Frammenti Di Cuore. Alyssa Rabil

Frammenti Di Cuore - Alyssa Rabil


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disse qualcosa dall'altro lato della porta. Aaron non riuscì a capire le sue parole. “Aiuto!” implorò.

       La ragnatela ormai copriva tutto il suo corpo, lucida e indistruttibile. Aaron intravide il ragno che si spostava di nuovo sul suo stomaco. Sentì ogni piccola zampa picchiettargli sulla pelle mentre si muoveva per poi sparire di nuovo…

      “Aaron!”

      Si svegliò di soprassalto e la stanza vorticò violentemente davanti ai suoi occhi. Ansimò in cerca d'aria, tenendosi il petto. La ragnatela era sparita. Era vestito. Non era nella propria stanza. Non c'era nessun ragno. Non c'era nessun pericolo per lui o per la sua famiglia.

      Qualcuno gli passò una mano sulla schiena e lo stomaco di Aaron ebbe un sussulto. Si sollevò, portandosi una mano alla bocca, e corse in bagno. Silas. Era con Silas. Quello che era accaduto prima che si addormentasse gli tornò in mente mentre si piegava sul water e vomitava per la seconda volta nel giro di neanche ventiquattro ore.

      Sentì qualcuno avvicinarsi. Afferrò il water con una mano e allungò l'altra. “Non farlo,” gemette. “Dammi un secondo.” Lo stomaco gli si rivoltò di nuovo e vomitò ciò che ancora non aveva buttato fuori. La mano sollevata divenne pesante e ricadde sul pavimento mentre la testa gli ciondolava di lato.

      “Posso avvicinarmi?” chiese Silas. La sua voce era dolce, intenzionata senza dubbio a rassicurarlo e farlo sentire protetto.

      Invece di calmarsi, Aaron sentì un caldo respiro fantasma contro l'orecchio, mentre una voce maschile sussurrava 'bravo ragazzo'. Tossì. Gli faceva male il petto. Si rese conto di essere appoggiato al water col petto, proprio dove Ralph gli aveva storto il capezzolo tra le dita, e si spostò leggermente, senza tuttavia voltare la testa. Non riusciva a guardare Silas. Non riusciva a guardare niente e nessuno in quel momento.

      Si sollevò di nuovo, un filo di saliva che dalla sua bocca cadeva nel water. L'odore di succhi gastrici e sudore lo fece rabbrividire. Sentì il tocco delicato dei polpastrelli picchiettare lungo la sua spina dorsale, muovendosi verso il basso.

      Silas era ancora in piedi dietro di lui, probabilmente si stava pentendo di averlo fatto restare a dormire lì. Aaron si aggrappò alla tavoletta con entrambe le mani. Sentiva i suoi occhi sulla propria schiena. Silas lo aveva visto senza vestiti, sapeva com'era fatto il suo corpo. Adesso poteva vedere ben poco ma lo aveva già visto nudo.

      Aaron pensò al modo in cui si erano conosciuti. Ansimò in cerca d'aria, il corpo a un passo dall'avere le convulsioni. Aveva appena dormito nello stesso letto di Silas, il suo Dom. Gesù, non sapeva neppure se Silas gli aveva fatto qualcosa mentre era addormentato. Aveva preso così tante pillole da quando era arrivato.

      “Aaron.”

      Perché aveva detto a quegli uomini il suo vero nome? Perché aveva lasciato che lo chiamassero così? Perché aveva lasciato che lo toccassero? Avrebbe dovuto reagire dopo che la safe word non aveva funzionato. Avrebbe dovuto sforzarsi di più. C'era stato un momento, prima che gli bloccassero le gambe con la barra divaricatrice, in cui era stato solo il peso di Ralph a tenerlo fermo… Aaron avrebbe dovuto approfittare di quel momento per divincolarsi e fuggire.

      “Aaron.”

       'Sì, Signore?'

      Un altro conato lo squassò. Non uscì niente. Lasciò andare il water e si coprì la testa con le braccia. Forse poteva annegarsi. Quanto poteva essere difficile farlo? Poteva semplicemente trattenere il respiro fino a perdere i sensi, poi la sua faccia sarebbe caduta nel water e lui sarebbe annegato.

      Qualcosa si mosse al suo fianco, facendolo sussultare.

