Vita mondana. Memini

Vita mondana - Memini


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le depose sulle proprie spalle.

      Il volto di Diana s'era acceso d'una fiamma rosea; ella guardava Alberto intensamente, con una passione, un'affetto senza pari!...

      — Alberto! disse ancora con voce tremante. Ma l'intenzione del rimprovero, moriva, soverchiata dalla dolcezza suprema dell'appello inconscio, innamorato.

      Sono tornato, mormorò il giovane. Non mi sgridare, non mi tormentare. Ho voluto ubbidirti, ho provato a stare lontano da te!... Ma non posso. Non posso, intendi? E tu pure non puoi... nevvero... Diana?

      Le sue parole avevano quell'intonazione rotta, confusa, susurrata, ch'è la più fatale eloquenza dell'amore. — Pure ella tentò di reagire.

      — Io?... lo posso... sì... perchè no?

      Ma tutto smentiva la povera menzogna. Alberto sorrise. Le sue dita stringevano i freddi polsi di lei e il suo sguardo ardente si fondeva nella luce calda, umida, dell'occhio di Diana.

      — Siediti qui, le disse, accennando col mento la poltrona.

      — No, diss'ella a denti stretti, con irosa disperazione. — Egli aggrottò le ciglia. — Allora Diana con una súbita scossa, liberò le sue mani.

      — Va via, gli disse con rauca voce, va via!

      — È inutile, lo vedi. Tornerei ancora.

      Diana tacque. Sentiva ch'egli aveva ragione. Il pensiero di ciò ch'ella aveva sofferto, nell'assenza di lui, la colse vivido, pieno di ribellione. Ed ora egli era tornato... era lì e per un momento la gioia inconsulta, suprema, del suo ritorno irruppe unica in lei, cancellando ogni altra impressione.

      Egli leggeva, sorridendo, su quel libro aperto. Le si accostò e se la strinse dolcemente, quasi rispettosamente al cuore. Tremava anch'egli, vinto da un'emozione che non pensava a celare, nella sincerità impetuosa del suo amore. Le sue labbra cercarono quelle di lei, che parevano protendersi, ma che, irrigidite ad un tratto, si sottrassero all'incontro.

      Ed ella rizzandosi gridò superbamente. Non voglio!

      Non voleva infatti. — Ma qualcosa in lei, qualcosa di ardente e di indomabile voleva a dispetto della sua volontà; ed ella si esauriva nello sforzo di quella ribellione, nella fatica della propria reazione contro il cuore affascinato ed i sensi destati. Diana e Alberto si amavano così da più mesi, con una verità ed una forza di passione che nulla osteggiava in lui.

      In lei combattevano, dilaniandole il cuore, l'innata purezza dello spirito, l'influenza di una austera e religiosa educazione, l'istintivo orrore della macchia. Ma ella avvertiva dal paro la forza spietata che la trascinava ormai sulla rapida china dell'amore. E perciò; come tante altre povere anime così grottescamente e miseramente create, ella amava, soffriva e lottava tanto!

      Per lui tutto ciò era una novità. Sentiva di aver scatenata una tempesta vera nel cuore di una vera donna e conosceva abbastanza le donne per apprezzare il valore e la verità del fatto. — Non aveva deliberatamente tentata la conquista di Diana; s'era abbandonato, ad occhi aperti però, alla dolcezza nuova di un sentimento, lasciando poi ch'egli seguisse il corso della sua logica evoluzione. Aveva lasciato venir l'amore senza sollecitarlo, serbando, anche quando l'aveva ravvisato in volto, un rispetto gentile per la donna gentile che glielo aveva ispirato. No, quell'amore non poteva essere per lui un episodio volgare come i tanti che l'avevan preceduto. — Certo; non doveva neppure essere un episodio eccezionale, ma tanto nel suo delicato epicureismo della passione, quanto nella sincerità stessa del suo amore per Diana, egli aveva trovate delle onorevoli ed eccellenti ragioni per prolungare uno stato quo del quale molti avrebbero potuto sorridere.

      Aveva avuta, aveva tutt'ora una certa pietà di Diana e delle sue intime lotte. Senonchè, da qualche tempo in qua, cominciava ad aver pure una certa pietà di sè stesso... Bellissimo, curiosissimo in lei quel contrasto di docilità all'amore e di ribellione alle sue esigenze, ma durava da un po' di tempo e... come ammettere che avesse a durar sempre?

