I Mille. Garibaldi Giuseppe
graziosamente su d’un pennone nelle tempeste e qualche volta al più alto dell’alberatura, mi torna il prurito dell’antica professione, e ricordo con compiacenza l’ammirazione e l’affetto che in tutta la vita ho nutrito per il buono ed ardito marinaro italiano.
Per la sventurata condizione del suo paese, il marinaro italiano è obbligato di cercare impiego sui legni stranieri d’ogni nazione. Dalla Francia alle Indie voi lo trovate dovunque, e dovunque stimato e portato in palma di mano (come diciamo noi marini), perchè a nessuno la cede in abilità, laboriosità e coraggio.
Il Perù, il Chilì, e tutta la costa americana del Pacifico, è zeppa dei nostri arditi navigatori.
Nel Rio della Plata, dal palischermo che vi sbarca, al piroscafo ed alla palandra che vi conducono nell’interno di quei fiumi immensi, son quasi tutti italiani.
Ed il Governo italiano sa esso di avere il fiore dei nostri marinari sparsi sulla superficie del globo? Dico fiore, poichè sono veramente i migliori, coloro che insofferenti di miserie e di depredazioni si lanciano nelle avventure di vagante vita in lontane contrade.
Il governo sa d’aver molti marinari, e per le sue belle imprese li trova anche eccellenti. Io sono comunque d’avviso, che sebbene non sianvi i migliori marini a bordo dei nostri bastimenti da guerra, la colpa delle nostre sconfitte sarà sempre unicamente per direzione pessima.
O Carambollo! perchè non ti ricorderò ai nostri concittadini! Forse perchè, semplice marinaro? E che importa! tu eri tanto buono, tanto agile, e coraggioso da servir di tipo al vero marinaro italiano.
Carambollo, compagno mio a bordo di una fregata francese destinata a Tunisi nel 1835, aveva fatto parte dei marinai della guardia, nella campagna del 1812 in Russia quando gl’Italiani erano legati al carro del primo Bonaparte. E in tutte le sue parodie il 3º Impero è pervenuto anche oggi ad assoggettare questo infelice nostro popolo!
Non era dunque più giovane Carambollo; ma quando si divertiva a volare da un albero della fregata all’altro, appena tenendosi colle mani o coi piedi, egli levava tutti in ammirazione.
Il salvato dalle onde manifestò alcuni segni di pazzia, e forse egli si gittò col proposito di raggiungere il Lombardo che veniva dietro il Piemonte; la freschezza del mare però tornandolo a più savi consigli, egli mostrossi espertissimo nuotatore lottando per raggiungere il palischermo che vogava alla di lui direzione.
Il contrattempo delle munizioni, nella prima notte del nostro viaggio che ci obbligò di andare a Talamone e quello del pazzo che ci ritardò alquanto, influirono certamente al buon esito della spedizione. E veramente avendo toccato nel porto suddetto fuori d’ogni previdenza ci sviammo dalla retta che va da Genova all’Occidente della Sicilia. Il benefizio del ritardo, cagionato dal pazzo, lo vedremo al nostro arrivo a Marsala. La traversata si compie senza altri incidenti, e l’alba dell’11 maggio ci trovò all’atterraggio del Marittimo.
NOTE:
[7] Espressione usitatissima, che significa vogar indietro, e che richiude un pleonasmo, poichè sciare significa retrocedere, senza bisogno dell’indietro.
Indice
CAPITOLO V.
MARSALA.
L’immacolato tricolor dolenti
Sì noi macchiammo per veder risorti
Della Romana Italia i macilenti
Nipoti a un fascio e a un camminar consorti.
(Autore conosciuto).
Eccola! l’isola dei portenti; la patria di Cerere, d’Archimede e dei Vespri, cioè dell’intelligenza e del valore.—Archimede, prototipo dei favoriti dell’Onnipotente, trovava il globo da lui abitato cosa insignificante, paragonato all’infinito, e chiedeva una leva, il manico d’una scopa, per smuovere questo domicilio d’insetti.
I Vespri! E qual popolo della terra ha i vespri?—Roma cacciò i Tarquinii; Saragozza i Napoleonidi; Genova e Bologna gli Austriaci, ma chi, come questo invitto popolo, esterminò in poche ore un esercito formidabile d’oppressori senza lasciarne vestigio? Fatto unico nella storia del mondo!
La direzione dei Mille era pur Sciacca[8], ma l’ora tarda consigliò d’approdare al porto più vicino di Marsala.
La pesca è per il laborioso popolo di Sicilia un mezzo d’industria non indifferente, e l’isola in tutte le sue coste è solcata da molte barche pescherecce.
I Mille avean bisogno di conoscere se v’erano legni da guerra in Marsala, e quindi si corse sopra un pescatore per aver informazioni. Il pescatore che servì anche da pratico, informò che soltanto una corvetta inglese giaceva all’áncora su quella rada; che però varii bastimenti da guerra n’eran partiti alla mattina con direzione a levante verso Capo S. Marco.
E veramente verso Capo S. Marco si scorgevano due vapori ed una fregata nemici che si diressero su di noi subito scoperti.
Qui corse all’idea di molti che il ritardo in mare per ricuperare il pazzo fu giovevole.
Giunti a Marsala i due piroscafi, s’incominciò subito lo sbarco, aiutati dai palischermi di varii legni mercantili ancorati nel porto.
Il Generale Türr, con una compagnia di avanguardia, marciò immediatamente verso la città, ove non vi fu resistenza. Intanto i Mille sfilavano coperti dal molo, e poco curando una pioggia di granate e mitraglie che il naviglio Borbonico inviava a profusione, e che per fortuna non cagionò feriti.
A Marsala si parlò di dittatura, che poi venne proclamata a Salemi nel giorno seguente, e si confermò il motto: Italia e Vittorio Emanuele. Savia deliberazione che, non ostante l’opinione contraria dei puri (manifestata in seguito), giovò non poco a facilitare la spedizione.
Il 12 maggio si giunse a Salemi, ove si cominciò ad aver la riunione d’alcune squadre di Siciliani.
Il 13 si giunse ad una tenuta campestre, il di cui proprietario credo fosse un Mistretta.
Il 14 a Vita, ove s’ebbero notizie trovarsi il nemico a Calatafimi.
Il glorioso 15 maggio decise della sorte della campagna.
NOTE:
[8] Città.
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CAPITOLO VI.
CALATAFIMI.
Vittorioso!
Non catafratto un popolo
Dalla battaglia uscir!
(Berchet).
L’alba del 15 maggio trovò i Mille disposti a battaglia sulle alture di Vita, piccolo villaggio di quel nome, e dopo poco il nemico usciva in colonna da Calatafimi alla nostra direzione.
I colli di Vita sono fronteggiati verso