La cattiva strada. Autori vari

La cattiva strada - Autori vari


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traccia di ammirazione per le doti attoriali di Terry svanì, lasciando Jack agghiacciato dalla freddezza della ragazza. Questa volta non stava recitando. Lui non brillava certamente per la sua lealtà o per il suo senso dell'onore. L'idea di tradire un cliente non gli faceva né caldo né freddo: inoltre, non solo la Ramone era una pazza potenzialmente omicida ma il solo fatto di aver cresciuto un mostro del genere la rendeva, ai suoi occhi, meritevole di essere uccisa dalla sua stessa prole.

      «E come pensi di fare?» le chiese, non più per testare la ragazza ma perché a questo punto non aveva più idea di come procedere. Era un incapace, forse, ma non un assassino. E Terry, evidentemente, aveva già elaborato un piano.

      «Stasera, quando incontreremo mia madre, le dirai che ti ho parlato della collana e che te l’ho data, per convincerti a lasciarmi andare. Le dirai che sei un professionista serio, che hai preferito rispettare il contratto con lei e che la collana è in cassaforte qui nella suite. Mia madre viaggia sempre in incognito, ha paura di essere seguita; vedrai che quando saremo qui a Venezia, sarà presa dalla sua solita paranoia e non vorrà farsi vedere da nessuno in albergo. Preferirà starsene in un angolo buio ad aspettare. Tu entrerai al Gritti con la scusa di andare a prendere la collana, lasciandoci sole. A farla fuori penso io.» Tanto cinismo in una che era poco più di una ragazzina lo sconvolse. Allo stesso tempo gli piacque da morire. Il contrasto di emozioni lo stava sopraffacendo. Non dovette pensarci su a lungo, non più di tre secondi, prima di dirsi d’accordo. Accordo che fu sancito con un’altra seduta di analisi sull'esempio di quella notturna appena passata. Quando ci si diverte sul serio, il tempo passa in fretta, e Jack fu costretto ad interrompere i giochi fin troppo presto. Chiamò la reception dell’albergo e fece prenotare un motoscafo per farsi portare a Piazzale Roma, e che all’arrivo ci fosse la solita limousine ad attenderlo.

      Nella hall del Gritti, il concierge era intento a parlare con un gruppetto di addetti alle pulizie: si mormorava della sparizione inspiegabile di uno dei camerieri, un dipendete di assoluta fiducia.

      Jack e Terry uscirono senza dare troppo nell’occhio. Raggiunsero la meta giusto in tempo per vedere la Ramone che, come un fiume in piena, scendeva dal suo jet privato. Le andarono incontro e, tra gli sguardi stupefatti e divertiti di alcuni degli addetti alla pista, avvenne l’incontro tra la grassona e la sua adorata figlia. Piangevano entrambe, tanto che persino Jack fu quasi commosso da tanta ipocrisia.

      Terry si esibì in una performance da premio Oscar; tra lacrime di pentimento, chiese perdono alla madre, confessò di aver rubato la collana e si disse pentita per tutto ciò che aveva fatto. Krista, che evidentemente conosceva bene la figlia, chiese conferma a Jack, che subito le propinò la storia concordata: le spiegò che la figlia non era affatto pentita, che aveva tentato di corromperlo ma che lui, non avendo abboccato, aveva messo la collana al sicuro nella cassaforte della suite. La grassona fu presa da frenesia, e pretese di andare subito a Venezia per recuperare il suo tesoro. Senza perdere tempo partirono alla volta del Gritti Palace, dove arrivarono in città a mezzanotte; Venezia era buia, afflitta dai miasmi della laguna. Come previsto, la Ramone esitò: colta dalla paranoia, non volle neanche avvicinarsi all'albergo, ma restò nell'ombra di una calle con Terry mentre Jack entrò in albergo per prendere la collana.

      Nell’entrare nella hall dell'albergo fu colto da un brivido: mentre lui se ne stava in disparte, tentando di non farsi notare, lì fuori Terry stava uccidendo sua madre. Attese qualche minuto, cercando di scrollarsi di dosso quell’orribile sensazione, poi uscì e raggiunse la calle, convinto di trovare la grassona già morta.

      Il quadro che si trovò davanti era completamente diverso da come se l'aspettava: Terry puntava una pistola con il silenziatore sulla madre, ma non aveva sparato. La mano le tremava visibilmente. Krista le parlava a bassa voce, con un tono stranamente dolce; ad ogni sua parola la determinazione della figlia diminuiva visibilmente. Prima che Jack potesse impedirlo, Terry, si arrese, ed abbassò l'arma. Il piano stava andando a puttane, o quelle due stavano cercando di fregarlo?

