Vivere La Vita. Lionel C

Vivere La Vita - Lionel C


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incuriosiva lei ed ero molto attento a questo.

      Era per la prima volta che la nostra bella maestra ci parlava di quelle cose ed in quel momento, non lo so perché, era diventata meno bella. La pace e la tranquillità che sentivo sempre con lei, non c'erano più ed ascoltarla, era meno interessante del solito.

      Non capivo perché succedeva.

      Appena ha finito e dopo averci salutato a noi comandanti, dandoci la mano, ho deciso che a tutto quello avrei pensato in un altro momento, perché volevo che niente e nessuno doveva disturbare quei miei momenti di immensa soddisfazione.

      Gioia e felicità.

      La strada fino a casa, con gli amici insieme a quali si camminava sempre, è sembrata più corta del solito.

      D'avanti al ingresso del condominio, sulle grosse panchine, come spesso capitava nelle giornate belle, soleggiate e luminose come quella, c'era della gente. Sono rimasto molto contento, felice, quando i grandi si sono congratulati con me, per il mio cordone, dicendomi che: < Ero appena diventato motivo di orgoglio, per il nostro condominio. >

      Era una cosa molto bella ed importante, che in così poco tempo, da un bambino rumoroso e vivace come tutti gli altri, ero diventato un rappresentante importante del condominio. Mi faceva molto piacere sentirli mentre me lo stavano dicendo, ma non vedevo l'ora di poter parlare anch'io.

      Ringraziare tutti loro per quelle belle parole, ma soprattutto, per salutare ed andare via subito.

      Volevo arrivare a casa dai miei genitori perché, volevo condividere prima di tutto con loro la mia grande gioia.

      Il grande risultato.

      Erano loro i primi a qui volevo dare quella grande soddisfazione.

      Parlare prima con altre persone, mi sembrava quasi di fare un torto ai miei genitori.

      Quando la porta di casa si è aperta e dietro è comparsa mia mamma, prima di dirle qualcosa ed ancora prima di salutare, mi è bastato vedere la sua faccia, per capire quello che succedeva dentro di lei.

      Dopo avermi abbracciato, era arrivato il turno di mio padre.

      Mentre mi abbracciava dolcemente forte, mi ha detto che mai nella nostra famiglia allargata, a nessuno aveva toccato questo onore.

      Ero felicissimo.

      Non lo so se erano i momenti più felici della mia vita, ma di sicuro, erano i più importanti.

      Era per la prima volta, che i risultati del mio lavoro, dei miei sacrifici, oltre ad essere premiati dandomi soddisfazione personale, venivano riconosciuti da tutti.

      Davano tanta gioia ai miei genitori.

      Vedevo che erano molto fieri di me e capivo che per la prima volta, avevo portato anch'io, un qualcosa per la nostra famiglia.

      Un qualcosa in più, che faceva stare meglio tutti.

      Ero molto felice per i miei genitori.

      Molto fiero e molto contento di me.

      Vedevo che tutto, sembrava quasi più importante del primo premio che avevo preso l'anno prima e non riuscivo a capire perché. Quello che stava succedendo, quello che stavo vivendo, mi ha aiutato a dimenticare in fretta i momenti che non mi sono piaciuti, quelli che non mi hanno fatto stare non bene durante la cerimonia.

      Dopo essere rimasto ancora un po' vestito con la divisa da pioniere per farmi vedere bene dal mio papà, come lui mi ha chiesto, mi sono svestito prima di sporcarmi. Invece di metterla nell'armadio come facevo di solito, l’ho messa con tanta cura su una sedia, per farla vedere bene anche al mio fratello appena tornava dalla scuola, poi, come sempre, non vedevo l'ora di cominciare a fare i miei compiti.

      In quel giorno però, oltre a farli bene, volevo farli più in fretta, per poter scendere prima e raccontare ai miei amici del condominio, quanto di bello mi era successo a scuola.

      Stavo quasi finendo i compiti, quando il campanello di casa ha suonato.

      Era uno dei miei amici.

      Mi chiamava perché, avevano già organizzato una partita di calcio con la squadra di un altro condominio.

      Ho avuto il tempo che mi serviva per finire bene il mio lavoro e mi sarebbe bastato anche per raccontare prima della partita a tutti, le mie belle novità.

      Appena sceso, non ho fatto in tempo a raccontare niente.

      Ãˆ stata una bellissima sorpresa vedere che i miei amici, tutti insieme avevano già deciso una cosa molto importante.

      Da quel giorno in poi, sarei stato il capitano della nostra squadra.

      Sapevano già tutto.

      Era la giornata delle grandi soddisfazioni, ma anche dei grandi dubbi.

      Non sapevo come facevano a sapere già tutto, ma la loro decisione era un bel segno di amicizia ed è stato ancora più bello che appena arrivata l'altra squadra, lo hanno fatto sapere a grande voce e con tanto entusiasmo anche a loro. Subito dopo, sul nostro “Maracana” in terra rossa, è partita la nostra “Finale Mondiale”.

      "Una battaglia epica."

      Correre è lavorare per la squadra mi piaceva tanto, ma in quel giorno mi sembrava di volare. Diventavo sempre più sudato ed in mezzo al polverone di terra rossa alzato da noi stessi, la mia pelle diventava sempre più appiccicosa e sporca, ma nessuno di noi aveva la più piccola intenzione di mollare niente, correre meno in quel' incontro, o risparmiarsi in quella forte battaglia.

      Nessuno voleva fermarsi mai.

      Neanche quando qualcuno di noi cadeva sbucciandosi le ginocchia, i gomiti, i palmi delle mani ed il rosso molto vivo del sangue, si mischiava con la polvere scura ed appiccicosa sulla pelle.

      Oppure quando qualche donna con le borse della spesa, per fare meno strada tagliava in diagonale il nostro campo, invece di andare sul marciapiede intorno e veniva centrata in pieno con il pallone.

      Vincere “la finale del nostro mondo", era l'unica cosa che contava.

      Ogni volta.

      Era molto più importante che lamentarsi per delle piccole ferite, o ascoltare le imprecazioni di un adulto che comunque aveva torto, perché era lui ad aver appena invaso il nostro territorio.

      Alla fine, ero ed eravamo pieni di tante soddisfazioni.

      Per la nostra vittoria.

      Perché avevo fatto più gol di tutti.

      Ma la più grande in assoluto era un'altra.

      Quella di portare intero a casa, il nostro pallone, perché, non poche volte finiva sotto le ruote di qualche macchina, nel corso non molto lontano, dietro ad una delle due porte.

      Il sole aveva cominciato a scendere e pensavo che per me, quello era stato il giorno più movimentato, bello e felice della mia vita.

      Il giorno perfetto.

      Non potevo sapere che la ciliegina sulla torta, doveva ancora venire.

      Mentre tutti insieme, ci stavamo facendo i nostri conti di come e quanto era andata bene la nostra partita, è arrivato il gruppo dei ragazzi più grandi del nostro condominio. Stavano tornando dalla collina, dove erano andati a giocare tutti insieme.

      Come sempre.

      Era un posto di qui parlavano tanto e tutti.

      La vedevo al di là del corso, dalle nostre finestre, ma non ero mai andato sulla collina.

      Ero ancora troppo piccolo.

      Alcuni di noi, parlando quasi tutti insieme, hanno cominciato a raccontare anche a loro, mentre erano ancora abbastanza lontani, di come era andata la partita, chi ha fatto i gol e chi è stato il migliore e tutte le altre cose per una cronaca completa.

      In quel


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