Orlando Furioso. Lodovico Ariosto

Orlando Furioso - Lodovico Ariosto


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      come la volpe, che 'l figlio gridare

      nel nido oda de l'aquila di giuso,

      s'aggira intorno, e non sa che si fare,

      poi che l'ali non ha da gir là suso.

      Erto è quel sasso sì, tale è il castello,

      che non vi può salir chi non è augello.

      45

      Mentre io tardava quivi, ecco venire

      duo cavallier ch'avean per guida un nano,

      che la speranza aggiunsero al desire;

      ma ben fu la speranza e il desir vano.

      Ambi erano guerrier di sommo ardire:

      era Gradasso l'un, re sericano;

      era l'altro Ruggier, giovene forte,

      pregiato assai ne l'africana corte.

      46

      — Vengon (mi disse il nano) per far pruova

      di lor virtù col sir di quel castello,

      che per via strana, inusitata e nuova

      cavalca armato il quadrupede augello. —

      — Deh, signor (diss'io lor), pietà vi muova

      del duro caso mio spietato e fello!

      Quando, come ho speranza, voi vinciate,

      vi prego la mia donna mi rendiate. —

      47

      E come mi fu tolta lor narrai,

      con lacrime affermando il dolor mio.

      Quei, lor mercé, mi proferiro assai,

      e giù calaro il poggio alpestre e rio.

      Di lontan la battaglia io riguardai,

      pregando per la lor vittoria Dio.

      Era sotto il castel tanto di piano,

      quanto in due volte si può trar con mano.

      48

      Poi che fur giunti a piè de l'alta rocca,

      l'uno e l'altro volea combatter prima;

      pur a Gradasso, o fosse sorte, tocca,

      o pur che non ne fe' Ruggier più stima.

      Quel Serican si pone il corno a bocca:

      rimbomba il sasso e la fortezza in cima.

      Ecco apparire il cavalliero armato

      fuor de la porta, e sul cavallo alato.

      49

      Cominciò a poco a poco indi a levarse,

      come suol far la peregrina grue,

      che corre prima, e poi vediamo alzarse

      alla terra vicina un braccio o due;

      e quando tutte sono all'aria sparse,

      velocissime mostra l'ale sue.

      Sì ad alto il negromante batte l'ale,

      ch'a tanta altezza a pena aquila sale.

      50

      Quando gli parve poi, volse il destriero,

      che chiuse i vanni e venne a terra a piombo,

      come casca dal ciel falcon maniero

      che levar veggia l'anitra o il colombo.

      Con la lancia arrestata il cavalliero

      l'aria fendendo vien d'orribil rombo.

      Gradasso a pena del calar s'avede,

      che se lo sente addosso e che lo fiede.

      51

      Sopra Gradasso il mago l'asta roppe;

      ferì Gradasso il vento e l'aria vana:

      per questo il volator non interroppe

      il batter l'ale, e quindi s'allontana.

      Il grave scontro fa chinar le groppe

      sul verde prato alla gagliarda alfana.

      Gradasso avea una alfana, la più bella

      e la miglior che mai portasse sella.

      52

      Sin alle stelle il volator trascorse;

      indi girossi e tornò in fretta al basso,

      e percosse Ruggier che non s'accorse,

      Ruggier che tutto intento era a Gradasso.

      Ruggier del grave colpo si distorse,

      e 'l suo destrier più rinculò d'un passo;

      e quando si voltò per lui ferire,

      da sé lontano il vide al ciel salire.

      53

      Or su Gradasso, or su Ruggier percote

      ne la fronte, nel petto e ne la schiena,

      e le botte di quei lascia ognor vote,

      perché è sì presto, che si vede a pena.

      Girando va con spaziose rote,

      e quando all'uno accenna, all'altro mena:

      all'uno e all'altro sì gli occhi abbarbaglia,

      che non ponno veder donde gli assaglia.

      54

      Fra duo guerrieri in terra ed uno in cielo

      la battaglia durò sino a quella ora,

      che spiegando pel mondo oscuro velo,

      tutte le belle cose discolora.

      Fu quel ch'io dico, e non v'aggiungo un pelo:

      io 'l vidi, i' 'l so: né m'assicuro ancora

      di dirlo altrui; che questa maraviglia

      al falso più ch'al ver si rassimiglia.

      55

      D'un bel drappo di seta avea coperto

      lo scudo in braccio il cavallier celeste.

      Come avesse, non so, tanto sofferto

      di tenerlo nascosto in quella veste;

      ch'immantinente che lo mostra aperto,

      forza è, ch'il mira, abbarbagliato reste,

      e cada come corpo morto cade,

      e venga al negromante in potestade.

      56

      Splende lo scudo a guisa di piropo,

      e luce altra non è tanto lucente.

      Cadere in terra allo splendor fu d'uopo

      con gli occhi abbacinati, e senza mente.

      Perdei da lungi anch'io li sensi, e dopo

      gran spazio mi riebbi finalmente;

      né più i guerrier né più vidi quel nano,

      ma vòto il campo, e scuro il monte e il piano.

      57

      Pensai per questo che l'incantatore

      avesse amendui colti a un tratto insieme,

      e tolto per virtù de lo splendore

      la libertade a loro, e a me la speme.

      Così a quel loco, che chiudea il mio core,

      dissi, partendo, le parole estreme.

      Or


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