Vivere La Vita. Lionel C

Vivere La Vita - Lionel C


Скачать книгу
grandi si congratulavano con me per tutto ciò che di bello ed importante mi era successo in quel giorno.

      Essere riconosciuto subito e rispettato per i miei meriti dal gruppo dei grandi, che erano molto uniti ed avevano la squadra di calcio più forte della zona, per me era la cosa più importante di sempre.

      Sentirli dire che sono fieri di essere miei amici, mi stava quasi facendo volare fino al sesto piano dove abitavo.

      Non ero più riconosciuto perché fratello del mio fratello più grande e loro amico, ma per quello che ero.

      Mi ero fatto strada da solo.

      Per i miei meriti.

      Il mio lavoro ed i miei sacrifici venivano ripagati.

      Era tutto splendido e quella era la mia vera soddisfazione, la più grande di quel giorno.

      Forse di sempre.

      Mi ha subito aiutato mia mamma a restare per terra, quando all'improvviso l’ho vista non molto lontana e mi diceva che anche quella sera, avrebbe dovuto mettermi nella lavatrice perché, ero sporco come un minatore.

      Per me, forse sarebbe stato molto meglio, perché l'acqua calda non arrivava a tutte le ore del giorno.

      Tante volte, anche quando le ore erano giuste, quelle decise dal programma di distribuzione, ai piani più alti, non arrivava ed in quei momenti, come in quella sera, mia mamma riscaldava l'acqua sulla cucina in un immenso pentolone che poi diluiva con acqua fredda nella vasca da bagno.

      Non era tanta ed il mio corpo non riusciva a stare tutto sotto l'acqua.

      Questo non mi piaceva e non mi faceva stare bene, ma di estate era molto meglio che nei giorni molto freddi d'inverno.

      Poi, alla fine di quel giorno così importante della mia vita, andava bene tutto.

      Le giornate passavano lente e tranquille.

      Ero molto contento, perché a scuola, ogni giorno imparavo qualcosa di nuovo. Tutte cose molto interessanti che assorbivo senza neanche respirare. Mi piacevano moltissimo perché, erano conoscenze sempre più complesse ed aumentavano il mio sapere in ogni momento. Poi, a casa, da solo, facendo i compiti in totale pace, tranquillità, serenità e silenzio, riuscivo ad approfondire ancora meglio, al modo mio.

      I voti erano sempre molto buoni.

      A casa andava tutto molto bene.

      Per i miei amici ero sempre più la loro guida, il loro leder.

      Vivevo da beato.

      Nel giorno in qui la maestra è entrata nella classe con in mano un piccolo bigliettino di carta che poi me lo ha dato, mi ha messo tanta confusione, perché, era per la prima volta che faceva un gesto cosi, nei confronti di un suo allievo.

      Mi ha detto abbastanza decisa, di leggere bene tutto e di fare quello che era scritto.

      Era un biglietto scritto, firmato e timbrato dalla compagna comandante dei pionieri per la scuola.

      Informava i compagni comandanti delle classi appena entrati nelle fila dei pionieri, di essere invitati al primo incontro con tutti i compagni comandanti delle classi di tutta la scuola.

      Sotto la sua guida.

      Sembrava molto interessante e mi incuriosiva molto.

      Era una cosa nuova, poi il fatto di stare insieme a tutti i più grandi della scuola, mi incuriosiva ancora di più. Di sicuro, avrei potuto imparare qualcosa di nuovo.

      Non mi piaceva affatto tutto il resto perché l'incontro, si doveva svolgere fuori dagli orari di scuola.

      Nel mio tempo libero.

      Quando è arrivato il giorno, sono andato davanti ad una porta che fino in quel momento, da quando ero nella scuola, avevo sempre visto chiusa e più di una volta mi ero chiesto: "cosa c'era dietro".

