Vivere La Vita. Lionel C

Vivere La Vita - Lionel C


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non molto lontani, c'erano tantissimi alberi dai più piccoli, a molto grandi. Riempivano tutta la collina e lo spettacolo che davano era splendido. Visto da vicino, era ancora più bello di quanto era quando lo vedevo dalla finestra della nostra cameretta.

      Le loro chiome erano fatte di tantissimi colori.

      Sembrava che tutti i tipi di verde ed alcuni di giallo erano scesi dal cielo e si sono posati sopra, per dipingerle. Verso l'alto della collina si vedevano tanti con delle chiome di un colore quasi rosso. Mentre il leggero vento passava, le loro foglie si muovevano tutte insieme nello stesso momento e nella stessa direzione in un modo tranquillo, molto delicato.

      Era per la prima volta che sentivo il loro fruscio.

      Il loro canto armonioso, portatore di pace.

      Quando il leggero vento veniva verso di noi, anche se molto tranquillo, oltre aria più fresca, portava anche un bel po’ di foglie gialle piccoli e grandi che scendevano a terra leggere e tranquille come i fiocchi di neve.

      Mentre respiravo a bocca chiusa ma a polmoni pieni, per poter assorbire tutti i profumi buoni che sentivo, per riempirmi più che potevo di quel' aria, mio papà mi spiegava che quella specie di sentiero molto, molto largo, quasi una strada, che partiva dal nostro spiazzo e salendo sulla collina, si perdeva in alto dentro la foresta, era il posto che d'inverno, con la neve, diventava la pista di slitta di tutta la nostra zona.

      Cominciando a salire anche noi su quella che diventava d'inverno la pista delle slitte, sentivo l'erba corta sotto i piedi cosi morbida, che ogni tanto, mi sembrava quasi, di perdere l'equilibrio.

      Era come camminare sopra un morbido e spesso tappetto persiano della migliore qualità.

      Mi sembrava di essere entrati, nel regno della natura e che lei, ci aveva dato gratuitamente e con tanta generosità il permesso di farlo, per poterci gustare da vicino tutto.

      I suoi colori, profumi, suoni.

      Tutta la sua vita.

      Di dentro, in un modo tranquillo e naturale, sentivo che l'unica cosa da offrire in cambio come ringraziamento a tutta quella ricchezza, a tutto quello che ci donava e ci permetteva di vivere, era il mio più profondo rispetto per lei.

      Per la natura.

      La mia testa non si fermava mai, perché a destra, a sinistra, su e giù, c'era sempre qualcosa di nuovo, di bello e di interessante da vedere. Anche se non lo guardavo sempre, sentivo molto bene la voce di mio papà che ogni tanto interrompeva il grande silenzio per insegnarmi come si doveva respirare, come si doveva camminare e cosa si doveva fare in alcune situazioni di difficoltà in montagna.

      Mentre mi parlava, all'improvviso si è fermato e con la parte curvata della piccozza di montagna, dopo averla alzata, ha piegato con attenzione e senza spezzarla, una pianta non spessa, fino a portarmela quasi d'avanti al naso ed appena fatto, ho sentito la voce di mio papà, che mi diceva di guardare come erano belle le noccioline sui rami d'avanti a me.

      Sembrava che soltanto in quel momento i miei occhi si sono aperti.

      Ho visto attaccate alla pianta, tante coppie di noccioline di colore giallino, quasi bianco in dei gusci di un verde molto fresco.

      Con l'aiuto di mio papà, che uno dietro l'altro piegava e poi rilasciava i rami delle piante, ho raccolto le noccioline finché abbiamo riempito la piccola borsetta che avevamo.

      Dopo aver finito e senza aver fatto nessun danno alle piante, abbiamo ripreso il nostro cammino e quasi subito dopo, seguendo mio papà, abbiamo lasciato quella specie di largo sentiero, per andare in mezzo agli alberi. Entrati nella foresta, il canto delle piante era ancora più bello e forte.

