I coniugi Varedo. Enrico Castelnuovo
la gente.
—Vedi dunque….
—Ma tu, zio—ripigliò la ragazza—non hai una scusa al mondo.
—Abbi pazienza; alle conferenze mi addormento, e se mi addormento russo.
—A questa di Varedo non ti saresti addormentato…. Me ne appello a miss Jane.
Miss Jane, ch'entrava in quel momento, rivolse uno sguardo interrogativo alla sua pupilla. Era un'inglese, che aveva piuttosto il tipo d'una tedesca, piccola, rosea, grassottella, flemmatica.
—Dica lei, dica il suo parere sulla conferenza di questa sera.
Miss Jane, che ansava un poco, posò il manicotto sopra una sedia, si sbottonò i guanti, e rispose:—O yes, beautiful indeed… Molto bella.
Pronunciata questa sentenza, la governante si sprofondò in una poltrona in un angolo del salotto.
Per Diana ci voleva ben altro.—Una maraviglia, un incanto… E mai un pentimento, mai un'esitazione… E neanche una nota.
—Che memoria!—esclamò lo zio.
—Nossignore, improvvisava.
—Demostene addirittura.
La signora Valeria slanciò un'occhiata di rimprovero al fratello, mentre Diana, piccata, replicava:
—Oh c'erano tante persone che applaudivano… tanti professori, tante signore.
—Sentiamo, sentiamo di chi era composto questo sinedrio femminino?
—Ho proprio tempo da passarle in rassegna… C'era la Rigaldi con le figliuole.
—Anche con quella di due anni?
—Sei intollerabile.
—So ch'è una famiglia dove si comincia tutto presto… Avanti…
—C'era la contessa Bisenti, la marchesa Terriani con la nuora, la signora Astolfi, la moglie del provveditore agli studi…
—Povera donna!… Condannata a subirsi tutte le conferenze dalla prima all'ultima… Suo marito crede che questo entri nei doveri d'ufficio… Avanti…
—Non dico altro.
—E adesso non c'è più nessuno che non sappia quale sia il suo dovere—ripigliò Gustavo Aldini con aria di mite canzonatura.
—Non la tormentare—interruppe la signora Valeria.—E tu, Diana, levati il tòcco e la giacchetta, chè qui fa caldo e rischi di prenderti un malanno. Dov'è la Giuseppina?
—Non ne ho bisogno. Or ora vado in camera per un minuto. Ma mi fa una rabbia quello zio…
—O perchè gli dai retta?
L'ingegnere, che si divertiva un mondo a punzecchiar la nipote, tornò alla carica.—Insomma io vorrei che così in due parole tu mi dicessi il sugo di questa famosa conferenza.
—La finisci, Gustavo?—ammonì la sorella.
—Che male c'è?—replicò Aldini candidamente.—Desidero istruirmi.
—Oh—saltò su la ragazza—se desideravi istruirti sul serio, dovevi venire e avresti imparato anche tu qualche cosa…
—Il mio dovere?
—Per esempio il dovere di non esser seccante.
—Brava! È una risposta che mi piace.
—Le tiri pei capelli le impertinenze—notò la signora Valeria.
—Ma che impertinenze? Non son mica permaloso, io.
—Oh, è buono in fondo—disse, carezzevole, Diana.
Aldini ricominciò:—E se domando il sunto della conferenza…
—Ma basta—supplicò la signora Valeria.
—Il professore Varedo la stamperà… La leggerai—rispose la giovinetta.
—Vedi che non era improvvisata.
—A momenti ti graffio il viso—minacciò Diana mostrando le unghie.
—Fammi la grazia, Diana—disse la madre,—giacchè devi andare nella tua camera, vacci subito.
—Sì… Ma prima una parolina all'orecchio… Non voglio che lo zio senta… È troppo cattivo.
—Mi licenzi?
—No… resta lì accanto alla stufa.
L'ingegnere accese un sigaro, Diana si avvicinò alla signora Valeria e le sussurrò piano, dopo aver guardato l'orologio:—Alberto… il professore Varedo sarà qui verso le undici a prender il the con noi… Lo scuserai se non viene prima, ma deve liberarsi dagli amici che gli si sono attaccati ai panni per festeggiarlo… Se tu avessi visto!… E quante signore se lo disputavano!… Ma egli preferisce la nostra casa.
E gli occhi della giovinetta sfavillavano nella gioia del trionfo.
La madre le diede un buffetto sotto il mento.
—Sta bene. Lo scuseremo… e lo aspetteremo. C'è dell'altro?
Diana abbassò ancora la voce.—Mammina cara, non te ne hai a male se, prima d'interrogarti, ho dato un ordine alla servitù?
—Che ordine?
—Quello di non ricevere stasera nessuno, a eccezione del professore
Varedo.
—Oh Diana, Diana!… E perchè?
—Ho ragione di credere—seguitò la ragazza—ch'egli abbia da parlarti in segreto.
—Davvero?
—Sì.
La signora Valeria tirò a sè la figliuola e la baciò teneramente. Indi Diana, svincolandosi dall'amplesso, si avviò saltellante verso l'uscio. Ma, così di passaggio, fece una breve sosta presso la stufa, appoggiò le due mani sulle spalle dello zio, e con accento risoluto le disse:—Se mi vuoi bene, e son sicura che me ne vuoi molto, non devi fare opposizione. Sai che sono ostinata. O lui o nessuno.
Prima ch'egli avesse tempo di rispondere, ella era già fuori della stanza.
Miss Jane s'era, alzata per uscire anche lei, ma la signora Valeria la trattenne con un gesto. E le chiese:—C'è stato un colloquio stasera fra il professore Varedo e la signorina?
La governante protestò vivamente in un suo italiano particolare che conservava la costruzione inglese.—Colloquio?… Avrei non permesso… Dopo la conferenza, Miss Diana volle complimentare l'oratore come tutti… Io ero con lei. Il professore appena vide noi venne incontro a noi con mani tese… Feci mie congratulazioni… Molte altre signore e gentlemen spingevano da tutte parti… Per mezzo minuto io fui separata da Miss Diana… Forse allora il professore le parlò piano… Io potevo non… non potevo sentire… Signorina raggiunse me subito dopo, incantata, enchanted, delighted, yes.
—E per la strada il professore era con loro?
—Oh no… Avrei non permesso… Eravamo con signora e signorina Duranti… Signorina diede suo braccia a Miss Diana. Io fui con la madre, o yes.
—Basta così. Se vuol ritirarsi, vada pure.
Miss Jane riprese il manicotto e uscì salutando.
—Fata trahunt—borbottò Aldini.
—Per carità, non sfoggiare il tuo latino. Ne ho d'avanzo dell'inglese di Miss Jane.
—Dianzi parlava italiano.
—Peggio ancora. Stento quasi altrettanto a capirla. Ma vuol fare esercizio. Ha già dichiarato che quando Diana si sposi ella si ritirerà a Londra per darvi lezioni di lingua italiana.
—Staranno