L’alibi Perfetto. Блейк Пирс
o dei bambini. La donna aveva imparato presto che non era il caso di parlarne. Non rideva mai, ma sembrava più felice del solito quando le portava da mangiare nel ricovero in giardino, o quando la lavava con il tubo dell’acqua.
“Sembrava essere esaltato dai momenti in cui io venivo più umiliata,” le disse Brenda. “Diceva che facevano parte del processo di ‘purificazione’.”
Dopo queste ultime parole scoppiò a piangere e non fu più particolarmente utile. Jessie mise fine all’interrogatorio prima che le cose precipitassero del tutto. Quando ebbero finito, entrambi i Ferguson accompagnarono Jessie alla porta. Brenda sembrava stare un po’ meglio di quando l’aveva incontrata all’inizio. Mentre usciva, rivolse a Jessie una domanda.
“Pensi che potremmo avere il nome di quelli che hanno installato i sistemi di sicurezza a casa tua?”
“Certo,” disse Jessie, travolta dal senso di compassione. “Ti mando un messaggio con le informazioni.”
Mentre tornava all’auto, i suoi pensieri divagavano tra diverse varianti di come poteva essere questo rapitore. Solo quando fu arrivata accanto al veicolo si rese conto che tutti e quattro i copertoni erano stati tagliati.
CAPITOLO SETTE
Jessie ignorò l’improvvisa fitta di tensione allo stomaco e si guardò attorno, alla ricerca di qualsiasi elemento sospetto.
Era stato un atto sorprendentemente sfrontato: in pieno giorno, nella tranquilla via di un quartiere bene. Chiunque avesse agito, chiaramente non aveva poi tanta paura di essere beccato.
Non le balzò all’occhio niente di strano. Circa mezzo isolato più in là lungo la strada, c’era un piccolo furgone bianco rivolto verso di lei. Ma un secondo dopo, due uomini emersero da dietro il veicolo, occupati a trasportare un grosso divano verso una delle case vicine.
Qualche momento dopo Jessie vide un poliziotto in motocicletta sbucare da una strada laterale e dirigersi dalla parte opposta rispetto a lei. Sembrava stesse facendo un normalissimo giro di controllo. Era stata solo una sfortuna che non fosse passato quando le avevano tagliato i copertoni? O c’era dell’altro?
Odiava dover trarre la seconda conclusione, ma non poté fare a meno di considerarla. Era passato solo un mese da quando si era trovata personalmente coinvolta in un caso che aveva svelato un enorme scandalo legato alla corruzione nel mondo della polizia. Il suo contributo aveva portato all’arresto di più di una dozzina di agenti, incluso il capo del Gruppo Investigativo del Dipartimento di Polizia di Los Angeles e del sergente Hank Costabile della centrale di Van Nuys dell’ufficio della Valley.
Durante le indagini, Costabile aveva minacciato – prima sottilmente e poi apertamente – sia lei che sua sorella Hannah. Era forse l’atto di uno dei suoi scagnozzi che cercava vendetta per il suo amico ora incarcerato? Se così fosse, perché aspettare un mese e fare una cosa così casuale e sciocca?
O era forse possibile che il fatto fosse in qualche modo collegato ai rapimenti? Il rapitore stava forse in agguato fuori dalla casa dei Ferguson? Questo era un suo modo di mettere Jessie in guardia? Le sembrava improbabile, dato che dubitava che l’uomo bazzicasse nei paraggi. Anche se fosse stato il caso, non aveva modo di sapere che Jessie, vestita com’era con abiti civili, stava indagando sul caso.
Chiunque fosse stato e qualsiasi fosse il motivo del gesto, non cambiava il fatto che ora Jessie aveva bisogno di un carro attrezzi. Mentre aspettava, chiamò Ryan per aggiornarlo sia sull’interrogatorio che sull’incidente ai copertoni. Gli fornì tutti i dettagli, sperando che gli venisse in mente qualcosa che a lei stava sfuggendo.
“Potrebbero essere stati semplicemente degli odiosi ragazzini,” le propose lui, riguardo ai copertoni tagliati.
“Forse,” gli concesse Jessie. “Ma siamo nel mezzo di una giornata di scuola. Anche se alcuni ragazzi avessero marinato, pensi che se ne andrebbero in giro per il quartiere a tagliare tutti e quattro i copertoni di una singola auto? A me sembra una cosa più mirata.”
