L'undecimo comandamento. Anton Giulio Barrili
così, non dico più altro;—rispose il signor Prospero, inchinandosi.—La geografia sarà un ornamento necessario per gli uomini; ma per le donne…. poi….
—Qui Ella potrebbe aver ragione;—interruppe il sottoprefetto con aria di benevola condiscendenza.—E m'immagino che avrà detto alla signorina che le donne non debbono andare ai poli.
—Se gliel ho detto! Ma vuol sapere che cosa mi ha risposto, quella testa bizzarra? Bene, andrò dunque all'equatore; c'è due terzi d'Africa da esplorare; gli influenti del Nilo da riconoscere…. Ha detto influenti o affluenti? Non so.
—Affluenti ed influenti, è tutt'uno;—-osservò il sottoprefetto;—credo, per altro, che sia più proprio il dire affluenti. Dobbiamo badare anche al patrimonio della lingua, signor Prospero; dobbiamo badarci sopra tutto noi, che siamo i depositarii del potere. Ma anche sulla faccenda dell'equatore, io spero che Ella avrà fatto valere la sua autorità tutoria.
—-Autorità, veramente, ne ho poca;—confessò il signor Prospero.—Mi sono contentato di dirle che ci fa troppo caldo in Africa, come fa troppo freddo ai poli, che non avrei potuto risolvermi lì su due piedi ad accompagnarla; che, infine, ci avevo i conti della tutela da aggiustare, e che questa fatica, necessaria per lo meno quanto l'ornamento della geografia, mi avrebbe preso un anno di tempo.
—È un anno di guadagnato;—disse il sottoprefetto;—e in un anno la testa di una ragazza può far variazioni di molte. La signorina Adele è romantica, e, in fondo in fondo, questo non mi dispiace. Il nostro giovinotto calcherà su questo tasto. E non gli sarà difficile, perchè, a dirla in confidenza, è innamorato cotto, e gl'innamorati vedono sempre con gli occhi della persona amata. Signor Prospero mio, ne faremo una duchessa, della sua bella nepote. Dica sinceramente, non le va?
—Che! ci avrei un gusto matto. Quei Gamberini, così superbi della loro contea, che guardano il paese con tanto disprezzo, dall'alto di una bicocca piena zeppa d'ipoteche….
—Parli piano, per carità!…
—Ha ragione, ha ragione. Ma il maestro è al cembalo e non si sentirebbe neanche una cannonata, là dentro. Quei Gamberini, dico, s'avrebbero a far gialli dalla rabbia. E la povera contessina!… Come la vedo brutta, quando saprà che il signor duca di Francavilla, venuto tra noi per studiare antropofagia….
—Antropologia, signor Prospero!
—Vada per antropologia. Tanto, non conosco nè l'una nè l'altra, di queste riverite signore. M'andrebbe in tanto sangue, la rabbia dei Gamberini! E se Adele si risolverà, non sarò io che ci avrò nulla a ridire. Ma bisognerà andar cauti, signor cavaliere, trattar la cosa coi guanti….
—È la massima dell'uomo politico;—notò opportunamente il sottoprefetto.—Solo la mano ha da esser di ferro; chi è guidato da essa non deve sentirla.
—Ed Ella mi dice,—ripigliò il signor Prospero,—che Sua Eccellenza il ministro….—
Il sottoprefetto non lo lasciò finire.
—In confidenza,—diss'egli, mettendo familiarmente il suo braccio sotto quello del suo interlocutore,—in confidenza, commendatore mio…. (lasci che io la chiami fin d'ora così)…. se rimango a Castelnuovo Bedonia, gli è solamente per questo. Abbiamo qui una parte, e non l'ultima, di un vasto disegno politico.—
II
A quella confidenza inattesa, ed anche oscura parecchio, del sottoprefetto di Castelnuovo Bedonia, il signor Prospero spalancò gli occhi e la bocca ad un tempo.
—Come!—diss'egli, dopo esser rimasto un istante in quell'atteggiamento di stupore.—Tutto questo, nel matrimonio della mia nepote?
