Piccoli eroi: Libro per i ragazzi. Virginia Treves
vi si recava, sentiva nelle orecchie la voce della mamma che le diceva:
—Ricordati, prendi il sentiero della montagna, non passare lungo le
rotaie.
—Oh mamma, non sono più una bimba,—rispondeva,—e non c'è pericolo
che vada sotto al treno.
—In ogni modo sono più tranquilla se prendi l'altra strada; qualche volta ritornando colle amiche, chiacchierando, non si sa mai, una disgrazia è presto venuta, e noi siamo tanto abituati al rumore del treno che ci può venir addosso senza che ce ne accorgiamo.
Ormai Pierina era una cantoniera perfetta, e spesso quando i suoi genitori erano occupati, andava lei stessa, all'ora che passava il treno, a fare i segnali.
Il padre l'aveva istruita bene, perchè potesse far le sue veci e lo aiutasse, tanto più che la mamma doveva occuparsi d'un altro bimbo ancora in fasce e non poteva muoversi di casa. Il cantoniere prima che passassero i treni, percorreva la strada affidata alla sua custodia, poi dava un'occhiata ad un ponte sospeso sopra un precipizio, per vedere se non ci fosse alcun guasto, specialmente dopo qualche temporale, e quando aveva veduto che tutto era in ordine si metteva al suo posto, e tenendo in mano la bandieruola verde indicava al treno che poteva proseguire; se la via era ingombra prendeva invece la bandiera rossa e lo faceva arrestare.
Pierina lo aveva accompagnato spesso, era stata attenta e aveva subito imparato ogni cosa, tanto che tutta felice di poter rendersi utile, diceva spesso al babbo:
—Se hai da fare, va pure, penserò io al passaggio dei treni.
—E posso fidarmi?—le diceva,—non dimenticherai l'orario?
—Non c'è pericolo, poi la mamma me lo rammenterebbe.
Pierina era tanto attenta e diligente che di lei potevano proprio fidarsi, anzi essa era al suo posto sempre dieci minuti prima del passaggio del treno col segnale in mano, colla sua faccia sorridente e i riccioli biondi agitati dal vento e indorati dal sole.
I conduttori e i macchinisti dei treni che percorrevano quella via, conoscevano già la Pierina, e quando s'avvicinavano alla casa cantoniera numero 6, pensavano che forse avrebbero veduto la biondina che faceva loro l'effetto d'una bella apparizione. Qualche volta la salutavano con un cenno, ma essa era sempre là ferma e seria, tutta compresa del suo ufficio.
E vi fu un periodo di tempo che vedevano sempre la biondina e di giorno e di sera, là in vista col segnale in mano, e si potea dire che la guardia della strada era unicamente affidata a lei.
Ciò avvenne perchè suo padre, una notte avendo dovuto aspettare il
treno in ritardo, mentre nevicava, s'era presa una polmonite, e avea
dovuto starsene a letto, mentre la mamma dovea stare ad assisterlo.
Il male avea fatto progressi, e il medico diceva che non c'era più
speranza.
La Pierina non sorrideva più, avea il cuore grosso e le lagrime agli
occhi, ma non dimenticava l'ora del passaggio dei treni, sapeva che i
suoi genitori non avevano più testa, e doveva pensarci lei.
Ed anche il giorno che il babbo morì, e la sua mamma piangeva, essa
non dimenticò d'andare alle ore consuete al suo posto.
Il babbo glielo avea detto tante volte in quei giorni che era
ammalato, di non dimenticare l'orario; ed ora ch'egli non era più là,
essa stava ancor più attenta.
Passarono alcuni giorni, e la sua mamma piangeva sempre.
—Perchè piangi?—le diceva Pierina,—ormai non c'è rimedio, se ti ammali, che cosa facciamo io e Luigino?
—Penso,—le rispondeva,—che ora che non c'è più lui, ci manderanno via dalla nostra casetta, e vedi, io voglio bene a questa casa dove sono venuta col mio uomo, dove vi ho veduti nascere.
