Tempeste. Ada Negri

Tempeste - Ada Negri


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      È ver, son forte.—Per la via sassosa

      Lasciai brandelli d'anima e di fede;

      Pur con superbo piede

      Salgo ancor verso l'alba luminosa.

      Offersi il petto a tutte le ferite,

      I più foschi e implacati odii sfidai;

      E ai torturanti guai

      Opposi l'energia di cento vite.

      Dolorando non mossi un sol lamento

      Nulla piega il mio fronte e il mio pensiero.

      Io sono forte, è vero,

      Io son la quercia che non crolla al vento

      E una legge d'amor rinnovatrice

      D'uomini e cose ne' miei canti freme,

      Eterna, come il seme,

      Come il bacio del Sol fecondatrice.

      .... Benedicimi, o Madre.—È per te sola

      Che combatto, che spero e che resisto.

      Quando, col sangue misto,

      Il pianto mi fa strozza ne la gola,

      Quando sento fra orrende, avide spire

      Nel tenebror dibattersi la mente,

      E la virtù possente

      Che m'infiamma le vene è per morire,

      Ti guardo, o Madre.—E così fiera e grande

      M'appari, ne l'eretta e statuaria

      Fronte di solitaria

      Cinta di bianche ciocche venerande;

      Così pura mi sembri, ne la calma

      Intemerata de' tuoi anni estremi,

      Tu che i mali supremi

      Provasti un giorno, e l'agonie de l'alma;

      Tanta luce ti splende ne le chiare

      Pupille e tanta dignità nel viso,

      Nel gesto e nel sorriso,

      Ch'io mi sento per te rinnovellare:

      Carne de la tua carne io ridivento,

      Forza de la tua forza, o Santa, o Vera:

      Rivive in me l'altera

      Quercia selvaggia che non crolla al vento.—

      [pg!7]

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      Miseria.—La pigion non fu pagata.—

      A rifascio, nel mezzo de la via,

      La scarsa roba squallida è gettata.

      Quello sgombero sembra un'agonia.

      La tenebrosa pioggia insulta e bagna

      Il carro, i cenci, i mobili corrosi

      Dal tarlo, denudati, vergognosi.

      V'è un'anima là dentro che si lagna;

      E il letto pensa al disgraziato amore

      Ch'egli protesse, e che le membra grame

      Di due fanciulli procreò a la fame,

      O del tugurio maledetto amore!...

      E scricchiola fra i brividi: Chi il dritto

      Diede a la donna schiava e mal nudrita

      Di crear per un bacio un'altra vita

      D'angosce?... amor pei poveri è delitto.—

      Sotto la pioggia il carro stride.—Dietro,

      Un operaio scarno, a fronte bassa,

      Segue la sua rovina.—Ei muto passa,

      Ombroso il guardo, e non si volge indietro:

      E a lui presso è la donna, la piangente

      Lacera donna, con due figli.—E vanno

      Senza riposo, e dove essi nol sanno,

      E la pioggia gli sferza orrendamente:

      Un austero dolor che par minaccia

      Per entro ai cenci ammonticchiati freme,

      Freme nel carro che cigola e geme.

      Nei quattro erranti da l'emunta faccia:

      Quella guasta mobilia denudata

      Che in mezzo al fango a l'avvenir s'avvia.

      Quella miseria che ingombra la via

      Sembra il principio d'una barricata.

      [pg!11]

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      La profonda caverna è a mille metri

      Sotto la terra.

      Nei pozzi e fra gli scavi, erranti spetri,

      Vanno per la prigion che li rinserra

      I minatori.

      Son cinquecento: han lampade e picconi,

      Corde e martelli.

      D'aspre fatiche indomiti campioni

      Son cinquecento, muscolosi e belli

      Come guerrieri:

      Niuno di lor varcò i trent'anni ancora,

      E spose e figli

      Li attendon là, dove nel sol s'infiora,

      Dagli abissi lontano e dai perigli,

      Il verde eterno.

      E via scavando con gigante lena

      Van dentro il masso

      È la forza plebea che si scatena

      Contro la fredda maestà del sasso

      Selvaggiamente:

      E rode, sventra, abbatte, invola, strazia,

      Vandalo atroce,

      Piovra succhiante che mai non si sazia;

      Ma spian gli abissi l'attimo feroce

      De la vendetta;

      E l'attimo suonò.—Scoppia una lampa

      Risponde un tuono.

      La gran corrente del grisou divampa

      Con guizzo orrendo e formidabil suono

      Tutto è perduto.

      Per l'âtre forre e le crollanti vôlte

      Fumosa e rossa,

      Fra gli urli de le vittime stravolte.

      Qual serpe che si snoda in una fossa,

      La fiamma sale.

      *

      Sale e distrugge; e sotto l'immane vampa


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