Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II. Amari Michele

Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - Amari Michele


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di riverenza; togliea qualche pretesto ai macchinatori di novità; mettea qualche lieve intoppo allo sdrucciolo di cotesta autorità senza forza pubblica: del rimanente non aumentava i pericoli d'una tirannide, nè i capi riottosi potean temerne troppo rigor di giustizia. Però la nobiltà arabica di Sicilia toccava il bello ideale del governo di genio suo; quel che aveva ambito per lo innanzi, quel che desiderò in appresso e mai nol potè conseguire. I Berberi faceano come chi si gitti in mare dalla nave che arde: vessati dal principato d'Affrica e dagli Arabi lor compagni nell'isola, concordaron questa volta coi più vicini.297 Tutta la Sicilia dunque a una voce assentì ad Ibn-Korhob, quand'ei messe il partito della obbedienza agli Abbassidi. Incontanente, tolto dalla khotba il nome del Mehdi, si pregò nelle solenni adunanze dei Credenti per Moktader. Mandaronsi lettere e messaggi a Bagdad; ove il califo, con sussiego pontificale, approvò, fece compilare un bel diploma d'investitura in persona di Ahmed-ibn-Ziadet-Allah-ibn-Korhob, e gliel'inviò, com'era usanza, per legati apposta, accompagnato col solito dono degli emblemi del comando: bandiere negre, toghe nere, collana d'oro e smaniglie.298 Arrivò in Palermo l'ambasceria di Bagdad poco appresso l'armata siciliana, che tornava in porto con splendida vittoria.299

      Disdetto il nome del Mehdi, s'era apprestato Ibn-Korhob a provar sua ragione con la spada; e come prima seppe uscito un navilio affricano ad assaltare la Sicilia, ovvero a guerreggiare contro l'Egitto e le città d'Affrica rivoltate,300 fece salpare, a' nove luglio novecento quattordici, il navilio siciliano, condotto dal proprio figliuolo Mohammed. Ai diciotto luglio, trovò nel porto di Lamta, presso Medhia, l'ammiraglio nemico, Hasan-ibn-abi-Khinzîr, quel campato a mala pena nel tumulto di Palermo; e dato dentro, ruppe gli Affricani, arse tutte lor navi, fe' da secento prigioni e tra gli altri Hasan. Mohammed deturpò la vittoria, scannandolo di propria mano e facendogli mozzar mani e piè, e mandò la testa al padre in Palermo: crudeltà provocata forse da antiche offese in Sicilia, di certo dagli esempii di barbarie che avean dato gli eserciti fatemiti nelle città ribelli d'Affrica e dalla strage indistinta degli Arabi di parte aghlabita. Sopravvennero dopo la sconfitta genti che il Mehdi mandava in fretta da Rakkâda; ma, sbarcati i Siciliani, le combatterono e vinserle con tanta rotta, che preser tutte le bagaglie del campo. Indi l'armata assaltò e distrusse Sfax, che si tenea pei Fatemiti; e, passando oltre, si mostrò a Tripoli. Trovatovi El-Kâim figliuolo del Mehdi con l'esercito che tornava d'Egitto, rivolser le prore verso la Sicilia.301

      La riputazione di tal vittoria e della investitura rincorò Ibn-Korhob, sì che diede opera più alacremente alle cose pubbliche, con forza e prudenza, scrive un cronista302 secondo la formola; lasciandoci a tradurre in numeri cotesti segni d'algebra; e di più ad imaginare le difficoltà che si paravano innanzi al novello reggitor della Sicilia: le pretensioni contrarie de' Berberi e della nobiltà arabica, delle antiche famiglie musulmane e dei Siciliani convertiti, degli ottimati militari e dei giuristi; le confuse brame del popol minuto; e quanti soprusi e dilapidazioni eran da riparare, a quante ambizioni dovea resistere Ibn-Korhob, a quante cedere, a quante cupidigie por freno, da quanti invidiosi schermirsi, quanti ladroni gastigare o lusingare, quante pazze ire a comporre, quanti calunniatori ad affrontare, quanti sciocchi a far contenti: nelle dette condizioni della colonia, tra uomini sì mal connessi insieme a ciascun persuaso che la rivoluzione s'era fatta a suo beneficio particolare. Una impresa che tentò Ibn-Korhob in Calabria, quasi dimenticando ch'aveva alle spalle i Fatemiti, mostra ch'ei temesse molto più le divisioni interiori e quel pomo di discordia del fei; onde si studiava ad appagare i più bramosi col bottino della guerra sacra. L'esercito che passò il Faro, saccheggiò, diè il guasto, afflisse gli indifesi Cristiani della punta meridionale di terraferma.303 Ma l'armata fece naufragio, il primo settembre del medesimo anno novecento quattordici o del seguente, a Gagliano presso il capo di Leuca, ovvero Gallico presso Reggio.304 Questo fu principio della rovina d'Ibn-Korhob. Occorso di combatter nuovamente le forze navali dei Fatemiti che ingrossavano su la costiera d'Affrica, l'armata siciliana, scemata da quel disastro dì Calabria, fu vinta e prese tutte le navi. Indi una mala contentezza nei popoli; e ogni provvedimento d'Ibn-Korhob cominciò ad andar di traverso; i turbolenti, che s'erano acquattati per timore, alzaron le creste.305