—Anch'io voglio bene alla mia casetta, ai miei fiori, alle montagne e al vapore che passa,—disse Pierina.—Vedi, non potrei vivere nemmeno senza di lui, ma come abbiamo potuto fare questi giorni che il babbo era ammalato, potremo fare ancora; io sono grande e posso pensare alla strada.
—Sì, ma vedrai che ci manderanno via,—e a quel pensiero non poteva darsi pace.
Quando venne un ispettore, mandato dalla direzione della ferrovia, per
vedere come fosse composta la famiglia, la povera donna lo supplicò in
ginocchio che le lasciasse la casa cantoniera.
—È un mese che ce ne occupiamo noi, e, vede, non è mai accaduto
nulla; è questione di qualche anno, poi mio figlio crescerà, e allora
saremo tre come prima.
—Ma si tratta di una grande responsabilità,—diceva l'ispettore,—e
non possiamo lasciare la guardia a due donne, ed una di queste ancora
bambina.
—La mia Pierina è come un uomo, attenta, coraggiosa, intelligente;
vedrà, vedrà che saranno contenti di noi, ma ci lasci al nostro posto.
L'ispettore era commosso dalle lagrime di quella donna, ma non poteva
decidersi a cedere alle sue preghiere.
—Basta, vedremo,—disse,—io farò il possibile, ma senza un uomo è difficile, quello che posso fare per voi è di lasciare per il momento le cose come stanno; tutti gl'impiegati dei treni m'hanno detto bene di voi e della bambina; fingerò di ignorare che vostro figlio è un bimbo, e per qualche tempo procureremo di tirare innanzi, ma attente che non succeda nulla, e non dimenticate d'esser sempre al vostro posto.
La povera donna dovette contentarsi di quelle parole, ma viveva sempre con quella paura nel cuore e col pensiero di dover da un giorno all'altro abbandonare la sua casetta ed andare raminga coi figli a guadagnarsi il pane.
Pierina faceva miracoli: fra un treno e l'altro trovava il tempo di andare alla scuola, ma quando il treno dovea passare essa era sempre là, immobile al suo posto, e si divertiva a seguire collo sguardo quella lunga striscia nera che s'incurvava come una serpe, sul dorso dei monti, entrava nelle viscere della terra, e usciva trionfante, divorando la strada; che le passava innanzi, soffermandosi come per salutarla, per poi riprendere il suo cammino con maggior forza di prima.
Le pareva di veder passare un amico, e diceva che non avrebbe potuto vivere in un luogo dove non avesse veduto passarle davanti cinque o sei volte al giorno il vapore.
Se prima l'avea guardato con paura, poi con ammirazione, dopo che la maestra le ebbe spiegato come la forza che fa muovere tutto quell'ammasso di carri, carrozze, di gente e di roba, non è che un po' di vapore, formato dall'acqua in ebollizione, e sapientemente compresso, cercava di studiare il movimento di tutti quei congegni, combinati tanto bene, e come mossi da una volontà sola, da un potere misterioso.
Un giorno che una macchina s'era fermata davanti alla sua casa, essa potè salirvi e vide il focolare come una bolgia infocata, entro la quale continuamente un operaio getta enormi pezzi di carbone che bruciano in poco tempo, e la caldaia, dove bolle l'acqua continuamente, e i motori, e le valvole di sicurezza, e il fumaiuolo donde esce il vapore dopo che in quella complicazione di congegni ha dato l'impulso che muove tutta quell'immensa massa; ma essa avrebbe voluto comprendere il mistero di quei congegni e scoprirne la forza arcana, e ci pensava sopra tutte le volte che lo vedeva passare.
Era una giornata burrascosa sul finir di novembre. Tutto il giorno avea nevicato in montagna, e raffiche di vento scuotevano le cime degli alberi, ruggivano nelle gole dei monti.
Luigino era ammalato, e la mamma non lo poteva lasciare un minuto.
Pierina, come al solito, dava