Il Vino: Undici conferenze fatte nell'inverno dell'anno 1880. Autori vari
pene più crudeli. Per cautela igienica Maometto l'aveva vietato ai suoi Musulmani, ma nello stesso tempo descriveva loro il seducente paradiso delle Uri dove i beati potranno dissetarsi ai torrenti di vino che scorrono per i boschetti di eterna primavera. I Musulmani però vollero pregustare quelle delizie anche sulla terra; a nulla valsero le frustate, a nulla il piombo liquefatto versato nella gola del bevitore, a nulla la stessa morte: tuttavia si bevette. I sultani fecero abbattere ogni spaccio di vino, ne distrussero dalle fondamenta i depositi, fecero gittare in mare i carichi d'uva, ma tutto fu vano: si bevette sempre.
Volentieri vi parlerei dell'uso che avevano i Germani di deliberare sedendo a tavola tra i bicchieri, e della specialissima benedizione che gli Ebrei danno al pane e al vino coprendo sulla mensa ogni altra vivanda, e dell'allegrezza di cui è segno il vino versato in sulla tovaglia e di altri usi parecchi. Ma mi contenterò, poichè ho parlato da principio anche di un vino moralista, di discorrerne per bocca della stessa Sapienza:
«Date il vino a quelli che sono in amaritudine d'animo, acciocchè beano e dimentichino la loro miseria».
Proverbi XXI.
«Allegrezza d'animo e di cuore è il vino ammodatamente bevuto: sanità d'animo e di corpo il vino temperatamente bevuto».
Ecclesiastico.
E udite finalmente il Salmo 75:
«Un nappo è nelle mani del Signore e il vino è rosseggiante: è colmo che ne trabocca e si diffonde. Ma tutti i malvagi della terra non ne succieranno che le feccie».
Possiate voi dunque, o signori — è il moralissimo augurio col quale vi ringrazio dell'attenzione benigna — ignorare mai sempre il gusto della feccia e non bere per tutta l'eternità che dello schiettissimo vino.
[III-1] Apprendo che quest'uso vige ancora presentemente nelle Marche: e si crede che i bambini così lavati si fortifichino specialmente nelle ginocchia.
Del tempio nella parte più romita
Dei ministri le menti di sè piene
Non così Febo incita,
Non il padre Lieo, non Dindimene,
Nè i crotali sonanti
Batton con tanta furia i Coribanti,
Con quanta le sdegnose anime invade
L'ira.
Traduzione di D. Perrero.
[III-3] Vedi Erodoto, libro II, passim.
[III-4] Cfr. A. Méray, La Vie au temps des libres prêcheurs.
[III-5] B. Corio, Storia di Milano. Anno 1395.
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