La cattiva strada. Autori vari

La cattiva strada - Autori vari


Скачать книгу
I suoi occhi verdì schizzarono di qua e di là, posandosi su tutto e niente.

      «Io... io non so niente.»

      Pino si stropicciò gli occhi con la mano e sospirando annuì. Se era questo che voleva.

      Si alzò, salutò i due uomini nell’altra stanza e si avviò alla porta.

      «A presto.»

      La sua voce suonava stanca, stanca e amareggiata. Desiderò per un attimo poter raccontare tutto a Caterina e svuotarsi di quella schifezza. Chissà cosa avrebbe detto lei di tutta quella storia. Se la rivide davanti, nella sua uniforme da Carabiniere nuova di zecca, raggiante.

      Caterì, come le condurresti tu le indagini?

      Col cuore pesante si incamminò verso il paese, accompagnato dalle prime gocce di pioggia di quello che prometteva essere un temporale coi fiocchi.

      La mattina dopo venne a fargli visita in ufficio Giovanni.

      «Maresciallo buongiorno.»

      «Buongiorno, prego si accomodi.»

      «Sono venuto perché ho saputo della morte di Franz.»

      «Bene.»

      Il ristoratore rimase zitto per un momento e Pino gli sorrise con fare incoraggiante.

      «Ecco, vorrei capire perché è venuto a parlare con mia figlia. Lei non mi dice nulla, dice che le ha fatto domande di routine, ma insomma non capisco. Perché proprio a lei? Trova il... il... Franz, ecco, e poi viene a parlare con lei.»

      Incredibile, il genio ha fatto due più due. «Sua figlia è l’unica che ad oggi ha un movente per i quattro omicidi.» Vide l’uomo sbiancare. Grande e grosso com’era, sembrava un pupazzone abbandonato a bocca aperta sulla sedia. Passato l’attimo di shock, sembrò rianimarsi. «Ma cosa dice? È impossibile.» «Non mi chiede quale movente?» Sembrò boccheggiare, rosso in volto. Che sappia già? «Beh sentiamo il movente.» Giovanni fingeva un autocontrollo che palesemente non aveva. Il maresciallo si ripromise di tenere a freno la lingua. Se quell’uomo fosse stato davvero all’oscuro di tutto, avrebbe ben presto avuto delle gran brutte sorprese. «Temo che Viviana abbia subito violenza dai quattro. E temo anche che abbia fatto il possibile per vendicarsi. O semplicemente per evitare che succedesse di nuovo.» L’uomo iniziò a fare no con la testa e istintivamente indietreggiò sulla sedia. «Ma non è possibile. Gliel’ha detto lei?» «Non esplicitamente, ma quasi.»

      «Ma no, erano bravi ragazzi... e poi Viviana me l’avrebbe detto. Magari ci sarà andata insieme, questo sì. Magari sono stati un po’... bruschi, non so. Ma violenza, su andiamo, ma dove siamo? Non è mica possibile. Guardi che qui non succedono certe cose.»

      Man mano che l’uomo parlava, il volume della voce si alzava. Era chiaramente spaventato, attaccava per difendersi. De Carolis inarcò un sopracciglio.

      «Bruschi?»

      Al diavolo l’empatia, questo non si meritava niente.

      «Ma non lo so io, dico per dire, ma quello che ha detto lei, non è possibile dai!»

      Viviana, avevi ragione, manco tuo padre ti crederebbe, sto coglione. Fece un respiro profondo per calmarsi e si sporse in avanti, parlando in tono pacato. «Guardi che non è un’offesa a lei o a sua figlia, sto solo dicendo che purtroppo questo sembra proprio un movente valido per un omicidio e che sarebbe meglio collaborare da subito, per evitare conseguenze peggiori. Signor Soraperra, domani con tutta probabilità avrò un mandato di perquisizione per casa vostra. Cosa crede, che non troveremo nulla? Mi creda che voglio aiutare Viviana, se no non le sarei venuto a parlare e non le starei dicendo queste cose.» Il padre si piegò in avanti verso di lui, sibilando furioso. «Mia figlia non ha ammazzato nessuno, quello che dice sono sue fantasie. Ma le giuro che se avesse ucciso lei quei ragazzi, la strozzerei con le mie mani.» Sbatté il palmo aperto sulla scrivania, si alzò di scatto e uscì senza salutare.

      Viviana sistemò con cura forchette e coltelli sul tavolo vicino alla porta, poi passò a quello successivo. Aveva quasi terminato di preparare la sala per il servizio del pranzo, quando il campanello attaccato alla porta del ristorante suonò come impazzito. Si girò e vide suo padre scuro in volto arrivarle addosso e afferrarla per un braccio.

