li udiva, poteva passeggiar tutto il giorno arrancando colla sua gamba storpia nei pressi della scuderia. Drollino naturalmente aveva seguito il padre nella sua nuova dimora.

      Ma con quanto dispiacere! Scappava laggiù ai pascoli tutte le volte che poteva; ma pure ogni tanto gli toccava star in casa! Almeno se avesse potuto lavorare in scuderia! Ma i palafrenieri e i cocchieri non eran punto teneri pei cavallanti; ed i mozzi erano in continua lite con quel ragazzotto insolente, facevano apposta a non lasciarlo giungere sino ai cavalli, lo canzonavano quando egli pretendeva dar pareri.

      Drollino si rodeva (forte dei suoi bricioli di esperienza), del suo acuto istinto d'osservazione. Pensava a fuggire definitivamente. Aveva un certo progettino; voleva, un giorno o l'altro, rubare un cavallo e poi scappare, andarsene nella pianura illimitata. Capiterebbe Dio sa dove, ma intanto avrebbe un cavallo suo, proprio suo, tutto suo! Cristo!... che cosa!.... avere un cavallo suo!

      Quando Drollino non ardiva allontanarsi soverchiamente dalla casa nuova gironzava pel giardino e bene spesso scavalcando un muricciuolo, capitava nel viale. E così fu che s'imbattè varie volte colla Milla occupata ad ammonticchiare le castagne d'India, cadute dagli alti piantoni. Dapprima, sgomentato, fuggiva come se vedesse la versiera; poi s'era fermato a guardare, poi un sorriso della Milla gli aveva dato il coraggio di fare un passo avanti, poi avevano scambiata qualche parola e avevano finito col mettersi a giocare assieme. Miss Spring sulle prime aveva mossa qualche obiezione; poi, vedendo che il ragazzo si conduceva bene e che le sue letture riescivano meno interrotte dacchè Milla aveva un compagno, finì per permettere che il fiery boy giocasse colla padroncina. Essa lo chiamava così: «ragazzo ardito»; e in fondo non le dispiaceva. D'altronde, come il più delle sue connazionali, aveva nel sangue un po' di manìa di proselitismo e le era balenato nell'animo che in quel ragazzo indomito ci fosse qualche cosa di convertibile. E se Milla, come quell'angelica Evelina della Capanna dello zio Tom, fosse destinata a ricondurre sulla buona strada il fiery boy e farne per lo meno un tetotaller?... I tetotaller.... erano il sogno di Miss Spring. Essa aveva molta fede, molta immaginazione e i moccoli di Drollino nascevano così fitti, così smozzicati fra i denti, che la credula governante, udendoli, non li capiva e sorrideva benevolmente osservando quanto i nostri differenziano dai dialetti della sua nativa natura e verde Erinni.

      Certo è che i moccoli di Drollino erano d'una specie affatto particolare. Li pronunciava a mezza voce, con un tono secco, stridente, come se masticasse dei bottoni di porcellana. La Milla però li capiva e se Miss Spring non era vicina lo sgridava.—Ah! Drollino! non sta bene!—diceva con un'aria patetica di rimprovero.

      E Drollino a furia di sentire quella vocina dire che i moccoli non stanno bene cominciò ad arrossire ogni volta che, per caso, gliene sfuggiva detto uno. Non già che non fosse stato mosso qualche appunto al suo linguaggio, anche prima; ma chi gli faceva queste osservazioni gliele faceva a suon di ceffoni e di tirate d'orecchio ed egli trovava più comprensibile il linguaggio di Milla.

      Erano bimbi affatto e giocavano di gran cuore. Egli le usava certe attenzioni, delle quali nessuno l'avrebbe creduto capace. Le compose un'altalena, e le rimproverò la sua dappocaggine e la sua paura dei cavalli. Le portava degli uccellini semivivi, dei gatti d'una magrezza incredibile; una volta le portò persino una marmotta, ancor mezzo addormentata. Essa serbava spesso per lui qualche dolce del desinare. Allora Drollino, che era fiero e non voleva mangiare i dolci a ufo, le recava delle pesche stupende rubate per lei con somma maestria e non lieve pericolo, dal frutteto stesso della villa. La bambina, complice innocente, mangiava con piacere le frutta proibite! Invertita, ma pur sempre la scena eterna di Adamo ed Eva!

      Il Principe aveva visto più volte sul viale i due piccoli compagni di gioco, ma la cosa non gli fece la minima impressione. Trovò anzi che era naturalissimo. E lo era infatti, col sistema e le abitudini quel tempo in cui egli pure era stato bambino!

