Da Firenze a Digione: Impressioni di un reduce Garibaldino. Ettore Socci
moglie passa dalla finestra.
Una gran risata echeggia da un capo all'altro del ponte… Che è, che non è?… È comparso un individuo: in perfetto costume di Adamo: per risparmiare la spesa del barchettaiolo, oppure per non esporsi al pericolo di perder qualche cosa, come noi tutti, aveva preferito buttarsi a noto nel mare; Era un bel giovinotto e ci riuscì subito simpatico per lo strano modo con cui a noi si presentava. Povero diavolo!… Io lo dovea rivedere, ma col cranio fracassato da una palla prussiana, sulla gran via di Parigi, sotto Talant, e mi rincresce di non sapere il suo nome, perché rammentandolo, forse a lui darebbe un pensiero pietoso qualche anima buona! Mi conforta però, la persuasione che chiunque lo abbia veduto in quel giorno, non potrà così facilmente obliarlo, e, leggendo queste modeste mie righe, capirà alla prima di chi voglio parlare.
—Signori mi rincresce—Venne adirci il capitano—ma per stasera è impossibile la partenza—Il libeccio è tremendo ed io non ho intenzione di mettermi in sicuro pericolo.
—Ma noi… saremo sicuri?—Domandò uno.
—Sulla mia parola d'uomo onesto, nessuno potrà farsi bello di avere insultato la bandiera francese, qui dove sono io… se non viene il console a bordo, e se egli pel primo non mi ordina di assistere ad una flagrante violazione del diritto delle genti, i questurini prima di toccare uno solo di loro, dovranno passare sul mio cadavere.
—Grazie, capitano—Gridammo noi tutti—Voi siete un vero Francese.
—E a che ora si mangia?—Chiese sbadigliando uno dei nostri, a cui le idee non facevano dimenticare di essere uomo.
—Alle cinque…. ci è il pranzo dei viaggiatori….
—Noi veniamo tutti a quello… non è vero compagni?
—Sì—Risposero gli altri all'unisono.
Io mi azzardai allora di salire: e rincattucciato dietro il parapetto del bastimento, diedi un'occhiata alla riva vicina: qualche facchino passeggiava distrattamente in su e in giu, nessuno osservava il nostro battello; tutto a un tratto uno scialle rosso e uno nero, compariscono sulla via; due donnine dalla taglia svelta e slanciata si appoggiano all'impalancato che circonda il porto ed affissano i loro occhi sul Var. Chi sieno queste due creature?—Pensai tra me e me e cominciai a figurarmele bellissime, e mi parvero gli angeli del buon'augurio che fossero venute li a darci il buon viaggio; ma poi un altro pensiero mi sopraggiunse: Povere donne!.. Devono essere di certo parenti, amiche di qualcuno che è insieme con noi, e sfidano questo vento e questa indiavolata stagione, purché loro sia dato vederlo, fosse anche per l'ultima volta: povere donne!… Per noi uomini la gloria, le improvvise e belle emozioni, lo stordimento che ci procurano e i nuovi piaceri e le nuove occupazioni, le gioie dell'orgoglio soddisfatto, per esse la solitudine, la lontananza delle care persone, la continua ansia di saperle in pericolo.
Tornai giù e dopo poco ci movemmo tutti per il pranzo: nel ripassare io vidi i due fantastici scialli.
Il trovarci tutti insieme a mangiare sul Var, dopo le belle cose che ci erano accadute, non poteva fare a meno di darci un brio, una parlantina, un ebbrezza, che, chiunque ha in zucca un pò di mitidio, comprenderà perfettamente alla prima. I nostri appetiti erano qualche cosa di classico ed il cameriere di bordo ci guardava con certi occhi stralunati, pensando certamente che, su ogni giorno gli fossero capitati di tali avventori, prudenza avrebbe voluto, che l'ordinario fosse a dir poco, raddoppiato.
Cominciarono i brindisi; i ricordi più cari s'intrecciavano coi più generosi propositi: ora uno parlava degli occhi celesti della graziosa biondina che aveva lasciato a Firenze, ora un altro giurava di non aver comprato un revolver perché era sicuro di prenderlo al primo ufficiale prussiano, che gli si fosse presentato davanti e che avrebbe ucciso dicerto.