      Il profumo della foresta e di terra umida, me l'ho gustavo tutto e fino in fondo.

      Ad ogni respiro.

      Camminando, ho capito che si sentiva sempre più chiaro e sempre più vicino, come una voce fuori dal canto della foresta, un rumore non forte e molto delicato di acqua che scorreva.

      In un piccolo spiazzo, da sotto una pianta, usciva dalla terra un bel filino di acqua.

      Sembrava un filo di argento.

      Dopo che toccava la terra e cominciava la sua discesa verso vale, ho visto che era cosi limpida e chiara da riuscire a vedere bene tutti i colori di tutte le cose sopra quali scorreva.

      Mentre beveva, insegnandomi come dovevo fare, mio papà mi spiegava di bere piano, piano, perché era molto fresca, ma soprattutto per poter gustarla bene.

      Appena toccata, mi è sembrato che le labbra, la lingua si erano subito congelate e stavano per rompersi.

      Era così fredda che sentivo molto bene come scendeva dentro il mio corpo.

      Cosi buona che l'avrei bevuta tutta.

      Dopo aver bevuto, siamo usciti dalla foresta sullo stesso sentiero di dove eravamo entrati.

      Appena fuori, mio papà, dopo aver alzato gli occhi verso il cielo, ha detto che era l'ora di prendere la via del ritorno, perché il sole, stava cominciando a prepararsi per "andare a dormire".

      Arrivati d'avanti al condominio c'era tanta vita come sempre.

      A tutti quelli che incontravo, piccoli e grandi, non vedevo l'ora di raccontare che ero già andato sulla collina dove giocavano i ragazzi grandi e con tanta fierezza, spiegavo anche le cose belle che ho visto, vissuto ed imparato.

      Per dare subito la prova che era tutto vero.

      I compiti, mi sono sembrati ancora più belli ed interessanti del solito.

      Alla fine, ho anche avuto il tempo, ma soprattutto la voglia, di leggere i fogli su quali era scritto come dovevo organizzare l'assemblea di classe e quale era l'ordine del giorno di quella assemblea. Ho capito subito tutto, ma non volevo approfondire niente in quel momento. Non volevo disturbare quanto di bello ho avuto dalla vita in quel meraviglioso pomeriggio.

      Volevo conservare tutto com'era.

      Non potendo fermare il tempo, è arrivato anche il giorno in quale, dopo l'orario di scuola, ci siamo fermati nella nostra classe.

      Era il giorno per l'assemblea dei pionieri.

      Dopo aver dichiarata aperta l'assemblea, la mia maestra, mi ha chiamato d'avanti alla classe e mi ha dato la parola e farmi guidare tutto, come compagno comandante di classe.

      Mentre stavo andando, lei ha preso la sua sedia che di solito stava dietro alla cattedra e si è messa nell'angolo più lontano.

      Tra la lavagna e la finestra.

      Sembrava quasi che non voleva intromettersi in quello che dovevamo fare.

      Sembrava che non voleva far' parte.

      Appena arrivato e girato verso i miei amici, in quei momenti, compagni pionieri, dentro ho cominciato a sentire cose mai sentite prima.

      Ero già andato tante volte d'avanti alla classe, vicino alla lavagna.

      Ogni volta per essere interrogato e non ho mai avuto paura, o problemi.

      In quel momento era tutto diverso.

      Era per la prima volta che guardavo in faccia, da quella posizione e nello stesso momento, tutti i miei colleghi.

      Tutti i miei amici.

      Erano tanti.

      Vestiti tutti di bianco con la divisa dei pionieri, sembravano ancora di più.

      I loro occhi e la loro attenzione che di solito erano sulla nostra maestra, in quei momenti, era su di me.

      Le loro facce erano molto incuriosite, ma belle, tranquille e questo mi faceva stare anche a me più tranquillo.

      Con la maestra non vicina, quasi assente e sapendo che mi ero preparato bene a casa da quei fogli che avevo letto più volte, abbastanza sicuro di me, ho cominciato a parlare.

      Dopo


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