      Krista, a quel punto, commise un errore: non soddisfatta della sua vittoria, decise di voler stravincere, ed invece di levare l'arma di mano alla ragazza, si abbandonò ad una risata oscena, dicendo ad alta voce «lo sapevo, sei una puttanella senza palle, proprio come quel coglione di tuo pad…»

      Non riuscì a finire: una proiettile, silenzioso in maniera stupefacente, le attraversò la testa. La grassona cadde all’indietro finendo in un canale, con un'espressione stupefatta sul volto; Jack fu certo che non avesse avuto paura neanche per un attimo. Terry, che evidentemente non era dura come voleva sembrare, guardò imbambolata la pistola fumante, e poi iniziò ad ondeggiare, come se stesse per cadere. Jack si riebbe dallo shock, e l'afferrò appena in tempo. Le tolse i guanti, li usò per prendere e metterle in tasca la pistola che era caduta a terra, e poi, aiutandola a camminare sostenendola per le spalle, la portò in albergo. Il portiere notturno, evidentemente ben addestrato, finse di non vederli passare mentre si dirigevano agli ascensori camminando come i reduci di una festa troppo alcolica.

      Saliti nella suite, Jack fece sdraiare sul letto la ragazza che ancora non si era ripresa dallo shock; come aveva previsto, nell'armadietto del bagno trovò varie boccette di pillole di tutti i tipi: per dormire, per svegliarsi, per dimagrire e così via. Valutando che sarebbero bastate per garantire a Terry un bel sonno di almeno dodici ore, prese quattro pillole di sonnifero e gliele fece trangugiare, con l’aiuto di un bicchiere d’acqua. Appena fu sicuro che la ragazza dormiva, le mise la pistola nella mano destra, premendole bene le dita sull’arma perché vi restassero le impronte digitali. Poi lasciò cadere la pistola sul pavimento accanto al letto e si diresse alla cassaforte: si trattava di un vecchio modello degli anni '60 dotato di una semplice serratura a chiave. Tirò fuori il suo fidato set di grimaldelli e, grazie all'esperienza derivante dall'adolescenza passata a rubacchiare auto a Hell's Kitchen ed alle prove che aveva fatto il giorno prima su quella identica presente nella sua suite, la aprì in meno di cinque minuti. Come previsto, dentro c'era un astuccio dall'aria costosa con su scritto Cartier. Jack l'aprì: non che ne capisse molto di gioielli, ma la dimensione delle pietre incastonate gli fece pensare che quella collana potesse davvero valere tre milioni di dollari (altro che i cinquecentomila Euro che Terry aveva cercato di fargli credere valesse). Insieme alla collana, trovò il bigliettino da visita di un gioielliere di Milano. Dietro il bigliettino, era scritto a mano “i gatti sono distratti dalla luce negli occhi”. Jack mise il biglietto in tasca, ritornò nella sua suite, mise l'astuccio con la collana nella sua borsa e, verificato di non aver lasciato nessuna traccia, lasciò l'albergo.

      Questa volta utilizzò un banale taxi d’acqua per arrivare alla stazione di Santa Lucia, da dove poi prese un treno interregionale per Milano e, per finire, un autobus che dalla stazione lo portò alla gioielleria indicata sul biglietto trovato nella cassaforte. Arrivò proprio mentre questa apriva i battenti.

      Jack entrò, si avvicinò al tizio elegante dietro il bancone, e gli ripeté la frase scritta dietro il biglietto. Il gioielliere lo squadrò, sollevando un sopracciglio, e poi, senza dire una parola, gli fece cenno di seguirlo attraverso una porticina sul retro del negozio. Chiusa la porta, indossò un monocolo e disse in perfetto inglese: «bene, vediamo cosa mi porta.»

      Jack tirò fuori l'astuccio dalla giacca e lo aprì sull'unico tavolo della stanzetta. Il gioielliere prese la collana, la esaminò per poco più di un minuto, e poi la ripose nell'astuccio. Poi aprì un cassetto e tirò fuori alcune mazzette di dollari americani. «Bene», disse soddisfatto «è proprio quello che aspettavo. Ecco trecentomila dollari. Grazie di tutto.»

      Jack non aveva mai visto tanti soldi tutti insieme; ma non li toccò. «Amico» disse con aria arrogante «vuoi forse fregarmi? Questo coccio vale almeno tre milioni di dollari! Lo so io e lo sai tu.»

      Il gioielliere sollevò di nuovo il sopracciglio. «Veramente, ne vale almeno cinque. Oggi aspettavo una persona che non è lei, e con quella persona avevo concordato il prezzo di tre milioni di dollari. Ma lei non è quella persona, ed a lei offro questi trecentomila dollari. Se non le bastano, porti pure via la collana. Ma le consiglio di stare molto attento a girare con questo ninnolo, soprattutto se deve prendere un aereo.»

      Jack ci pensò su un attimo, ma questa volta fu il suo solito carattere a trionfare. «Ma


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