      “Non preoccuparti,” disse Silas. “Non ho intenzione di toccarti. Voglio solo assicurarmi che tu stia bene.” La sua voce era di nuovo fredda, clinica. Era meno 'povero bimbo stai bene' e più 'fammi dare un'occhiata, sono un dottore'.

      Il respiro di Aaron si perse nel water.

      “Temo che andrai in iperventilazione se continui a rimanere in quella posizione,” disse Silas. “Riesci a sederti?”

      Aaron prese un respiro pesante e si scoprì la testa. Si tenne aggrappato alla ceramica senza aprire gli occhi.

      “Molto meglio,” disse Silas. “Stai dondolando avanti e indietro.”

      Non si era reso conto di farlo.

      “Mi sa che quel movimento sta solo aumentando il senso di nausea che provi.”

      Aaron smise di dondolare. Ora che non si muoveva più, riusciva a sentire quanto tremassero le sue mani. “Scusa,” mormorò.

      “Non hai nulla di cui scusarti,” lo tranquillizzò Silas. “Vorrei sentire la tua frequenza cardiaca. Posso toccarti il polso?”

      Aaron non rispose, si limitò a tendere un braccio. “È accelerata,” sussurrò. “Lo sento anche da solo.”

      Silas non era come gli altri. Certo che non lo era: aveva letteralmente buttato giù una porta a calci ed era accorso, pistola in mano, in aiuto di Aaron. Silas era buono.

      “Ho un'idea,” disse Silas.

      “Quale?”

      “Penso che dovresti sederti di fronte a me con una mano sul mio cuore.”

      Aaron spalancò gli occhi e si voltò per guardarlo. Era in piena modalità dottore. Lo stava osservando attentamente, con la testa piegata di lato.

      “A cosa servirà?” domandò Aaron.

      “È un esercizio di respirazione,” gli spiegò. “Ti aiuterà a far sincronizzare il tuo respiro col mio. Conterò anche a voce alta.”

      “Sembra una di quelle stronzate dei corsi di meditazione,” borbottò Aaron. Tuttavia, si allontanò lentamente dal water e si sedette a gambe incrociate sul pavimento del bagno, davanti a Silas.

      “Metti la mano qui,” disse l'uomo. Toccò un punto in alto sul lato sinistro del proprio petto.

      Aaron si avvicinò un po' e alzò una mano tremante. Fece un mezzo singhiozzo quando tentò di prendere aria, poi allargò le dita sul petto di Silas.

      Silas sorrise. “Bene. Ora, inspira. Uno, due, tre, quattro, cinque. Espira. Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette.”

      Aaron sentì il petto di Aaron sollevarsi e poi abbassarsi sotto le proprie dita. Aveva la mano lucida, e si rese conto che aveva ancora la saliva che gli copriva un lato del viso. Cercò di pulirla con la mano libera.

      “Inspira. Uno, due, tre, quattro, cinque.” Silas gli porse un asciugamano pulito che aveva appoggiato al proprio fianco. Silas era sempre preparato. Forse era il dottore in lui. O forse era la conseguenza di un altro segreto.

      Aaron seguì il respiro di Silas finché il singhiozzo si calmò e il braccio smise di tremare. Da qualche parte in quello strano tentativo di farlo calmare, la sua mano si era stretta a pugno e ora stringeva il davanti della camicia di Silas. Allentò le dita e la lasciò andare. “Scusa,” mormorò di nuovo.

      “Le prime notti sono le peggiori,” disse Silas. “Ma ti assicuro che poi va meglio.”

      Aaron si passò una mano sul viso. Si sentiva di nuovo appiccicoso e il suo alito era terribile. Non riusciva neanche a prendersi cura di se stesso. Non meritava che qualcuno come Silas si occupasse di lui.

      Silas tirò lo sciacquone e chiuse il coperchio. “Vuoi guardare un film?” propose. “Il divano si trasforma in un letto e ho tutti i film di Jurassic Park in DVD.” Fece una pausa. “Devo essere onesto. È molto difficile resistere alla tentazione di obbligarti a riposare e infilarti una flebo nel braccio per assicurarmi che tu sia reidratato.”

      “Preferisco di gran lunga guardare Jurassic Park,” disse Aaron.

      “Posso almeno convincerti a sdraiarti nel caso in cui ti venga sonno?”

      Aaron emise una specie di risata.


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