Lo assedio di Roma. Francesco Domenico Guerrazzi

Lo assedio di Roma - Francesco Domenico Guerrazzi


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fosse un grande stecco negli occhi di lui: come mi parve vero che la libertà dove non sia attecchita da per tutto (non fa caso se più o meno secondo la natura degli uomini e la condizione delle cose) non possa durare, così troppo più reputo vero, che nè anco il dispotismo si mantenga, se da qualche spiraglio penetri raggio di libertà.—Come qui in Europa campione di sovranità di popoli, ed in America strozzatore di quelle? So bene ch'egli, e i suoi con parole solenni lo negano, ma oggimai le sue proteste per la pompa della gravità loro si convertono in argomento di giocondezza per le brigate; almeno per noi Italiani apparisce così, imperciocchè nei varii popoli varii la materia del riso; presso i nostri poeti berneschi ella consiste nel vestire di forme e di parole gravi concetti burlevoli.

      Come invocare la Provvidenza vindice dei diritti conculcati dei popoli, e poi mettersi tra mezzo impedimento fra la Provvidenza ed i popoli? Come dopo che la bandiera di Francia fu vantata tutrice di civiltà rimane su ritta fra le infamie di Roma come piantata nel fango? Perchè fino all'ultimo l'impero di Francia protesse Gaeta contro il volere del popolo? Perchè si agitò tanto, giungendo fino alle minacce, non ischifando le insidie onde i membri sparsi della famiglia italiana non si riunissero? Queste le sono cose, che non si ponno negare. E a Roma perchè ci, sta adesso?—. Nè Italia egli patisce una, nè libera: una, nel presagio della sua potenza la teme come uomo e come dominatore della Francia; libera, se ne atterrisce come uomo; da per tutto dove la libertà sorga capisce che gli chiederà ragione del 2 Decembre.

      Diventava il Napoleonide Re co' popoli, adesso vorrebbe mantenersi Re co' principi; una maniera di centauro politico; nè mai arrivò a infingersi intero, e se altri traverso le sue ambagi nol seppe capire, la colpa non è sua; se altri perfidia ad attribuirgli concetti, ch'egli in mille maniere respinse, ed in ogni occasione dichiarò proprio agli antipodi dei suoi, a lui non si può imputare: innanzi del 2 Decembre, io ricordo, come se fosse adesso, che a certo dabbene uomo il quale con parole di oro s'industriava innamorarlo della gloria del Washington rispose netto: «io sono principe e non lo posso fare.» Così è, al nipote di Carlo Buonaparte pareva la fama del Washington cosa da non giovarsene, e i Francesi uomo siffatto elessero capo della Repubblica, e dopo simile manifestazione dell'animo suo lo sopportarono. O Francesi!

      I popoli, il Napoleonide, tiene in mano a guisa di carte, per giocare la partita in pro suo, e dei suoi: seguita i disegni dello Zio, il quale prese per davvero che gl'Imperatori possano tenere nelle mani la palla del mondo con la croce sopra; e neppure adesso che si sente preso dentro le morse pone giù il disegno: al contrario ci s'intora acerbo più di prima; giunto in fondo degli arzigogoli avventura l'estremo per ripigliare fiato, memore della sentenza del Macchiavello: «cosa fa cosa, e tempo la governa.»

      I Moderati prima rimasero attoniti, poi lodarono, all'ultimo censurarono, adesso tentennano, piegano a destra ed a mancina; musano come le formiche; incerti intorno alla via da tenere: fino dal primo apparire della proposta del Congresso chi possedeva non dico fiore, ma briciola d'intelletto, disse cotesto espediente manca perfino della furberia di cui è copia nei trovati dei marruffini, e dei trecconi. Di vero i Moderati stracciarono co' denti la Costituente proposta dal degno amico Giuseppe Montanelli, nè del tutto a torto, come quella, che intendeva sottoporre i principi al giudizio di un tribunale composto di deputati eletti dal popolo: ora bisognava domandare se questi principi ci si avessero a condurre spontanei, ossivvero per forza, e se spontanei, egli era chiaro come l'acqua, che non ci sarebbero andati, mentre se per forza, i popoli, i quali senza bisogno di geometria sanno come la via retta sia la brevissima, potendo, gli avrebbero mandati tutti in un fascio non mica dinanzi al tribunale della Costituente, bensì in luogo che non importa dire. Però, se in questa parte la Costituente zoppicava, stava ritta su tutte e due le gambe nell'altra: all'opposto il Congresso intimato dallo Imperatore dei Francesi a questa pecca della Costituente montanelliana ne aggiunge l'altra, ed è che i convenuti sarebbero ad un punto giudice, e parte.—