      «Ahi, mi fai male! Ma papà...»

      Lui non lasciò la presa e la trascinò fuori dal ristorante sul retro della casa, vicino alla legnaia.

      «Sei stata tu?»

      «Cosa?»

      «Il terrone crede che sei stata tu ad ammazzarli. Rispondi!»

      Oddio.

      Con la bocca secca e le mani sudate, Viviana guardò suo padre ed ebbe paura.

      «No, io no.»

      L’uomo alzò il braccio col palmo aperto e teso e a lei sembrò che qualcosa le si rompesse dentro. In fondo aveva sperato che almeno questa volta sarebbe stato dalla sua parte.

      Lo schiaffo le fece ruotare la testa, tanto arrivò forte. Il calore esplose, incendiandole la guancia.

      «Viviana, dime la verità, se no te cope. Che cazzo hai fatto?» Sembrava spaventato a morte, la guardava come aspettandosi di essere salvato da lei. Che cosa vuoi che ti dica, papà? «Cosa succede?» La voce di suo nonno. Giovanni la lasciò andare e lei riprese a respirare. «Giuliano, stanne fuori.» Viviana guardò la faccia di suo padre e per un attimo temette per il nonno. Il vecchio, serafico, si avvicinò. «Non ti permettere di alzare le mani su di lei, mi hai capito bene?» «Non è tua figlia, è mia figlia e so io cosa fare.» La ragazza trattenne il fiato. I due non erano mai andati molto d’accordo ma i litigi veri e propri erano rari. Di quello avvenuto poco dopo la morte della mamma aveva ancora gli incubi ogni tanto. «Hai ragione, mia figlia l’ho persa anni fa. Ma ti giuro Giovanni che se ti vedo un’altra volta toccare mia nipote, ti ammazzo. E ora spriza!» Giovanni si allontanò furioso. Viviana sentì le lacrime salirle agli occhi, bollenti e liberatorie. Non avrebbe saputo dire per cosa stava piangendo. Per lei, per sua mamma, perché finalmente qualcuno prendeva le sue parti, per lo schiaffo di suo padre, per tutto quell’orrore. Forse per tutte le cose insieme. Si gettò fra le braccia del nonno e le lacrime iniziarono a rigarle le guance. Sentì la sua mano calda e ruvida accarezzarle la testa. «Piciola, ades vàtene a cèsa.»

       La smetterà mai di piovere in questo maledetto posto?

      Pino si infilò sotto la tettoia che costeggiava il perimetro della sua casetta e aprì e chiuse l’ombrello un paio di volte per scrollare le gocce di pioggia. Voleva metterlo in casa, non si azzardava a tenerlo fuori. Era terrorizzato all’idea di trovarci dentro una vipera. Un mese fa ne aveva vista una acciambellata al sole sul muretto lì vicino e da quel momento non era più riuscito a liberarsi di quel pensiero orrendo. Un altro motivo per cui avrebbe dovuto rimanere in Puglia.

      Quel pomeriggio non aveva fatto altro che girare su e giù a interrogare familiari e conoscenti delle vittime sotto una pioggia ostinata e instancabile. Ed era giugno! Giugno, cazzo! Non voleva pensare cosa doveva essere vivere lì a novembre. Si tolse l’impermeabile e andò sul retro di casa, chiavi alla mano. Non vedeva l’ora di farsi una doccia, mangiare e piazzarsi sul divano. Alzò gli occhi per aprire la porta e il cuore gli si fermò. Giuliano era seduto nella panca di legno appoggiata al muro. In mano, un fucile. Cercò di ignorare il cuore che batteva talmente forte da sentirselo nelle orecchie e si sforzò di fare un sorriso.

      «Buonasera.»

      Il vecchio sembrava una statua. Poteva essere scolpito nel legno per quanto era immobile.

      «Buonasera. Mi invita a entrare?»

      Oh, Madonna. «Non si preoccupi, voglio solo scambiare due parole.» Annuì in modo un po’ isterico e con le mani che gli tremavano leggermente aprì la porta. Lo fece accomodare nel suo piccolo salottino. A pensarci bene, era il primo ospite a entrare in quella casa. Probabilmente, il primo e ultimo. Giuliano si tolse il cappello e sedette su una delle sedie attorno al tavolo. Pino, di conseguenza, scelse il divano. Si rese conto di avere ancora in mano impermeabile e ombrello e che una piccola pozza d’acqua


Скачать книгу