“Probabilmente hai ragione,” ammise Ryan. “Hai avuto più fortuna con la vittima del rapimento?”
“Un po’,” gli rispose. “Purtroppo quello che mi ha raccontato ci sarà più utile quando avremo per mano un sospettato. Fino ad allora, non è molto. Tu hai sentito niente?”
“A essere onesto, sono stato concentrato sulla testimonianza di oggi pomeriggio. Se non fosse per quello, verrei a prenderti.”
“Molto dolce da parte tua, ma non è necessario. Ti ci vorrebbe un’ora per arrivare qui, e non ho fretta. Appena mi cambiano i copertoni e torno alla centrale, devo solo rivedere le cartelle del caso Olin.”
Ci fu silenzio dall’altra parte della linea. Jessie si chiese cosa avesse potuto dire di sbagliato.
“Cosa c’è?” gli chiese ansiosa.
“Niente,” disse Ryan. “Stavo solo pensando che per quando riavrai indietro la tua macchina, non ha tanto senso che tu venga qui. Decker è andato al quartier generale per aggiornare i pezzi grossi sul raid della squadra del buon costume. Gli ci vorranno ore prima che torni. E tu hai per le mani una rara giornata tranquilla. Magari dovresti prenderti il pomeriggio libero e stare un po’ con Hannah senza me come terzo incomodo.”
“Non sei un terzo incomodo,” protestò Jessie.
“Sai quello che intendo. Sono sempre stato nei paraggi ultimamente. Questo potrebbe darvi la possibilità di passare un po’ di tempo tra donne. E se Hannah decide di usarlo per condividere qualcosa di personale, non sarebbe poi una brutta cosa.”
Jessie fu sorpresa del suo suggerimento.
“Ti è sembrata incline a fare una cosa del genere?” gli chiese, domandandosi se le fosse sfuggito qualcosa.
“Le ragazze di diciassette anni non hanno sempre qualcosa di personale che vogliono tenere per sé, anche se non hanno passato quello che è capitato a lei?”
“Sì,” disse Jessie. “Mi sto solo assicurando che tu non stia cripticamente alludendo a qualcosa di specifico.”
“No. So solo che Hannah sta andando dalla terapeuta, la dottoressa Banana.”
“Dottoressa Lemmon,” lo corresse Jessie, tentando di non ridere.
“Giusto, giusto. Sapevo che era della cerchia della frutta. E hai anche incaricato Garland Moses di analizzarle il cervello.”
“Sai che mi chiamava per quello ieri sera?”
“Sono un bravo detective. E poi gli hai assegnato una suoneria specifica e hai detto ‘Ciao Garland’ quando hai risposto. C’è da considerare anche questo.”
“Quindi non serviva che tu fossi un veggente, insomma,” lo canzonò.
“Comunque,” proseguì Ryan, senza lasciarsi distrarre. “Ho pensato che magari ad Hannah farebbe bene una chiacchierata con qualcuno che non le parlasse sempre in qualità di professionista di qualcosa. Sai, come una sorella maggiore per esempio.”
Jessie si rese conto che aveva ragione. Lei e Hannah stavano andando sorprendentemente d’accordo ultimamente. Ma per la maggior parte del tempo che passavano insieme, c’era sempre Ryan con loro. Era un’ottima compagnia, ma poteva anche darsi che stesse inavvertitamente trattenendo Hannah dall’addentrarsi in discorsi più pesanti. Magari un po’ di tempo insieme da sorelle l’avrebbe indotta ad aprirsi di più, sempre ammesso che ne sentisse il bisogno.
“Ryan Hernandez,” disse Jessie, sentendosi improvvisamente e inaspettatamente allegra, considerate le condizioni della sua auto, “non sei né la più stupida né la meno sensibile persona che abbia mai incontrato.”
“Grazie?”
“Hai anche un culo adorabile.”
Lo sentì tossire per qualcosa che gli era andato di traverso. Soddisfatta del proprio lavoro, Jessie riagganciò.
Hannah fu chiaramente piacevolmente sorpresa quando Jessie si presentò a prenderla direttamente a scuola. Poi divenne estremamente entusiasta quando seppe che si sarebbero fermate