      Il marito... solito, che non sa... che non ci pensa, che nulla teme. Cacciatore emerito, ora in Sicilia, ora in Sardegna, ora in Maremma. Bello e giovane, d'indole gaia e spensierata senza finezza alcuna, senz'altre cure che quelle del compiacimento proprio, di un'immoralità comoda e larga, spesso infedele e bonariamente sorpreso che Diana avesse a tanto adontarsene, tranquillo nel sereno convincimento dell'innocuità dei suoi piccoli tradimenti di passaggio. — Ma Diana l'intendeva altrimenti. S'era messo in capo una stramba idea, che la fedeltà nel matrimonio dovesse esser obbligatoria per entrambi i conjugi!.. Aveva ignorato molto, perdonato qualcosa, ma non ammetteva la recidiva e il suo pseudo amore pel marito s'era smorzato, bruscamente, nella collera di quelle replicate offese alla santità del vincolo. — Uno scandaluccio di bassa lega, qualcosa che s'aggirava tra una cameriera e una ballerina, aveva esasperato il risentimento di Diana ed ella aveva creduto bene di ritirarsi nella sua tenda; cioè nella sua villa di Rezzano.

      Ed a ciò s'era limitata, solo per deferenza ai caldi consigli di sua madre, poichè questa, la buona contessa Galli, osteggiava apertamente la estrema risoluzione alla quale Diana aveva pensato dapprima. Diana, quella benedetta figliuola, aveva parlato nientemeno che di una buona e completa divisione. Quella povera creatura aveva un'antipatia istintiva per le mezze misure e per le posizioni mal definite. Si sentiva crudelmente offesa e voleva dimostrarsi tale.

      Non erano dunque al tutto divisi. Leone, il marito, non desiderava affatto una divisione. Vivevano assieme, scontenti, nel malessere di quei mutati rapporti, nelle perenni difficoltà delle loro conseguenze.

      Egli si dedicava molto alla caccia, faceva lunghe e frequenti assenze. Si scrivevano solo quando occorreva, per affari, lettere cordiali, freddine che cominciavano: Carissimo amico... ovvero: Mia buona Diana, e non si aggiravano che su cose indifferenti. La buona Diana si era isolata nel suo cantuccio della tenda comune e aveva iniziato un modus vivendi abbastanza frigido, che il marito aveva tacitamente accettato, distratto in quel tempo da altre preoccupazioni e da quelli che a lui parevano sufficenti compensi.

      Ella aveva intensamente gioito, della riacquistata libertà e aveva fatta una scoperta famosa... quella di poter viver così, a quel modo, per sempre. Non temeva nè di sè, nè dell'avvenire. Si ubbriacava d'acqua fresca e faceva delle orgie d'aria pura. Aveva degli alti ideali, una grande fiducia nella fermezza dei suoi principi. Conduceva a Rezzano una vita solitaria ed austera, occupandosi di libri, di poveri, di fiori, credendo sinceramente di poterla durare all'infinito... non felice no... ma tranquilla.

      Ma così non la pensava nè poteva pensarla il destino che aveva dato a quella donna un benedetto cuore, uno di quelli che sono per l'amore ciò che l'elitropio è pel sole. Il cuore di Diana, ozioso, non tacitato, illanguidiva come una persona che campa di troppo scarso alimento. Ella non lo sapeva forse, ma soffriva intensamente.

      E allora; al momento dato, era venuto Alberto e aveva posto piede a poco, senza ch'ella dapprima lo avvertisse, nel vano di quella vita.

      Era un antico conoscente di casa, compagno di liceo e di università, a Leone Rezzano. Dimorava in una città poco lontana e avendo certi beni nel vicinato, capitava di frequente da quelle parti. Nessuno ci trovava a ridere e Leone non era affatto geloso.

      Nella sua fiducia entravano parecchi elementi; quali buoni e quali no. Aveva molta stima di sua moglie, sapeva ch'essa aveva passati, incolumi, i primi anni del loro matrimonio, nutriva il convincimento ch'ella fosse troppo bene educata, non solo, ma anche troppo freddina per fare: uno sproposito — Poi... quella tal dose sopranumeraria di cecità che hanno quasi tutti i mariti!... A dir vero; la sua fiducia era abbastanza logica, ma la spensieratezza del suo carattere ne esagerava alquanto le conseguenze.

      L'amore s'era dunque presentato a Diana colla veste gentile ed il sicuro aspetto dell'amicizia.

      Passato un certo tempo, la cordialità, si accentuò fra Alberto e Diana, divenne un intesa delicata e costante. Si meravigliavano, ingenuamente, di scoprire ogni giorno, nuove comunanze di gusti, di simpatie, una tenerezza latente metteva nei loro semplici, contegnosi colloqui delle finezze squisite di segrete emozioni, assaporate con un acuità di confuso


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