      Arrivavano sempre più compagni comandanti di classe ed a parte i miei altri sette coetanei, tutti erano più grandi. Più venivano, più mi sentivo piccolo, senza che nessuno dei grandi faceva qualcosa per farmi sentire in quel modo. Forse mi capitava, perché vedevo tutti con dei comportamenti quasi da grandi.

      Molto seri, freddi, quasi rigidi.

      Appena arrivata la compagnia comandante, ha aperto quella porta e finalmente siamo entrati.

      Era una specie di aula, molto diversa da tutte le altre aule della scuola, ma molto più piccola.

      Forse la meta ed era più lunga che larga.

      Per terra, sui due lati lunghi, dall'ingresso e fino in fondo, quasi fino alle finestre, c'erano porta bandiere riempiti tutti da bandiere.

      Messe in ordine: una tricolore del paese ed una rossa dei pionieri.

      Erano moltissime e facevano quasi fermare il cuore appena entrati.

      D'avanti alle bandiere, una di fronte al' altra, due fila di sedie su quali ci siamo seduti tutti noi. Mi sedevo per la prima volta nella mia scuola, su una sedia e non in un banco. In fondo alla camera, con le spalle verso la finestra, si era appena seduta dietro ad una scrivania abbastanza grossa, la maestra compagna comandante. Purtroppo, in quella giornata luminosa, con tutta la bella luce che entrava nella camera dalle grosse finestre, non riuscivo neanche a vederla e questo mi infastidiva non poco.

      Capivo soltanto che li seduta, c'era una persona.

      Non ho fatto in tempo a vedere altro, perché si è alzata in piedi ed ha "dichiarato aperti" i lavori di quella assemblea.

      Dopo aver cantato l'inno nazionale del paese, la compagna comandante pioniera per la scuola, quella con il cordone blu, ha preso la parola.

      Hanno accolto tutti noi piccoli, che eravamo lì per la prima volta, con un applauso da parte di tutti.

      Poi ci ha spiegato che in tutte le foto grandi e piccole sui panelli rossi attaccati fino al soffitto sulle pareti, sopra le due fila di bandiere, in modo disordinato ma bello da vedere, erano tutti compagni pionieri piccoli e grandi, di qui la nostra scuola andava molto fiera. Erano vincitori delle “Olimpiadi dello Studio” al livello cittadino, regionale e nazionale. Vincitori di concorsi interscolastici. I migliori nel portare a buon fine il lavoro di raccoglimento del piano economico. I più intraprendenti nel lavoro volontario ed i migliori nelle gare sportive.

      A parte le gare sportive e qualcosa sul lavoro volontario – perché avevo sentito i miei genitori quando siamo andati insieme a lavorare per il nuovo stadio -, tutte le altre, erano per me parole e cose nuove che non avevo mai sentito prima.

      Di quello che sentivo, non capivo nulla.

      Sapevo di essere tra i più piccoli, ma nella mia classe ero il più bravo nello studio. Quando parlavano le persone grandi, riuscivo a capire cosa si dicevano, ma in quei momenti, all'improvviso, per la prima volta nella mia vita, non capivo niente, neanche una parola, di quello che si stava parlando.

      Sembrava che parlavano tutti in un'altra lingua.

      Mi chiedevo se non capivo perché ero stato troppo superficiale nello studio e quelle cose mi erano sfuggite, se ero troppo poco preparato, oppure mi stavo scoprendo semplicemente scemo.

      < Ma se lo ero per davvero, lo erano anche tutti i miei amici che mi hanno votato, la nostra maestra ed anche la dirigente che hanno permesso quello sbaglio? >

      Le cose andavano sempre peggio, perché quando la compagna comandante con il cordone blu, ha finito di parlare e la maestra compagna comandante ha cominciato a fare domande ai compagni più grandi, che avevano il cordone giallo come il mio, loro rispondevano con sicurezza, tanta decisione e dando tante cifre.

      Come delle persone molto più grandi della loro età e molto ben preparate.

      Con la voce molto forte e decisa.

      Molto sicuri di loro.

      Finiva


Скачать книгу