—Evviva, Evviva.
Che c'è?
Entra nella stanza Gagliano! Un altro fiasco che hanno fatto le guardie!
—Ieri passò da Firenze Ricciotti; là—dice—troveremo lassù anche lui!
—Evviva Ricciotti—Gridano tutti.
—E Menotti, e Garibaldi e tutti i bravi Italiani che ci han preceduto!.
Dopo poco entra Tito Strocchi, giornalista repubblicano e valoroso soldato, che tanto onore si è fatto dappoi.
—Ma dunque ci siamo tutti!
—Tutti—Urlano entrando alla lor volta il Rossi e il Piccini.
—Anche tu!—Dicemmo a quest'ultimo—E come hai fatto stronco, come sei, ad arrampicarti?
—Eh! Le guardie di finanza son dalla nostra e ci hanno insegnato la strada: Figuratevi che noi siamo passati per la scaletta, proprio, come se si fosse viaggiatori!
—Ma le guardie ci son sempre?
—Se ci sono!.. E bisogna vederli quei poveri diavoli a questo brezzone… infilan le pispole, come se si fosse in pieno gennaio!
—Anche voi però…
—Non ve lo neghiamo, il freddo ci è entrato nell'ossa.
—Del cognac del cognac!…
—E il cameriere ci portò una bottiglia polverosa dì vecchio cognac, che avrebbe messo energia anche a un deputato del terzo partito. E qui bevi; bevi in un modo incredibile; in un momento il tavolo fu pieno di bottiglie e quando andai per distendermi nella mia cabina vedevo tre o quattro colonnelli, una ventina di lumi, e un centinaio di persone, tra le quali apparivano circondati da un'aureola i due scialli che mi avevano fatta tanta impressione, pochi momenti innanzi.
Tale era il mio sonno e, diciamolo pure, l'alterazione in me prodotta dal vino che quando mi destai, il sole era già alto. Salii a poppa della nave dove trovai il povero Rossi che contemplava astrattamente l'immensa superficie del mare, divenuto di nuovo tranquillissimo; tutto era celeste e l'onde venivano a baciare colla loro spuma bianchiccia, la carena del nostro battello: si sarebbe di momento in momento aspettato che qualche Nereide sbucasse a fior d'acqua per rammentare ai mortali le dolcezze del buon tempo antico.
Il colonello Perelli, da vero vecchio militare, sapendo quanto il tempo è prezioso non se ne stava con le mani in mano ma dava prova di una instancabile attività; già aveva costituito le squadre, nominandone i capi, già aveva pensato al modo di provvedere il vitto per tutta quella gente (chè nella nottata il numero dei volontarii era asceso fino a cento) ed aveva in serbo per tutti buone speranze e conforti. La salle à manger era stata trasformata in ufficio di stato maggiore ed io fui incaricato a compilare il primo ordine del giorno.
Cominciavo a scrivere, quando scesero nella stanza l'agente della compagnia accompagnato dal capitano; mi domandarono dove si trovasse il Colonnello ed io mi mossi per andarlo a chiamare.
Salii immediatamente e trovai il Perelli a tu per tu con una vecchietta, tutta pepe e tutta piangente.
—Queste sono infamie e il governo dovrebbe mandarli in galera…. non si strappano così i figliuoli alle povere mamme che hanno fatto tanti sacrifizii per mantenerli.
—L'ho forse chiamato io il suo figliuolo? borbottava l'altro stizzito.
—Non lo so, ma lo voglio!
—Ebbene, se lo trova, che se lo riprenda!
—Loro me l'hanno nascosto, ho girato per tutto e non mi è stato possibile di trovarlo,
—E allora?
—E allora?! allora me l'hanno a rendere, e mi meraviglio di lei che non è più dell'erba d'oggi e che dovrebbe avere un po' di cuore e un po' di cervello.
—Ma, se il nome del suo figliolo non comparisce nel ruolo!….
—Quel birbone ne avrà dato uno falso…
—Colonnello, interruppi io, c'è il capitano e l'agente che lo desiderano.
—Vado…. mi sbrighi lei questa donna.