La cattiva strada. Autori vari

La cattiva strada - Autori vari


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cosa?» gli disse scettica. «Pensavo fosse più anziano. E più saggio. La invito a pensarci bene, prima di rifiutare la mia offerta.»

      Ma insomma, che vuole questa? rimuginò Jack. Era così che si rivolgeva al grande Peter Camaleone, nel suo ufficio per giunta? A parte che nessuno aveva il diritto di dirgli cosa dovesse o non dovesse fare; nessuno tranne il vero Camaleone, ovviamente. Eppure, per quanto terribile, il suo capo non gli faceva paura quanto la Ramone. Per quanto fosse dura da ammettere, Jack era per qualche motivo terrorizzato da quella donna, e lei sembrava saperlo benissimo. Sicuramente non era il primo ad essere terrorizzato da lei.

      «Lei farà questo lavoro per me. Lo farà perché non è uno stupido ed avrà capito bene che sono intenzionata a pagare qualunque cifra.» Infilò la mano nella borsa di Gucci e ne estrasse una busta di carta giallognola. «Questo è un piccolo anticipo sulle spese. L’aereo per Milano parte domani alle dieci del mattino, questo è il suo biglietto; il ritorno è aperto.» Poggiò la busta su un tavolino con tutto il peso del braccio, producendo un tonfo sordo che fece saltare Jack. Oltre al biglietto aereo, c’erano ventimila dollari in contanti.

      «So che Terry è a Venezia. A quanto pare l'idiota cui si accompagna è un appassionato di motoscafi e casinò. A Venezia alloggerà in una suite che le ho prenotato al Gritti Palace. Quando avrà trovato mia figlia, mi dovrà chiamare immediatamente. Quando mi avrà riportato Terry riceverà centomila dollari come compenso per il lavoro. Dopodiché, ci saluteremo e fingeremo di non esserci mai visti. Domande?”

      Jack non riusciva neanche a pensare, figuriamoci a parlare. «Bene, allora siamo d’accordo» sentenziò la Ramone. Senza aggiungere altro, si alzò ed uscì dall’ufficio, non prima di aver abbattuto la sedia su cui era seduta e l’appendiabiti all’entrata.

      Pur se in uno stato di remissione totale, Jack cercò di valutare la situazione. Si trattava di un lavoro semplice, ben pagato e che gli avrebbe consentito di spassarsela a Venezia con i soldi della grassona. Oltre a questo, una foto di Terry, la ragazza in fuga, gli tolse ogni residuo dubbio. Non riusciva ad immaginare come fosse la Ramone da giovane, ma la figlia era davvero una gnocca senza mezzi termini: bionda, procace, sfacciata. Sarebbe stato un vero piacere cercarla e passare qualche giorno con lei nel Bel Paese. Si compiacque pensando a quanto Camaleone sarebbe stato fiero di lui per aver assunto questo ottimo incarico. L'entusiasmo però gli calò rapidamente quando si rese conto che non era affatto sicuro che il capo avrebbe mandato lui a cercare la ragazza; in fondo, una vacanza pagata in Europa avrebbe fatto gola anche allo stesso Camaleone, il quale avrebbe potuto essere irresistibilmente attratto dal richiamo delle sue radici mediterranee. Senza contare che il vecchio si sarebbe tenuto per sé il ricco compenso, lasciando Jack a marcire a New York per quei due spiccioli che gli dava ogni settimana.

      Fu un attimo e Jack decise: non avrebbe detto niente a Camaleone, avrebbe cambiato il biglietto aereo e avrebbe portato a termine lui l'incarico, alla faccia del capo; la grassona non avrebbe avuto nulla da ridire, una volta riavuta la figlia. Sarebbe stato licenziato, e allora? Con i soldi della ricompensa, avrebbe potuto finalmente mettersi in proprio.

      Come previsto, Jack partì il giorno successivo, dopo essersi rifatto il guardaroba con parte dell'anticipo ricevuto dalla grassona. Per gli spostamenti Jack aveva deciso di ispirarsi allo stile del suo capo: volo in classe Vip (passato in gran parte in dormiveglia per gli effetti del Lexotan, suo vecchio amico) da New York a Milano. Lussuosa limousine con tanto di autista che lo portò a Venezia a Piazzale Roma. Per arrivare al Gritti Palace, ovviamente, una lancia open deck il cui pilota aveva un abito dal taglio elegante che doveva costare una cifra. Prese possesso della suite riservata a nome “Pietro Camaelone”: oltre 80 metri quadrati con servizi extralusso ed un bel terrazzo con vista sul Canal Grande. Si rinfrescò la gola a base di champagne, indossò il suo nuovissimo tuxedo e si fece portare al casinò, onorando una sua vecchia convinzione: prima il piacere e dopo il dovere.