      Drollino giocava molto e parlava poco. Ma ora che era proprio in confidenza colla Milla gli veniva fatto ogni tanto di accennare alla sua grande, indomabile passione, i cavalli. Oh come rimpiangeva l'epoca anteriore alla disgrazia di suo padre!—Oh se sapessi, Milla.... cos'è!...—S'animava narrando le gioie della vita libera, le voluttà delle corse sfrenate in groppa ai puledri vellosi! Oh! se l'avesse lui.... un cavallo! Ma lo avrebbe voluto piccolo, appena nato, per poterlo domare, educare.... Suo! suo! suo!... gli occhi gli scintillavano d'entusiasmo.

      Un giorno capitò sul viale come un uragano.

      —Oh Milla! se sapessi! è nata or ora.... lì in scuderia.... da Rowena.

      —Chi?...—chiese innocentemente la bambina.

      —Una puledrina!... Se la vedessi! dicono che sarà una meraviglia. È grande così, guarda, come Lupo, il mastino di guardia! Se fosse mia, ah Cris....

      Si fermò perchè Milla faceva un visino scandalizzato.... Alzò le spalle, con un atto sprezzante poi, di volo, ritornò verso la scuderia.

      Ci stette tardi, sin che potè.... sinchè il mozzo di guardia non lo mandò via minacciandolo d'una pedata. Implorò di poter passare la notte, lì sulla paglia, accanto alla neonata. Ma invano. In scuderia, passate le dieci, non potevano rimanere se non le persone addette al servizio notturno.

      Uscì agitatissimo, con un desiderio febbrile di tornare là dentro. Non poteva spiccarsi dai pressi della scuderia. Ronzava continuamente attorno all'uscio serrato, correva di qua e di là, assorto nel pensiero che tutto lo dominava; aspettando impazientemente l'alba che gli avrebbe agevolata l'occasione di tornare in quel paradiso perduto e di cacciarsi in un cantuccio. Oh! non importa dove, pur che fosse là, vicino al box, dove Rowena collo sguardo stanco memore del male sofferto e fatta ancor più intelligente dalla recente maternità, fissava la piccola bestiolina pelosa che ancora non sapeva reggersi in piedi.

      Così venne la mezzanotte.

      Era un tempaccio tempestoso: una luna color di sangue acceso battagliava con una irosa schiera di nuvoloni plumbei, che la volevano affogare. Lontano lontano, in un denso nereggiamento dell'orizzonte, si susseguivano, con un brontolìo cupo e prolungato, tre o quattro voci di tuoni, intesi a soperchiarsi l'un l'altro. A un tratto, in mezzo a una folata di vento che passava, soffocata rasente al suolo, Drollino sentì poco lungi un certo fischio sommesso, che col vento non aveva nulla a che fare.

      —Cosa sarà?—disse il ragazzo insospettito ma senza paura. Era già nell'ombra; vi rimase, anzi s'ingolfò meglio nel buio, passando dietro una gran macchia di ortensie e coll'acutissimo sguardo prese a indagare, per quanto gli riesciva, il vasto sfondo del viale. Non andò guari che un secondo fischio, ma stavolta appena percettibile all'udito, gli giunse da quella direzione. Poi vide confusamente un gruppo di due o tre persone camminare lente, con somma cautela, verso il fianco settentrionale della villa.... dove per l'appunto si trovavano le dispense e i tinelli della servitù. Drollino indovinò che quella silenziosa comitiva erano ladri.

      Non si sgomentò, non smarrì nessuna delle sue facoltà. Senti un'acre gioia di averli veduti, di potere sventar i loro progetti.—Ah! birbanti!—pensò con trasporto....—or ora vi servo io!...

      Svoltò l'angolo della villa, si mise pel fossatello, e, scivolando come una serpe per l'erba agitata dal vento, fu in un lampo alla corte rustica. Svegliò il fattore, un vecchio animoso, che alla sua volta destò e fece armare frettolosamente cinque o sei dei più arditi famigli. Guidata da Drollino, la piccola comitiva avviata a sorprendere i malviventi si recò nel luogo accennato dal fanciullo. Allorchè vi giunse, i ladri, che non si erano ancor avveduti di nulla, erano già intenti a smovere l'inferriata d'una delle finestre a terreno, in faccia ad un corritoio che metteva capo al tinello, dove alla sera si rinserrava l'argenteria.

      Drollino capitanò la schiera dei famigli sino al riparo d'una vicina macchia d'oleandri; poi si spinse solo, strisciando come un rettile, finchè giunse quasi accanto ai ladri. Allora si voltò, accennando ai suoi di farsi avanti. Ma in quel momento volle fatalità che


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