Comando Primario: Le Origini di Luke Stone—Libro #2. Джек Марс
muretto di granito. Appena sopra si vedeva il monumento a Washington dall’altra parte del fiume. Incise sul muro stesso c’erano diverse citazioni del discorso di inaugurazione di Kennedy. Una particolarmente famosa catturò l’attenzione di Luke:
NON CHIEDERTI CHE COSA IL TUO PAESE PUO’ FARE PER TE…
“La pistola che Martinez ha usato per uccidersi aveva la frase La forza crea il diritto incisa sul calcio. Il Bureau ha fatto risalire l’arma a due omicidi in stile esecuzione collegati alle guerre per la droga a Baltimora. Uno era l’assassinio e la tortura di Jamie “Il Padrino” Young, l’ex capo dei Sandtown Blood.”
MA CHE COSA PUOI FARE TU PER IL TUO PAESE.
Murphy scrollò le spalle. “Tutti questi soprannomi. Il Padrino, Cadillac. Deve essere dura tenerli a mente.”
Luke continuò. “Chissà come, quella pistola ha lasciato Baltimora ed è finita nel North Carolina, nella stanza d’ospedale di Martinez.”
L’altro uomo riportò lo sguardo su di lui. I suoi occhi erano piatti e morti, come quelli di un assassino. Murphy non aveva ucciso un solo uomo nella sua vita, ne aveva ammazzati a centinaia.
“Perché non arrivi al punto, Stone? Di’ che cosa hai in mente, invece di raccontarmi una favola per bambini su signori della droga e ladri.”
Luke era tanto arrabbiato che avrebbe potuto prenderlo a pugni. Era stanco. Era irritato. Era affranto dalla morte di Martinez.
“Sapevi che Martinez voleva uccidersi…” iniziò.
Murphy non esitò. “Lo hai ammazzato tu,” ribatté. “Hai ammazzato l’intera squadra. Tu, Luke Stone. Hai ammazzato tutti. Ero lì, ricordi? Hai accettato una missione che sapevi essere impossibile perché non volevi revocare l’ordine di un pazzo con un desiderio di morte. Ed è stato solo per… cosa? Fare carriera?”
“Gli hai dato la pistola,” lo interruppe Luke.
Lui scosse la testa. “Martinez è morto quella notte sulla collina. Come tutti gli altri. Ma il suo corpo era troppo forte per rendersene conto, quindi ha avuto bisogno di una spinta.”
Si fissarono per un lungo momento. Per un istante, nella sua mente, Luke fu di nuovo nella stanza d’ospedale di Martinez. Le gambe dell’uomo erano state maciullate e salvarle era stato impossibile. Gliene avevano amputata una sotto il bacino, e l’altra al ginocchio. Aveva ancora l’uso delle braccia, ma era paralizzato dalla cassa toracica in giù. Era un incubo.
Sul suo volto erano colate lacrime. Stava colpendo il letto con i pugni.
“Ti avevo detto di uccidermi,” stava dicendo a denti stretti. “Ti avevo detto… di… uccidermi. E ora guarda questo… questo casino.”
Luke lo aveva fissato. “Non potevo farlo. Sei mio amico.”
“Non dirlo!” aveva esclamato Martinez. “Non sono tuo amico.”
Allontanò quel ricordo. Ritornò su una collina verde ad Arlington, in un assolato giorno di inizio estate. Era vivo e stava per lo più bene. E Murphy era ancora lì, a fargli la sua versione di una ramanzina. E Luke non la voleva sentire.
Erano circondati da una folla, persone intente ad ammirare la fiamma di Kennedy e a mormorare a bassa voce.
“Come al solito,” stava dicendo l’altro uomo, “Luke Stone ha fallito ma è stato promosso. Ora lavora per il suo vecchio ufficiale in comando in un’agenzia di spionaggio civile super segreta. Hanno dei bei giocattoli lì, Stone? Certo che sì, se la gestisce Don Morris. Ci sono segretarie carine? Auto veloci? Elicotteri neri? È come stare in una serie televisiva, non è vero?”
Lui scosse la testa. Era il momento di cambiare argomento.