      La sede storica del Casinò di Venezia, la più antica casa da gioco del mondo, si trovava in Ca' Vendramin Calergi, uno splendido edificio rinascimentale affacciato sul Canal Grande, residenza dei dogi e ultima dimora di Richard Wagner. Jack non sapeva nulla di tutto ciò, ma arrivando alla casa da gioco a bordo del motoscafo dell'albergo, si rese conto di trovarsi al cospetto di qualcosa di diverso rispetto ai pacchiani casinò di Atlantic City che gli era capitato di frequentare; la cosa non lo impressionò per nulla. Entrando, si vide riflesso in uno dei grandi specchi all'ingresso del casinò: per una volta gli sembrò di essere perfetto, un po’ Bogart ed un po’ James Bond. Si sedette al tavolo del chemin de fer, e vinse rapidamente quasi dieci milioni di lire, che poi andò a sperperare al tavolo della roulette. Perdendo perdendo, attaccò bottone con un italiano che, a quanto diceva, aveva passato seduto a quel tavolo ben più della metà della sua vita da adulto.

      «Lei è americano, di New York, vero?» chiese il tipo ad un certo punto.

      «Io sono un figlio di ogni luogo, caro mio. Non ho una vera patria» rispose Jack tronfio, sentendosi un vero uomo di mondo.

      A quel punto, fu colto da una specie di epifania: si rese conto di trovarsi di fronte ad un momento che attendeva da tutta la vita. Porse la mano all'italiano, lo guardò negli occhi con sguardo da duro e disse: «Mi chiamo Rubino. Jack Rubino.»

      L’italiano non rimase affatto impressionato da quella pessima imitazione, gli prese la mano con grande cordialità e, con l'aria di non aver colto la citazione, si presentò: «che piacere, carissimo! Io mi chiamo Emidio Speranza, e sono un giornalista. Lei di cosa si occupa di bello?»

      Jack, un po' deluso per la cattiva riuscita del suo momento di gloria, rispose con sufficienza: «un po' di questo, un po' di quello. Piuttosto mi dica: perché pensa che sia di New York?»

      «È per il suo accento», rispose. «Io ho un certo orecchio per gli accenti stranieri. Oltretutto, un paio di sere fa ho conosciuto un tipo che perdeva forte quanto lei, e, curiosamente, sembrava tranquillo, come se i soldi non fossero i suoi. Aveva lo stesso accento che ha lei e mi ha detto di essere di New York.»

      A quel punto, quel che Jack spacciava per il suo “istinto da segugio” si attivò: doveva trattarsi del tizio che stava fregando Terry.

      «Davvero?» chiese, facendo trasparire un moderato interesse. «Mi piacerebbe incontrarlo. Deve essere una persona simpatica, magari qualcuno con cui si può organizzare un poker serio, tra amici. Crede sia ancora a Venezia?»

      «Oggi sicuramente no» rispose Speranza, curiosamente felice di rendersi utile. «Mi ha detto che sarebbe stato via qualche giorno, perché doveva raggiungere la sua fidanzata che era a Parigi a fare shopping. Ma mi ha assicurato che, prima di tornare in America, sarebbe ripassato da qui per fare un altro paio di puntate. Credo che tra un paio di giorni lo rivedremo ai tavoli. Lei si tratterrà ancora a lungo in laguna?»

      «Non so se potrò» rispose Jack ostentando indifferenza «ma mi piacerebbe restare almeno fino alla fine della settimana.»

      La conversazione si spostò su argomenti di amena quotidianità finché, verso le tre, finiti i soldi l'investigatore tornò in albergo. La Ramone aveva già chiamato nove volte, dalle sette di sera in poi, cercando di parlargli. Jack le inviò subito un fax, scusandosi per non averla chiamata per il primo rapporto giornaliero e pregandola di inviare subito altri diecimila dollari. Ventimila, anche. L’indagine sarebbe durata più a lungo del previsto, si giustificò.

      Il mattino dopo, uscendo dall’albergo, Jack fu fermato dal concierge, che gli consegnò un messaggio. La Ramone aveva aperto un conto a suo nome in una agenzia veneziana del Monte dei Paschi di Siena; il concierge gli consegnò la relativa carta di credito.

      I due giorni che seguirono furono uno spasso assoluto; li trascorse sentendosi un gran signore, spendendo cifre eccessive alla faccia della grassona, di quella serpe di Peter Camaleone nonché di una certa biondastra che, chissà perché, tanto lo faceva penare a casa.

      Ma, come purtroppo si sa bene, le cose belle finiscono sempre troppo presto. La quarta notte di permanenza a Venezia, mentre perdeva a tutto spiano al tavolo della roulette, Jack fu avvicinato dal suo amico Speranza il quale, dopo avergli scartavetrato i cosiddetti per una buona mezz’ora parlandogli di alcuni


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