      Narra il Cedreno che Zoe, mentre reggea lo stato pel figliuolo Costantino Porfirogenito di minore età, volendo concentrare le forze contro i Bulgari che nuovamente minacciavano la capitale, fermò la pace coi Saraceni di Sicilia, affinchè cessassero la infestagione della Puglia e Calabrie racquistate dalla dinastia macedone. Eustazio, gentiluomo di camera,306 com'or si chiamerebbe, dello imperatore e stratego di Calabria, stipolava a questo fine con l'emir di Sicilia di pagargli tributo di ventiduemila bizantini d'oro all'anno, che tornano a un dipresso a trecentomila lire.307 Continua l'annalista, come surrogato ad Eustazio un Giovanni Muzalone; costui sì iniquamente governò, che i Calabresi, ribellati all'impero, diersi a Landolfo principe di Benevento, dopo la esaltazione di Romano Lecapeno al trono di Costantinopoli:308 i quali avvenimenti designando la data che manca nel racconto, fan tornare la pace di Sicilia al novecento quindici o principii del novecento sedici, e però al tempo d'Ibn-Korhob.309 Vergogna all'impero, gloria recò questo trattato alla colonia musulmana di Sicilia e al valente uom che la reggea. E pur non maraviglierei, se un di o l'altro si trovasse in qualche cronaca che i ventiduemila bizantini d'oro eran cagione di nuove discordie tra le milizie arabiche e berbere; che le fazioni calunniavan l'emiro d'essersi venduto agli Infedeli per scialacquare lor moneta coi suoi sgherri.

      La reazione contro Ibn-Korhob incominciò, come era da aspettarsi, dalla schiatta berbera. Correndo l'anno trecentotrè dell'egira (16 luglio 915, a 3 luglio 916), i Girgentini disdiceano l'autorità sua; mandavano per lettere ad offerirsi al Mehdi; tiravano a sè altre popolazioni. Si fe' capo della parte un Abu-Ghofâr.310 Coi principali dei sollevati, volle in persona intimare a Ibn-Korhob, se ne andasse con dio fuor di Sicilia, poichè spiaceva al popolo: ai quali l'emiro pacatamente rispose aver preso lo stato richiesto e costretto da loro stessi; e ricordò il dato giuramento, e si sforzò a persuaderli che non guastassero l'impresa ben cominciata dai Siciliani: ma ostinaronsi; ed ei non volle cedere a minacce. Anzi, mantenendogli molti altri la fede, s'afforzò, com'ei pare, in Palermo e si venne alle armi. Poi, sia che l'avvantaggio fosse rimaso ai sollevati, sia che gli rifuggisse l'animo dal continuar quello spargimento di sangue civile, Ibn-Korhob deliberossi a volontario esilio in Spagna. Non è inverosimile che gli abbia dato il tracollo quella terribil nuova dell'assedio della colonia al Garigliano, di che potea parer causa la pace fermata coi Bizantini.311 Noleggiati dunque i legni, trasportatavi gran salmeria delle robe proprie e de' suoi, Ibn-Korhob stava per dar le vele al vento, il quattordici luglio del novecento sedici.312 In questo una turba ingombra la spiaggia; salta furibonda su le navi; saccheggia; pon le mani addosso all'emiro, ai figliuoli, agli amici che seguivan sua fortuna, tra i quali un Ibn-Khami, il cadi. Messi ai ferri, gittati sur una barca, li mandarono, per colmo d'infamia, all'usurpator fatemita a Susa. “E che ti mosse a sconoscere il sacro dritto della casa d'Ali e ribellarti da noi?” dicea superbamente il Mehdi ad Ibn-Korhob, fattosel recare incatenato. “I Siciliani,” rispose, “mi esaltarono mio malgrado, e mio malgrado m'han deposto.” Rimandollo allora in carcere, e divisò il supplizio più che potesse insolito e ignominioso. Montato a cavallo, menava seco i prigioni a Rakkâda, capitale tuttavia dell'impero. E fuor la porta della Pace,313 là dov'eran sepolti i miseri avanzi di Hasan-ibn-abi-Khinzîr ucciso dopo la battaglia di Lamta, Ibn-Korhob, i figliuoli, gli amici politici, come ladroni di strada, eran vergheggiati a morte; mozzati loro mani e piè; e sospesi i cadaveri a tanti pali dinanzi la tomba.314

      Insieme con lor nobili


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<p>297</p>

Di coteste riflessioni non è risponsabile alcun cronista.

<p>298</p>

Confrontinsi Ibn-el-Athîr, Baiân, Nowairi, Ibn-Khaldûn, ll. cc.

<p>299</p>

Ciò si vede dall'ordine dei fatti presso Ibn-el-Athîr e Ibn-Khaldûn.