      Ad ogni uomo comecchè fornito di levatura mediocre apparve chiaro, che ogni principe avrebbe a lasciare un brindello di carne, che tiene stretto fra i denti, nè certo consentirà a lasciarlo; prima di ogni altro quello di Francia: ad ogni modo levati di mezzo i trattati del 1815 a quali altri storneremo noi? A quello di Amiens, di Tilsitt, o piuttosto all'altro di Luneville? Ovvero, andando anco più in su, ci fermeremo a quello di Utrecht, o di Wesfalia? A veruno di questi, però che quivi non si considerassero le aspirazioni dei popoli bensì unicamente gl'interessi dei principi, ed oggi lo scopo del Congresso sta per lo appunto quì, che adempiendo i desiderii dei popoli si apra un nuovo ordine di secoli, il regno di Saturno riapparisca sopra la terra dove ogni uomo possa vivere tranquillo all'ombra della sua vigna, e del suo fico! Bene sta. Ma quali popoli interrogheremo noi circa le infermità, che li travagliano, ed intorno ai rimedi, che reputano più spedienti a guarirli? Gli europei Soltanto o quelli di tutto il mondo? Chiedo venia della impronta domanda; presso uomini così sviscerati pel bene della umanità ella suona peggio che oltraggio: là umanità non circoscrivono mari nè monti, e il sole levandosi e tramontando vede più torti a riparare, che contentezze a benedire. Da ponente come da levante, da ogni lato insomma la umanità grida: ohi! Dunque tutto il mondo. Ciò posto in sodo, in qual guisa vorrannosi interrogare le generazioni! degli uomini? Col suffragio universale, mi risponderanno:—Ottimamente; ma tra suffragio universale, e suffragio universale ci corre: a mo' di esempio, suffragio come a Nizza, o come nel Messico? Della sincerità di cotesti voti non ne dubita veruno dei principi raccolti; piace loro il metodo, e approvasi; essi imiteranno come in ogni altra cosa in questa la Francia maestra del vivere civile. Ora io dico, che dove rimanga statuito così non vale il pregio adunarsi, imperciocchè non pure gli Arabi e gl'Indiani supplicheranno Francesi, e Britanni a restare in Affrica, e in Asia, ma se non volete altro, Veneti, e Pollacchi esporranno il Santissimo su l'altare onde Austriaci e Russi non li privino della delizia del paterno reggimento. Se qualche dimostranza si permetteranno e' fia perchè non mettano a prova più dura la infinita loro pazienza a sopportare e a patire. Di ciò interpreti la maggiore parte dei Vescovi, che la verità sanno da due parti, da quella di Dio, e dall'altra dei popoli. Dunque poniamo il caso che si voglia, e volendo si possa adoperare una guisa diversa, e supponiamo altresì, che tutti i popoli senza paura rimangano facoltati a dire la sua, e allora del pari il convenire dei regi che monta? I popoli vorranno prima essere affrancati dalla dominazione straniera, e poi dalla casalinga; però che in ogni tempo pochi principi abbiano preferito regnare coll'amore, piuttostochè col terrore, e la terra considerino podere proprio dove chi vive è bestiame, e chi muore ingrasso. Nel concilio dei re chi rappresenterà dunque i popoli? Chi ardirà farsi innanzi don questa maniera di mandato? E' tornerebbe lo stesso che andare a farsi seppellire da sè; per la quale cosa si chiarisce come si dovrebbe commetterne la incumbenza ai re. Omero ha chiamato i Re pastori di popoli, mentre il Byron li appellò addirittura lupi; su di che io mi astengo giudicare, considerando che o lupi o pastori la messa torna a mattutino, dacche o che gli uni tengano il Congresso o gli altri, la materia non si può versare che intorno al mangiarsi gli agnelli cotti o crudi. Questo poi una differenza veramente per noi la fa: quanto ne vadano lieti gli agnelli non è facile darcelo ad intendere.

      Ai dì nostri che tengono bottega aperta di piaggeria, e di vituperio come di ogni altra mercè, non mancò chi celebrava la proposta del Congresso come tiro furbesco da sbancarne il Macchiavello in persona: là dove fosse così io per me affermo tra i mali metodi di governo pessimo quello che poggia sopra la bindoleria, però che non puoi filare sempre tanto sottile che altri non si accorga del tuo tramestio, e allora perdi il credito, nè ti avranno più fede mai, sia, che tu mentisca, o che dica la verità; e poi ognuno s'ingegna vincere di scherma lo schermitore, per la quale cosa dai e dai la sua brava botta diritta all'ultimo gliela ficcano. Lo intelletto umano sostenuto dalla logica, e dalla lealtà non solo dura, ma cresce di vigore progredendo; invece appoggiato alla frode ogni dì più strapiomba, e quanto maggiormente si travaglia a ingannare di tanto si sconcia. Sicuro, a modo che i pesci da che mondo è mondo si pigliano con le reti, e gli uccelli co' vergoni così gli uomini con le parole dolose; non però gli uomini, che fanno professione di sagacia, e sia quasi esercizio del loro mestiere; imperciocchè allora tanto sa altri quanto altri, e tra corsale e pirata non ci corre che i barili vuoti, E parmi che non si possa allegare con frutto l'esempio del Borgia sempre traditore, e sempre creduto; imperciocchè i traditi il più delle volte presagissero il fato soprastante ma nol potessero evitare; e nè anco potendo vollero, dacchè fuggendo era certa la perdita della sostanza, e restando


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