Tempeste. Ada Negri

Tempeste - Ada Negri


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      D'una donna che amor tutta consuma.

      Brilla il guardo: un rossor la fronte accende:

      Batte a schiantarsi il core:

      La cerea mano convulsa d'amore

      Esitando a la busta, ecco, si stende....

      .... No.—Cerea mano piccola e tremante.

      E minacciosa l'ora.

      Un sol minuto, un sol minuto ancora,

      Avida mano piccola e tremante.

      [pg!27]

       Indice

      A Donna Emilia Peruzzi

      Dammi una zappa, un erpice o un rastrello

      A me non cale che l'estate avvampi.

      Sotto il bacio del sol vivido e bello

      Vo' lavorar ne' campi.

      Così, discinta, con le braccia nude

      Le vesti rialzate a la cintura!

      La campestre fatica umile e rude

      Lo sai?... non m'impaura.

      E voglio qui le stanche, le pallenti

      Gracili dame da la man di cera.

      Fronde di salcio abbandonate ai venti

      Steli fioriti a sera.

      Gli ammalati di sogno e di nevrosi,

      I parassiti inutili e belanti,

      Gialli d'ozio, di spleen e di clorosi,

      Fantasmi in tuba e guanti.

      Giù cravatte e gioielli!... al foco il vano

      Busto ove il petto sta qual fior di serra!...

      Chiediam la luce e il solco, e l'aer sano:

      Alla terra!... alla terra!...

      Qual pienezza di vita entro la bruna

      Zolla che s'apre de la vanga al morso,

      E insetti e semi e caldi amori aduna!...

      Come in eterno corso

      Van le linfe gioiose, risucchiate

      Con eterno desìo da la radice,

      Dai tronchi e da le foglie al vento alate,

      Qual latte di nutrice!...

      È il baccanal del verde e del frumento,

      Del buon frumento da le spighe d'oro,

      Maturanti in silenzio a cento a cento

      Nel Sol di Messidoro:

      Lieti fiori di porpora fra il grano

      Respiran largo, trionfanti e belli.

      Il riso slancia da l'acquoso piano

      Gli steli verdi e snelli,

      Sorgon bianche ninfee da le paludi,

      Variopinte corolle in mezzo ai prati,

      Ovunque i soffii ravvivanti e crudi

      Son dei fieni falciati;

      Un'alma vive in ogni filo d'erba.

      Un'alma vive in ogni atomo errante.

      Tutto, con franca voluttà superba,

      Si bacia al sol fiammante.

      Alla terra!... alla terra!... Laceriamo

      Il seno e i fianchi de la Madre antica:

      Il tesoro dei frutti a lei strappiamo

      E de la gonfia spica:

      Vogliam nembi di rose e vogliam pane

      E dolci vini dal sorriso biondo!...

      Libera scorra la dovizia immane

      A rotoli pel mondo,

      E ovunque arrida: a la soffitta oscura,

      Al palagio sorgente in mezzo ai fiori:

      Tutti figli siam noi de la Natura,

      Tutti lavoratori.

      Qui, sotto i cieli, nella luce.—Avanti,

      Con macchine e forconi e vanghe e scuri,

      Noi sacerdoti de la forza e amanti

      Del Sol, noi, belli e puri!...

      Già il petto, ecco, s'allarga e rifiorisce:

      Già le vene s'inturgidan, bollenti:

      Nova fiumana al cerebro fluisce

      D'alate idee fulgenti:

      Più tristezza non v'ha, non v'ha più noia:

      Più miseria non v'ha, non v'ha più guerra:

      Tutto è moto, è salute, è speme, è gioia....

      Alla terra!... alla terra!...

      [pg!33]

       Indice

      I

      La Maestra

      È una maestra.—Ha ne lo sguardo buono

      La rassegnata calma pazïente

      Di chi sa il vuoto, il pianto ed il perdono.

      Con lungo amore, faticosamente,

      I figli d'altri a l'avvenir prepara;

      Insegna con austere voci e lente.

      Ne la sua stanza fredda come bara

      Ove mai riscaldò fiamma d'ebbrezza

      La sconosciuta povertade amara,

      Ove non fulse mai la giovinezza

      D'un lieto sogno, morrà un giorno, sola,

      Composta il volto a stanca tenerezza;

      E su l'algide labbra di vïola

      E nel vago stupor de gli occhi spenti

      Morrà con essa l'ultima parola

      Del suo delirio: «O bimbi, o bimbi.... attenti....»

      II

      La Madre

      Vedova, lavorò senza riposo

      Per la bambina sua, per quel suo bene

      Unico, da lo sguardo luminoso;

      Per essa sopportò tutte le pene,

      Per darle il pan si logorò la vita,

      Per darle il sangue si vuotò le vene.—

      La bimba crebbe, come una fiorita

      Di rose a Maggio, come una sovrana,

      Da la dolce materna alma blandita;

      E così piacque a un uom quella sultana

      Beltà, che al suo desìo la volle avvinta,

      E sposa e amante la portò lontana!...

      .... Batte or la pioggia dal rovaio spinta


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