<p>300</p>

Veggasi il Baiân, tomo I, anni 300 e seguenti; Ibn-Khaldûn, Storia dei Fatemiti, in appendice alla Histoire des Berbères etc. del medesimo autore, versione di M. De Slane, tomo II, p. 524.

<p>301</p>

Si confrontino: Chronicon Cantabrigiense, l. c., an. 6422; Ibn-el-Athîr, l. c.; Baiân, anni 300 e 301, tomo I, p. 169 e 172; Ibn-Khaldûn, Storia d'Affrica, e Storia dei Fatemiti, ll. cc. Le date si ritraggon dalla sola Cronica di Cambridge.

<p>302</p>

Baiân, tomo I, p. 169.

<p>303</p>

Ibn-el-Athîr, l. c. senza porre la data a ciascun fatto della rivoluzione d'Ibn-Korhob, ch'ei narra in un fascio nel 300.

<p>304</p>

Chronicon Cantabrigiense, l. c., an. 6423. Secondo la cronologia seguita costantemente in questa cronica, la data torna senza dubbio al 914. Ma supporrei piuttosto uno sbaglio del cronista, che lo armamento di due navilii siciliani al medesimo tempo, ovvero tale rapidità di movimenti dell'unica armata, che avesse vinto il 18 luglio a Lamta, poi osteggiato Sfax e Tripoli, poi toccato il porto di Palermo, e si fosse trovata finalmente ne' mari di Calabria il lº settembre. Il nome di luogo è scritto nel testo senza punti diacritici.

<p>305</p>

Ibn-el-Athîr, l. c., il quale non parla del naufragio in Calabria.

<p>306</p>

Θαλαμηπόλος.

<p>307</p>

Nel IX secolo il χρυσίον valea da 13 a 14 franchi in peso di metallo.

<p>308</p>

Cedreno, ediz. Niebuhr, tomo II, p. 355.

<p>309</p>

La guerra coi Bulgari, condotta dopo il trattato con la Sicilia, fu combattuta il 917; Romano Lecapeno fu coronato a' 17 dicembre 919; la ribellione di Calabria segui nel 920 e 921. Pertanto il Le Beau, Histoire du Bas Empire, lib, 73, cap. XIII, con buona critica ha posto il trattato di Sicilia nel 916. Un cenno di Giorgio Monaco, ediz. Niebuhr, p. 880, porterebbe questo fatto alla 3ª indizione (914-15). Ad ogni modo, come dalla state del 916 alla primavera del 917 non v'ebbe in Sicilia alcun governo, così par che il trattato si debba mettere avanti la ristorazione dell'autorità fatemita, e però al tempo d'Ibn-Korhob. Posporre non si dee, sapendosi che un'armata del Mehdi assaliva Reggio, d'agosto 918.

Ma anche lasciato da parte lo esame se il trattato si fosse fermato nel 915 nel 918 e anche 919, prima dell'esaltazione di Romano Lecapeno, egli è certo che non si può collocare nel 928 come ha creduto il Martorana (tomo I, p. 86), seguito dal Wenrich (lib. I, cap. XII, § 105). Il Martorana ha preso i particolari del trattato da Cedreno e la data da Nowairi. Ma parmi evidente che questa si debba riferire, non al trattato primitivo, ma alla rinnovazione di quello tra Costantinopoli e i Fatemiti; come spiegherò a suo luogo, nel capitolo seguente.

<p>310</p>

Questo nome, dato dal solo Nowairi, è senza vocali nel manoscritto. Senza dubbio non è patronimico, ma soprannome; e, come io lo leggo, significa “Quel dal collo e faccia irsuti di peli.”

<p>311</p>

Veggasi il capitolo seguente. L'assedio incominciò il 14 giugno 916. L'accusa sarebbe stata ingiusta, perchè i ladroni del Garigliano non ubbidivano all'emir di Sicilia. Ma quando mai l'umor di parte giudicò giusto i nemici?

<p>312</p>

La data precisa è nella sola Cronica di Cambridge. Rispondevi con pochissimo divario il Baiân, ponendo l'imprigionamento d'Ibn-Korhob nell'anno 303, che finì il 3 luglio 916, e l'arrivo a Susa nel mese di moharrem 304, cioè dal 4 luglio al 2 agosto.

<p>313</p>

Bab-es-selm.

<p>314</p>

Confrontinsi: Chronicon Cantabrigiense, an. 6424 (1º settembre 915 a 31 agosto 916), presso Dì Gregorio, Rerum Arabicarum, p. 44; Baiân, an. 303 e 304, tomo I, pag. 175, 176; Ibn-el-Athîr, an. 300, MS. A, tomo II, fog. 206 recto, MS. C, tomo IV, fog. 293 recto; Nowairi, presso Di Gregorio, p. 13; Ibn-Khaldûn, Histoire de l'Afrique et de la Sicile, p. 160, 161 e Storia dei Fatemiti, in appendice alla Histoire des Berbères, etc., tomo II, p. 525. Ibn-el-Athîr, Ibn-Khaldûn che lo copia e Nowairi, pongono tutti i fatti, con error di data, nel 300.