Il nome e la lingua. Ariele Morinini

Il nome e la lingua - Ariele Morinini


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linguistica interna alla regione, schematizzata nel Prospetto nominativo dei dialetti italiani, licenziato nella primavera del 1824. Nel saggio, come si deduce dall’elenco dei dialetti censiti, risulta evidente la netta sproporzione tra la rappresentazione delle varietà dialettali settentrionali, specie quelle lombarde, a fronte di quelle meridionali (molto ridotte) e delle varietà centrali, completamente trascurate.8

      Un’ulteriore testimonianza in questo senso è rappresentata dall’esperimento attorno alla voce raganella edito da Giuseppe BanfiBanfiGiuseppe in apparato alla terza edizione del suo Vocabolario Milanese-italiano ad uso della gioventù (1852); a riprova delle lacune documentarie di cui sopra, si sono perse le tracce del manoscritto impiegato da BanfiBanfiGiuseppe per questa pubblicazione, che risulta a oggi irreperibile o distrutto. Nel paragrafo intitolato Saggio della “Dialettologia italiana” di Francesco CherubiniCherubiniFrancesco è proposto un corrispettivo del lemma raganella in ognuno dei suddialetti delle sedici principali aree dialettali d’Italia: alto lombardo o piemontese, basso lombardo, tirolese, genovese, veneziano, friulano, romagnolo, marchigiano, toscano, romano, napoletano, calabrese, sardo, cimbro, retico; una classificazione per famiglie dialettali che risulta meno approfondita ma più equilibrata di quella del 1824, e sembra orientarsi su una mappatura vicina a quella proposta alle carte 223-224 del codice M 68 suss., sul quale ci soffermeremo più avanti. La prima nota appuntata da BanfiBanfiGiuseppe nelle pagine della Prefazione, oltre che presentare il saggio del repertorio italiano-dialetti pubblicato, offre alcune informazioni utili per orientarsi nella vicenda filologica dell’opera:

      Nella Ambrosiana giaciono vari manoscritti di dialetti di questo sapientissimo filologo ed educatore. La Dialettologia Italiana consta di 12 grossi volumi in foglio. In capo a ogni facciata l’autore scrisse, cominciando dal primo volume, e per alfabeto, una o due o anche tre voci principali della lingua, e sotto, nei tre casellini in cui è distinta ogni pagina, pose la voce vernacola accosta al nome del paese dov’è parlata. Tutti i vernacoli divise in 16 gruppi, di che diamo qui presso un saggio sulla parola Raganella. L’ultimo volume è destinato solamente alla Storia Naturale, ed è il più compiuto. È lavoro che per tirarlo a fine, non basta la vita di sei uomini; e il CherubiniCherubiniFrancesco stesso n’era persuaso; onde, in fronte a ciascun volume, oltre a una epigrafe latina a ciò o ad altro alludente, scrisse: Dialettologia Italiana che si verrà compilando da Francesco CherubiniCherubiniFrancesco o da chi altri verrà dopo morto lui. Qua e là di quella sua opera veramente colossale e nella letteratura forse unica al mondo pel suo genere, avverte egli che in fogli volanti e in altri attaccati ai detti volumi scrisse a lungo della sua Dialettologia; ma sì gli uni fogli che gli altri non si trovano.9

      Ma torniamo, dopo questo breve excursus, alla catalogazione delle varietà vernacolari proposta da CherubiniCherubiniFrancesco nel Prospetto nominativo dei dialetti italiani. Le poche pagine collocate in appendice al volume di AdelungAdelungFriederich von presentano una classificazione dei dialetti ripartita in undici gruppi (il lombardo, il genovese, il veneziano, il friulano, il romagnolo, il toscano, il romano, il napoletano, il siciliano, il sardo e il corso) e seguita da una suddivisione particolare interna a ognuna delle aree menzionate. Nel sottoparagrafo relativo al Basso Lombardo, che completa con l’Alto Lombardo o piemontese la famiglia, sono indicizzate le varietà del Cantone Ticino, considerate suddialetti milanesi e diversificate internamente in due gruppi, coincidenti con il Sopra- e il Sottoceneri. Nel Prospetto nominativo dei dialetti italiani è infatti distinto il Luganese (con il mendrisiotto, implicitamente compreso), ritenuto peculiare rispetto alle altre varietà dialettali Delle Valli Svizzere italiane, censite separatamente: «Lucernone o Onsernone; Magia e Lavizzara; Centovalli e Intragna; Verzasca; Pian di Magadino e Bellinzona».10 Da subito, dunque, CherubiniCherubiniFrancesco distingue due delle tre maggiori fasce che caratterizzano la geografia linguistica del territorio Svizzero italiano. Ovvero, differenzia i dialetti alpini e prealpini, diffusi nel territorio situato al nord del Monte Ceneri, da quelli parlati nei distretti di Lugano e Mendrisio, al sud del valico.

