I drammi de' campi. Emilio Raga

I drammi de' campi - Emilio Raga


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il padre di Castrenze….

      —Misericordia!

      —Ieri seppe che gliele rubò il figliuolo….

      —E?…

      —Diventò un diavolo dell'inferno, e gli fece confessare che cosa ne aveva fatto.

      —E come si fa ora?… oh, Vergine santa!…

      Il furbo si stringeva nelle spalle, sporgeva il labbro inferiore: e' non lo sapeva…. no, davvero non lo sapeva…. l'affare era brutto assai….

      E quando l'ebbe impaurita a dovere, disse dimenando il capo:

      —Via…. forse…. si può accomodare ogni cosa.

      —E come?

      —Datemele, le darò a Castrenze, egli le rimetterà al posto…. troverà una scusa….

      —E i miei dodici tarì?

      —Che volete, ce li siamo mangiati: chi poteva supporre una cosa simile!

      —Io voglio i miei dodici tarì, strillò la vecchia.

      —Ebbene vi si restituiranno i vostri dodici tarì, non abbiate paura. Credete d'aver da fare con ladri? accordateci un po' di tempo per poterle mettere assieme…. Se poi preferite andare in prigione….

      La vecchia borbottò qualche cosa, andò al pagliericcio, ne scucì un poco da un lato, cacciò la mano dentro, ne cavò fuori le posate, e le dette al monello.

      —Non ti dimenticare di portarmi il mio danaro, sai!

      Ma già Peppe era lontano.

      Trovò l'amico che l'aspettava con impazienza.

      —Guarda, gli disse: e alzato il lembo del giubboncello, gli mostrò le posate.

      —Oh, e come hai fatto a riaverle!

      Peppe gli raccontò ogni cosa, tra scaltri ammicchi, e sghignazzamenti.

      —E ora che ne faremo? domandò Castrenze.

      —Le porterò a un altro, to'.

      —Bravo.

      E così fece: e l'indomani nuova gozzoviglia nella taverna del

       Maffioso: e nella piazza il solito «aspetta.»

      Quello che questa volta aveva preso le posate era un contadino conosciuto per uomo che soleva tenere il sacco a' piccoli ladri: un vecchio tabaccoso che pareva la morte secca. Prendeva il fresco, appollaiato come un barbagianni sulla soglia dell'uscio, quando arrivò Peppe correndo.

      —Che hai, gli domandò col suo risolino scaltro, sei inseguito dagli sbirri?

      —No…. entrate… devo parlarvi. E chiuso l'uscio, seguitò. Queste posate….

      —Ebbene?

      —Sono del Capurbano, il padre di Castrenze.

      —Diavolo!

      —Seppe che gliel'aveva rubate il figliuolo, lo prese per un orecchio, lo condusse in una stanza, serrò l'uscio, e lì di dove vieni? vengo dal mulino. Capite…. svesciò ogni cosa…. anche che le posate l'avete voi.

      —Davvero!

      —Maria santissima, rispose il monello facendo croce delle mani sul petto.

      —E come si ripara ora?

      —Ci sarebbe un rimedio, insinuò il tristerello.

      —E quale? Di su…. presto….

      —Datemi le posate…. Castrenze le rimetterà al posto, io negherò…. voi pure, e tutto sarà finito.

      —E i dieci tarì che ti detti?

      —Ce li siamo mangiati, parola d'onore; però domani cercherò di portarvene tante galline.

      Il contadino si fece bestemmiando a un angolo della stanza, sollevò un mattone con la punta d'un coltello che s'era levato di tasca, prese le posate e gliele dette.

      —Non ti dimenticare di portarmi le galline, sai!… se no…. quanto è vero Dio….

      —Oh, per chi mi prendete! E intascate le posate, andò via.

      Quel giochetto durò otto giorni; e i due amici se la passavano proprio come tanti re.

      Ma ci fu il duro che non cadde nella rete; che negò non solo di saper di posate, ma minacciò anche di prendere a pedate nel sedere il tristerello se non batteva il tacco, e addio cuccagna.

      Il diavolo addosso però l'aveva mastro Andrea che inghiottiva male i lavacapi che gli faceva il sor giudice, gonfiando le gote, e sbuffando. Al degno sbirro era entrato il sospetto che autore di tutte quelle birbonate fosse Peppe: ma come fare ad averne la certezza?

      —Riga diritto ragazzo! gli diceva facendo gli occhiacci ogni volta che l'incontrava per la strada.

      Ma lui cacciava le mani in tasca, e alzava le spalle, ed esclamava:

      —O che vi salta in mente, mastr'Andrea!

      —Basta, sono affari tuoi codesti…. uomo avvisato, mezzo salvato.

      E lo sbirro tirava per la sua via brontolando.

      Intanto non aveva pace: e fruga di qua e domanda di là, finalmente ci riuscì a risapere ogni cosa. Le posate al farmacista gliele aveva rubate Castrenze, l'avevano vendute insieme con Peppe e s'eran mangiato il danaro da mastro Nicasio! Il povero sbirro si mordeva le pugna: ah, il birbone aveva qualche santo dalla sua! come fare a parlare? quella forca di Castrenze era figlio del Capurbano!!

      Ma era uomo di mondo mastro Andrea, e stimò esser da sciocco il perdere tutto il benefizio di quella scoperta. «Non si sa mai come possano andare le cose» era la sua massima. Basta andò diviato dallo zio Saverio. Gli era stato sempre amico…. ricordava sempre i bei tempi che facevano a sussi alla Rupe, dalla buon'anima di suo padre, e non voleva guastarsi con lui…. Però rimediasse, e presto…. un altro caso simile, e addio…. era costretto a parlare poi, se non voleva perdere il pane; aveva moglie e figliuoli da mantenere lui.

      E quando l'ebbe tenuto tanto sulla corda, che il pover'uomo ansava, e lo guardava spaurito, non sapendo dove diavolo volesse andare a parare l'amico, a qualche cosa di serio per certo, gli disse: è successo questo, questo, e quest'altro.

      Lo zio Saverio spalancò tanto d'occhi; poi tirò giù il berrettino, e cominciò a grattarsi la zucca.

      —Birbone!… ripeteva con voce piagnucolosa, birbone!… E non sapeva dir altro.

      Anche questa volta prese il bastone, e corse da don Francesco. Il buon galantuomo scosse il capo e il codino, e guardando il vecchio che pendeva dalle sue labbra, disse:

      —Qui bisogna rimediare seriamente.

      —E come? Santo Dio, non ho forse fatto di tutto per….

      —Umh, interruppe l'altro grattandosi l'orecchio, ne siete proprio sicuro?… Siete stato troppo debole, compare Saverio, troppo debole! Certi esseri, vedete, che hanno un curioso naturale, bisogna tenerli sotto appena escono dalle fasce, altrimenti è impossibile ridurli: il trattarli poi con un po' di fra Pioppo non fa mica male. (Fra Pioppo, chi non lo sapesse, per don Francesco era il bastone). Avete lasciato prender radice ai cattivi istinti, compare Saverio; e ora, Dio non voglia che sia troppo tardi!

      Lo zio Saverio lo guardava tutto sgomento, e a bocca aperta: don

       Francesco strinse le sopracciglia, e stette a pensare.

      —Via mandiamolo a Bronte, e facciamolo prete, disse a un tratto.

      E impietosito della cera che seguitava a fare il vecchio, cercò di consolarlo.

      Stesse tranquillo, nel seminario l'avrebbero ammansato; ben altri musi che il nipote que' padri avevano


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