—Ma sicuro! E non può vederlo anche Lei, solo che ci pensi un pochino? Signor Prospero mio, le faccio un ragionamento. Mi segua attentamente. Che cos'è, prima di tutto, la ricchezza d'un paese? La proprietà territoriale, mi risponderà Lei, la proprietà territoriale che dà i frutti e guarentisce le rendite, rappresentate nei loro termini visibili e trasmissibili, dell'oro, dell'argento e della carta. È un cànone di economia che la carta non possa superare una certa quantità, oltre la quale il suo valore si scema, crescendone di tanto il valore delle cose cercate. Cionondimeno, è desiderabile che la carta, termine transitorio di scambio, come l'oro è un termine fisso, dia nell'abbondanza piuttosto che nel difetto, ottenendosi con ciò una mobilità maggiore del capitale e una tendenza a spendere, di cui tutte le industrie e tutte le arti si vantaggiano, e per conseguenza tutte le classi di cittadini. Ella mi segue, signor Prospero?
—La seguo, ma veramente…. non vedo ancora….
—Vedrà poi. I ricchi, signor Prospero, i proprietarii della terra, sono i distributori della vita in un popolo. Ma non sono ancora tutto, come non è tutto ancora, nel corpo umano, quel congegnato sistema di arterie e di vene che spinge il sangue dal cuore a tutte le estremità, e dalle estremità lo riconduce al cuore. Non sono ancora tutto, ripeto. Accanto alla ricchezza, alla forza dell'oggi, c'è la tradizione, la ricchezza dell'ieri, che può esser forza o ricchezza del domani. Per uscir di metafora, ci sono i nobili, le grandi famiglie storiche, a cui principi e stati son debitori di tanta gloria e di tanta fortuna. Un paese ha mestieri di gloria come di pane. Anche la gloria è un elemento di prosperità. Un paese che non abbia tradizioni è come una casa a cui manchino i quadri. Ci avete il letto, la tavola, i cassettoni, le sedie, ma quella parete nuda vi dà la sensazione del vuoto. Ella m'intende, signor Prospero?
—Faccia conto;—rispose quell'altro, che incominciava a confondersi.
—Or dunque,—ripigliò con aria di trionfo il sottoprefetto,—che cosa dobbiamo far noi, per ornamento della gran casa che si chiama paese? Dobbiamo, o ch'io m'inganno, mantenere gelosamente le sue tradizioni. Il tentativo di cancellare ogni cosa non è savio; aggiungo volentieri che è vano, come si è dimostrato in Inghilterra sotto il Cromwell, e peggio in Francia, sotto il Robespierre. La reazione succede fatalmente all'azione. È una legge storica, com'è una legge meccanica. Uno stato prudente e previdente deve trasformare quello che non può mutare, tener conto di tutte le forze e moltiplicarle, associandole. Non le pare?
—Sono intieramente della sua opinione;—rispose il signor Prospero che non capiva più nulla.
—Ah, meglio così!—ripigliò l'oratore.—Ella dunque ammette con noi la necessità di queste alleanze tra famiglie e famiglie, tra i grandi nomi e le grandi ricchezze. Ma non basta.
—Come? Non basta ancora?—si provò a dire il signor Prospero.
—No, certamente, e la ragione non isfuggirà alla sua perspicacia. L'opera di un savio governo non finisce qui; deve andar oltre, promuovere queste alleanze tra provincia e provincia, perchè tutte le parti del gran corpo sociale ne risentano i benefici effetti e il corpo medesimo si rassodi nell'intreccio di tutte le parti che lo compongono. Ora, che cosa siamo noi, prefetti (e dico prefetti, perchè la promozione non può star molto a venire), che cosa siamo noi, se non gli strumenti di questa indagine, di questa cura diligente, di questa….—
Il cavalier Tiraquelli cercava il sostantivo, e il signor Prospero glielo suggerì.
—Impresa matrimoniale;—diss'egli.
—Signor Prospero!—esclamò il sottoprefetto, rizzando la testa, come per dare tutta la misura della sua dignità offesa.
Ma tosto si avvide, all'aria modesta del signor Prospero, che il suo interlocutore non aveva voluto dir niente di malizioso, e ripigliò, sorridendo:
—Diciamo anche impresa matrimoniale, quando i matrimonii non escano da quest'ordine elevato d'idee. Noi, inoltre, abbiamo l'ufficio, ugualmente nobile, di cercare il merito, dovunque si trovi, di farlo risaltare e di premiarlo, ad esempio ed incitamento per tutti. Ella, signor Prospero, ne ha la sua parte, e il governo aveva già pensato a mandarle la croce.
—A