      Nel Prospetto nominativo dei dialetti italiani, CherubiniCherubiniFrancesco include sotto l’etichetta Lombardo pressoché tutte le varietà identificate successivamente da BiondelliBiondelliBernardino come gallo-italiche. All’interno di questo gruppo, come anticipato, il lessicografo opera una distinzione geografica tra Alto lombardo (i dialetti piemontesi) e Basso lombardo (i dialetti lombardi ed emiliani), analoga a quanto proposto da DeninaDeninaCarlo nel saggio La clef de langues; il superamento di questa classificazione è uno degli aspetti sui quali si delinea più chiaramente lo sviluppo della visione di CherubiniCherubiniFrancesco in merito alla geografia dialettale d’Italia. Negli anni successivi, a questo proposito, il lessicografo nega qualsiasi discendenza della sua impostazione dagli studi di DeninaDeninaCarlo, ritenuti «smilze osservazioni», e sostiene che il parallelismo sia originato da un’intuizione indipendente, poligenetica. Lo documenta una postilla manoscritta appuntata nel codice che conserva l’abbozzo della sua Dialettologia italiana:

      Il DeninaDeninaCarlo chiamava già Alto Lombardo il parlare di tutto il Piemonte, e Basso Lombardo quello dei paesi che veggonsi da Bologna e Ferrara fino a Milano. Ed io pure, senza punto aver vedute quelle smilze osservazioni del DeninaDeninaCarlo, nei primi anni di queste mie ricerche avevo così denominato quegli idiomi.11

      A seguire, nell’indice dei Linguaggi stranieri (parlati in Italia) situato nell’ultima parte dell’appendice allestita da CherubiniCherubiniFrancesco, il lessicografo registra l’impiego in alcune Valli Svizzere italiane del Romanzo o Retico o Rumansch, definito un dialetto in parte latino e in parte germanico: «a. Leventina | b. Bregno o Blenio o Brejn | c. Engaddina | aa. Alta | bb. Bassa». In disaccordo con la classificazione proposta da AdelungAdelungFriederich von, i dialetti lombardo-alpini parlati nelle valli Leventina e Blenio sono dunque sostanzialmente scambiati per varietà del romancio. L’equivoco è la riprova della scarsa conoscenza da parte di CherubiniCherubiniFrancesco dei vernacoli più remoti e isolati, solo parzialmente documentati con indagini di prima mano o per mezzo di informazioni, eterogenee per qualità e quantità, trasmesse da collaboratori in loco. I confini linguistici stabiliti con questi tentativi di classificazione dovevano apparire confusi al lessicografo ed erano di fatto strettamente connessi alle definizioni degli studiosi che lo hanno preceduto.

      Prescindendo dalle banalizzazioni e dalle imprecisioni della classificazione elaborata da CherubiniCherubiniFrancesco nel Prospetto nominativo dei dialetti italiani, è significativo l’impiego, in anticipo di oltre un decennio sull’opera storico-statistica di FransciniFransciniStefano, del concetto moderno di “Svizzera italiana”: la denominazione impiegata dal lessicografo è infatti riferita a una regione linguistico-culturale comprendente il Ticino e le valli Grigioni di lingua romanza. In questo torno d’anni, è tuttavia probabile che l’uso di tale locuzione da parte di CherubiniCherubiniFrancesco non fosse programmatico ma rispondesse a una categorizzazione spontanea, pratica e intelligente.

      Alcuni difetti, non limitati all’area alpina, presenti nella classificazione proposta con il Prospetto nominativo dei dialetti italiani del 1824, apparivano chiari agli esperti del tempo. Lo documenta, ad esempio, una lettera inviata a CherubiniCherubiniFrancesco il 20 dicembre 1827 da Giuseppe BoerioBoerioGiuseppe, nella quale sono discusse le scelte operate relativamente alle varietà a lui più note, quelle dell’Italia settentrionale e segnatamente nord-orientale:

      Ho veduto volentieri l’AdelungAdelungFriederich von con la divisione più esatta dei dialetti italiani. Su che se mi fosse lecito di far osservazioni direi che il bergamasco è dialetto differente dal bresciano e non suddialetto, perché è differente nella coniugazione de’ verbi, nella inflessione della pronuncia e in tantissimi [sic] voci. E direi non meno che il Padovano ha per suddialetto il così detto Pavano (che vuol dir Padovano) che si parla in alcune ville e che ha termini proprii i quali non sono intesi da’ Padovani della Città.12

      Mosso forse anche dalle osservazioni di BoerioBoerioGiuseppe, in questo giro d’anni CherubiniCherubiniFrancesco mise mano e aggiornò parte dello schema messo a punto nel 1824. Nel codice M 68 suss., conservato presso l’Ambrosiana, è infatti legato un ritaglio dell’appendice con alcune postille e correzioni autografe. Questi interventi,


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