Il Parlamento Nazionale Napoletano per gli anni 1820 e 1821: memorie e documenti. Autori vari

Il Parlamento Nazionale Napoletano per gli anni 1820 e 1821: memorie e documenti - Autori vari


Скачать книгу
on>

       Autori Vari

      Il Parlamento Nazionale Napoletano per gli anni 1820 e 1821: memorie e documenti

      Pubblicato da Good Press, 2020

       [email protected]

      EAN 4064066068677

       PARTE PRIMA IL PARLAMENTO.

       PARTE SECONDA I DEPUTATI.

       PARTE TERZA LA FINE DEL PARLAMENTO.

      BIBLIOTECA STORICA DEL RISORGIMENTO ITALIANO

      pubblicata da T. Casini e V. Fiorini. — Serie II, N. 10

      IL

       PARLAMENTO NAZIONALE

       NAPOLETANO

       per gli anni 1820 e 1821

      MEMORIE E DOCUMENTI

      A CURA DI

       Vincenzo Fontanarosa

      ROMA

       SOCIETÀ EDITRICE DANTE ALIGHIERI

       —

       1900

       Gli esemplari di questo volume non firmati dal gerente della Società si ritengono contraffatti.

      (017) Roma, Tipografia Enrico Voghera.

       Indice

      PARTE I.

       Viva Dio, il Re e la Costituzione!

      Agli albori del 2 luglio 1820, due sottotenenti, Morelli e Salvati[1], e centoventisette fra sergenti e soldati del reggimento Reale Borbone cavalleria, disertarono dai quartieri di Nola, secondati dal prete Menichini e da venti settari carbonari, volgendo tutti ad Avellino per unirsi ad altri settari giorni innanzi sbanditi da Salerno e riparati colà, dove la sètta era numerosa e potente. Da Nola ad Avellino si cammina dieci miglia fra città e sobborghi popolosi, essendo fertile il terreno, l'aere salubre, gli abitatori disposti alla fatica, d'animo industrioso ed avaro. In mezzo a tante genti quel drappello, fuggitivo, non frettoloso, andava gridando: — Viva Dio, Re, Costituzione! — e poichè il senso della politica voce non era ben compreso dagli ascoltanti, e direi dai promulgatori, ma per universali speranze i tributari vi scorgevano la minorazione dei tributi, i liberali la libertà, i buoni il bene, gli ambiziosi il potere, ognuno il suo meglio, a quel grido dissennato dei disertori rispondevano gli evviva di affascinato popolo. Vogliono le rivoluzioni una parola, sebben falsa, lusingatrice degli universali interessi; perocché le furie civili, mostrate nude, non troverebbero amatori o seguaci.

      Giunto il Morelli a Mercogliano, pose il campo, e scrisse lettere al tenente colonnello De Concilj, che stava in Avellino con autorità militare e potenza civile, essendogli patria quella città ed egli ricco, nobile, audace. Le lettere dicevano ch'eglino, primi, non soli, promulgavano il comune voto di governo piú libero; aiutasse l'impresa, desse gloria eterna al suo nome. Prima delle lettere, la fama aveva divulgato quelle mosse e costernate le autorità, concitate le milizie, sollevato e rallegrato il popolo. De Concilj restava incerto tra il secondar Morelli e combatterlo; aveva il pensiero, intanto, volto al governo[2].

      Cosí cominciò quel moto che costrinse Re Ferdinando a dare la Costituzione e giurarla[3]. La sedizione aumentava. Un reggimento alloggiato a Foggia s'era aggiunto ai rivoltosi. La Puglia ed il Molise eransi levate in armi, cosí pure Terra di Lavoro. A Napoli furono aumentate le guardie a custodia della Reggia e pattuglie armate percorrevano la città. Il generale Nunziante[4], dopo breve racconto dell'animo avverso dei soldati, in un rapporto al Re scriveva:

      — Sire, la Costituzione è desiderio universale del vostro popolo; il nostro opporre sarà vano. Io prego V. M. di concederla.

      Al generale Pepe — tenuto come sospetto — si fece credere che il governo del Re volesse incarcerarlo ed egli andò verso Monteforte, seguito da due reggimenti di cavalleria che trovavansi pronti al ponte della Maddalena. Piú tardi lo stesso Pepe si giustificò di questa sua fuga. Nelle sue Memorie, a proposito d'una visita da lui fatta al Re, dice:

      — Il duca di Calabria m'interruppe, per farmi cosa grata, dicendo:

      — Maestà, il generale Pepe se ne andò colla brigata in Monteforte perché gli dissero che qui sarebbe stato arrestato.

      A ciò risposi:

      — Altezza reale, io mal giustificherei la fidanza di cui mi onora in questo momento Sua Maestà, se confermassi ciò che a torto v'hanno riferito... La mossa dello squadrone di Nola fu un mero accidente senza del quale pochi giorni dopo, con ordini migliori, sarebbe successo quel che è successo: dacché ogni cosa era da me preparata: anzi ove alcuni miei ordinamenti non fossero stati ritardati, la sollevazione avrebbe avuto luogo negli ultimi giorni di giugno.

      La voce del supposto arresto di Pepe fe' sí che cinque Carbonari, di notte, penetrassero nella reggia fino agli appartamenti privati del Re e dicessero al duca d'Ascoli, don Trojano Marulli:

      — Siamo delegati di dire al Re che la quiete della città non può durare se Sua Maestà non concede la bramata Costituzione. E settarî, cittadini e popolo sono in armi: i Carbonari sono pronti, tutti attendono la risposta del Re.

      Il duca rispose: — Andrò a prenderla; — ed indi a poco tornato, aggiunse che il Re aveva in animo di dare la Costituzione e ne studiava in quel momento i termini coi suoi Ministri.

      

      Gli fu chiesto:

      — Quando sarà pubblicata?

      — Subito.

      — Ossia?

      — Tra due ore.

      Uno dei Carbonari si mosse e, distesa la mano senza parlare al pendaglio dell'orologio del duca, glielo tirò di tasca inurbanamente e vôlto il quadrante in modo ch'egli e il duca ne vedessero le ore, aggiunse:

      — È un'ora dopo mezzanotte: alle tre la Costituzione verrà pubblicata.

      L'audace Carbonaro fu il duca Piccolelli, genero dell'Ascoli.

      Realmente i Ministri, in quell'ora, circondavano il Re intimorendolo, ed il marchese Circello in ispecie fu quello che lo convinse e lo fece arrendere.

      L'editto fu il seguente:

      ALLA NAZIONE DEL REGNO DELLE DUE SICILIE.

      Essendosi manifestato il voto generale della nazione del regno delle Due Sicilie di volere un governo costituzionale, di piena volontà consentiamo e promettiamo nel corso di otto giorni di pubblicarne le basi. Sino alla pubblicazione della Costituzione le leggi veglianti saranno in vigore.

      Soddisfatto in questo modo al voto pubblico, ordiniamo che le truppe ritornino ai loro corpi ed ogni altro alle sue ordinarie occupazioni.

      Napoli, 6 luglio 1820.

      Ferdinando

      

      Questo editto fu anche firmato dal Segretario di Stato ministro cancelliere, marchese Tommasi, e fu pubblicato nel Giornale delle Due Sicilie, che dal giorno 8 luglio prese il nome di Giornale costituzionale delle Due Sicilie.

      Nelle prime ore del giorno il Re s'affacciò al balcone centrale della reggia


Скачать книгу