“Murphy, da quando hai disertato hai commesso una serie di rapine a mano armata nelle città del nord-est. Hai preso di mira membri di gang e spacciatori di droga, dato che sai che hanno addosso grandi quantità di contanti e che non sporgono denuncia…”
Senza preavviso l’ex commilitone gli sferrò un pugno. Si mosse come un pistone, e atterrò in faccia a Luke appena sotto un occhio, facendogli scattare la testa all’indietro.
“Stai zitto,” gli ordinò. “Parli troppo.”
Luke barcollò e crollò contro un turista alle sue spalle. Lì vicino qualcuno ansimò. Fu un suono rumoroso, simile a una pompa idraulica.
Poi fece diversi passi all’indietro, spintonando varie persone. Per un istante provò una sensazione familiare di stordimento. Scosse la testa per allontanare la confusione. Murphy lo aveva colpito bene.
E non aveva ancora finito. Stava avanzando di nuovo.
La gente gli corse accanto su entrambi i lati, cercando di allontanarsi dal combattimento. Una donna sovrappeso, ben vestita in un completo beige con la gonna, cadde sulle lastre di pietra tra Murphy e Luke. Due uomini corsero ad aiutarla. Dall’altra parte della pila di persone, Murphy agitò la testa per la frustrazione.
A destra di Luke c’era la bassa barriera che separava i visitatori dalla fiamma eterna. La oltrepassò per uscire all’aperto sulla pavimentazione di pietra. Il suo avversario lo seguì. Luke si tolse la giacca del completo, rivelando la fondina da spalla e la pistola di servizio al di sotto. Qualcuno gridò.
“Una pistola! Ha una pistola!”
L’altro uomo la indicò con un sorrisetto. “Che cosa hai intenzione di fare, Stone? Vuoi spararmi?”
La folla scese di corsa dalla collina, in un esodo d’umanità.
Lui si slacciò la fondina e la lasciò cadere a terra. Si mosse verso destra, tenendo la fiamma eterna della tomba di John F. Kennedy proprio alle sue spalle e le lapidi piatte della sua famiglia di fronte. In lontananza vedeva il monumento a Washington.
“Sei sicuro di volerlo fare?” gli chiese.
Murphy oltrepassò una delle lapidi dei Kennedy.
“Non c’è niente che desideri di più.”
Luke alzò le mani e puntò lo sguardo sul suo avversario. Tutto il restò svanì. Vedeva l’altro uomo come se fosse stato avvolto da una strana luce, o sotto un riflettore. Murphy aveva le braccia più lunghe, ma lui era più forte.
Gli fece segno con le dita della mano destra.
“Allora fatti sotto.”
Murphy l’aggredì. Finse un gancio sinistro, ma poi gli sferrò un colpo con la destra. Luke lo evitò e si scagliò in avanti con il pugno destro. L’altro glielo allontanò con uno spintone. Ormai erano vicini, proprio come aveva progettato Luke.
All’improvviso si afferrarono a vicenda. Luke gli fece perdere l’equilibrio con un calcio e lo sollevò per aria per poi sbatterlo a terra con un tonfo. Avvertì l’impatto del suo corpo. Le lastre di pietra vibrarono per la violenza dell’urto. La testa dell’altro uomo rimbalzò contro la piattaforma ruvida che ospitava la fiamma di Kennedy.
La maggior parte degli uomini non si sarebbe rialzata. Ma non Murphy. Non un Delta.
Spinse in avanti di nuovo la mano destra. Graffiò il volto di Luke, cercando di trovare i suoi occhi, ma lui gettò la testa all’indietro.
Poi Murphy attaccò con la sinistra, chiusa in un pugno. Gli colpì un lato della testa, facendogli fischiare le orecchie.
Dopo toccò ancora alla destra. Luke la bloccò, ma l’altro si stava già alzando da terra. Gli si gettò addosso ed entrambi caddero a terra all’indietro. Murphy gli era sopra. Il contenitore metallico che conteneva la fiamma, alto quindici centimetri, era appena alla destra di Luke.
Il vento soffiò la lingua di fuoco verso di loro. Lui ne sentì il calore.
Con tutta la sua forza afferrò l’avversario e lo roteò alla sua destra. La schiena dell’uomo colpì la fiamma eterna. Il fuoco gli divampò attorno ed entrambi