Il roccolo di Sant'Alipio. Caccianiga Antonio
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Antonio Caccianiga
Il roccolo di Sant'Alipio
Pubblicato da Good Press, 2020
EAN 4064066068714
Indice
AL SIGNOR CAVALIERE DOTTOR LUIGI COLETTI.
AL SIGNOR CAVALIERE DOTTOR LUIGI COLETTI.
Egregio Signore ed Amico,
La difesa del Cadore è uno dei più eroici episodi delle nostre guerre d'indipendenza. Se io conosco nei più minuti particolari quei fatti memorabili lo devo alla vostra somma benevolenza. Voi mi avete confidato con amichevole cortesia quelle memorie personali, ove raccoglieste quasi giornalmente tutti gli avvenimenti di quell'epoca, nella quale foste l'inseparabile compagno del capitano Calvi, e mi avete comunicato tutti i preziosi documenti che avete conservati come membro del Comitato di difesa.
Ospite in casa vostra, a Pieve di Cadore, m'avete fatto partecipe della vita cadorina, abbiamo visitato insieme i siti ove ebbero luogo le azioni più rimarchevoli della difesa, m'avete fatto conoscere degli uomini che vi presero parte; siamo saliti sui monti, abbiamo penetrato nelle vecchie case, ci siamo seduti intorno ai focolari del popolo facendo come un'inchiesta rigorosa sulle memorie domestiche, e sui costumi locali.
Ci siamo riposati al Roccolo di Sant'Alipio, soffermandoci in quel nido delizioso del Montericco, contemplando da quel pittoresco romitaggio la stupenda valle del Piave, e i monti che le fanno corona. A merito vostro conosco per nome tutte quelle cime, tutti quei boschi, tutti quei paeselli, e tutte quelle persone gentili che soddisfecero pienamente la mia insaziabile curiosità.
Questo libro che racconta le semplici vicende d'una famiglia, in quei tempi burrascosi è uscito dalle vostre note, e dalle nostre comuni inchieste; esso vi appartiene intieramente, e mettendo il vostro riverito nome in testa di questo volume, io compio un dovere di giustizia, nell'atto che vi offro una prova della mia perenne riconoscenza.
Vogliate essermi indulgente per tutto quello che ho guastato nel quadro, tanto nelle macchiette che nel fondo, e perdonate se non ho saputo riferire con precisione le nostre impressioni, che tuttavia conservo vivissime.
Mi rammento, come se fosse ieri, quel giorno che abbiamo incontrato Sior Antonio dietro le vecchie case affumicate di Auronzo....
Ma non posso rifare il libro in questa lettera, e mi limito ad augurare agli italiani di far conoscenza intima di questo angolo romito delle nostre Alpi,... tanto dilette agli inglesi.
Stupendo paese!... ricco d'antiche virtù e d'onesti costumi, d'uomini forti come le sue rupi, fedeli nell'amore della patria colla tenacità degli abeti barbicati nelle roccie delle loro montagne, costanti negli affetti domestici che consolano quelle modeste dimore con gioie soavi e salutari come il profumo dei loro boschi.
Con animo grato per le vostre cortesie, vi presento questo libro che porta un nome a tutti noto alla Pieve, pregandovi di raccomandarlo all'egregia vostra famiglia, e ai vostri amici, come il ricordo di un'ammiratore sincero del Cadore che non sa dipingere al vivo quello che sente, ma che sa valutare quanto meritano quei semplici costumi in mezzo di quella natura sublime.
E conservatemi la vostra benevolenza.
Villa Saltore, 30 luglio 1880.
devotissimo amico
Antonio Caccianiga.
IL
ROCCOLO DI SANT'ALIPIO
I.
La neve cadeva a larghe falde a Pieve di Cadore, e il vento che soffiava dall'Antelao la portava sui ballatoi e sulle scale esterne delle vecchie case di legno, sui poggiuoli e sulle cornici dei balconi delle case nuove. Il nevischio penetrava in tutti gli angoli, si accumulava sugli abbaini dei tetti, si distendeva sugli spigoli sporgenti dai muri. Nella penombra della sera si vedevano i fuochi accesi nelle cucine; e il fumo che usciva dalle porte dei casolari, e dai camini delle case, spargeva d'intorno un odore di resina misto di fritto e di arrosto, che invitava gli abitanti a rientrare in fretta al loro domicilio.
E infatti tutti i viandanti imbaccucati nei loro tabarri o stretti nei panni affrettavano il passo, e si dileguavano per le vie, mentre si chiudevano tutte le imposte, e le strade si facevano deserte.
Era il giorno di Natale del 1847, e in casa Lareze ardeva sul focolare una fiamma viva che faceva bollire varie pentole, bronzini, e marmitte, e riscaldava tutta la famiglia seduta sulle panche intorno al camino. Sior Antonio ascoltava i sibili esterni del vento, e udendo il vicino gorgogliare delle pentole si fregava le mani, e fiutando quelle esalazioni appetitose, e guardando una damigiana dall'ampio ventre che era stata depositata sopra un tavolo, pareva ringraziasse il cielo di non avergli fatta una parte