I coniugi Varedo. Enrico Castelnuovo
scientifico da svolgere, un apostolato da esercitare!
—Questi sì che son paroloni—pensava Aldini. Ma si contentava di tentennare il capo in silenzio.
Ella enumerava con mal celata compiacenza le occupazioni molteplici di suo marito. In primis, la cattedra; poi la direzione di fatto (chè il direttore di nome era vecchio e malaticcio) della Rassegna giuridica; poi gli articoli per altre Riviste italiane e straniere; poi le lettere da scrivere (almeno una mezza dozzina al giorno); e in fine la grande opera sul Dovere, di cui la conferenza di Venezia aveva tracciato le linee generali e che Varedo si proponeva di dar compiuta agli editori entro un paio d'anni… insomma un cumulo di roba da spaventare chi non avesse avuto la fibra, l'energia, la potenza di applicazione d'Alberto.
—Ah—conchiudeva Diana—quando penso ai bei damerini che perdono il loro tempo a correr dietro alle signore, a organizzar gite di piacere, a diriger quadriglie e cotillons!… Che concetto hanno costoro della vita?
Aldini sorrideva maliziosamente.—Non ne hanno. Vivono alla meno peggio. E forse i savi son loro.
—No—protestava la nipote scandalizzata.—Lo dici per farmi arrabbiare.
—Parlo sul serio… È tanto difficile averlo giusto questo concetto della vita che può esser sapienza il non averne nessuno. «Salvate, oimè, le membra—Dal tarlo del pensiero.»—Ricordi questi versi?
—Oh, dei versi e delle sentenze ce ne son per tutti.
Tornavano a bisticciarsi così, come una volta, pur provando un gusto immenso ad essere insieme.
Un giorno, in Via di Po, furono fermati da una vecchietta piccolina, svelta, asciutta, vestita di scuro, con un cappellino di forma vetusta, sormontato da un pennacchio nero.
Diana fece la presentazione. E spiegò allo zio.—La signora Marianna Bardelli è madre di quel dottore Eugenio Bardelli che hai conosciuto da noi.
Il pennacchio nero si agitò ripetutamente in segno di simpatia.—Lo sapeva da Eugenio che era qui lo zio della madama… Eugenio mi discorre sempre di loro… Lo colmano di gentilezze il mio figliuolo.
—Dica piuttosto ch'egli è troppo buono con noi e che noi siamo troppo indiscreti.
A sentir questa enormità il pennacchio nero parve assalito dalle convulsioni.—Signora Diana, signora Diana, per amor del cielo! Il mio Eugenio non si sdebiterà mai col signor professore che lo ha incoraggiato ne' suoi studi e che continuerà ad aiutarlo…. Perchè è pieno d'intelligenza, ma è timido, Eugenio, non sa farsi valere, e se non c'è chi gli dia la spinta…
—Eh non si lagni—interruppe Diana.—Lei è stata fortunata co' suoi figliuoli…
—Questo sì, questo sì…. Anche Paolo…. Andavo appunto da lui, nel suo studio…. a un passo di qui, alla svolta di Via Montebello…. Paolo aspetta sempre una visita della signora Diana.
—È vero.
Diana interrogò con lo sguardo lo zio, e a un cenno affermativo di lui disse alla signora Bardelli:—Se la facessimo adesso la visita?
La vecchietta si profuse in ringraziamenti. Forse era il momento buono, perchè Paolo aveva terminato il bozzetto per un monumento a Garibaldi da presentare a Mondovì, a un concorso…. Non aveva mica grandi speranze di vincere, con tanti altri artisti provetti che concorrevano… Ma guai a non tentare!…
Al giungere dei visitatori, Paolo Bardelli gettò lungi da sè il berretto di carta che gli copriva il capo e scese frettoloso da un'impalcatura ove stava dando i primi colpi di stecca a una massa di creta tuttora informe. Poteva avere due o tre anni più del fratello Eugenio a cui somigliava nella statura e nella completa assenza di barba; nella nervosità dei movimenti e nella loquacità un po' disordinata ricordava la madre.
—Ah, il bozzetto!—egli disse scoprendo il modello del suo Garibaldi, un Garibaldi ritto sopra la roccia, appoggiato all'elsa della spada nuda, non senza una certa espressione di fierezza nel viso.—Una cosa dozzinale…. Sonetti a rime obbligate… Arte subalterna… Si fa anche quella per necessità… per cedere alle istanze della famiglia… ma non ci si mette dentro tutta la propria anima… Garibaldi!… Sicuro, un eroe… Ma tra in marmo, in bronzo, a piedi e a cavallo ce ne sarà un centinaio di Garibaldi in Italia… Come non ripetersi?… E con lo sforzo dell'originalità si cade nel grottesco… No, non me lo lodino il mio bozzetto… non ne vale la pena…
Il giovine scultore alzò gli occhi verso il masso di creta tuttora informe, e borbottò:—Quello… chi sa?
—E che cosa dovrà rappresentare?—chiese l'ingegnere Aldini.
Paolo Bardelli abbozzò due grandi gesti con le piccole braccia, tentò due volte una frase; poi la sua fisonomia si contrasse dolorosamente, ed egli balbettò:—È impossibile… impossibile… L'idea è nel cervello dell'artista, c'è tutta… come fin dal primo giorno c'è tutto il bambino nel ventre materno; ma a volerla tirar fuori innanzi tempo… è impossibile… è impossibile.
—Non ti domandavano mica di scendere a particolari—disse la madre, alquanto mortificata.
Ma Diana s'interpose.—No, suo figlio ha ragione… Lo capisco perfettamente… Credo che nel suo caso farei lo stesso.
Lo scultore la ringraziò con un'occhiata.
Dopo aver esaminato altre tre o quattro cosuccie incompiute, zio e nipote presero congedo.
La signora Marianna uscì con loro; doveva passare dal suo terzo figliuolo, che, viceversa, era il primogenito, Girolamo, quello che teneva bottega d'orefice sotto i portici di Po. Non aveva l'ingegno de' suoi fratelli, Girolamo, ma era maestro nella sua arte, e alla morte del padre aveva assunto la direzione del negozio che, grazie a Dio, continuava a prosperare abbastanza… Ed era buono, laborioso, onesto, economo… Amministrava lui il modesto patrimonio, e per sè non consumava nulla…. dava tutto in casa, per la madre, per i fratelli.
Diana Varedo conosceva già questo Girolamo Bardelli ch'era nel suo genere un finissimo artista; ora volle farlo conoscere allo zio. Così ella manteneva la sua promessa di presentargli l'intera famiglia.
—Che onore, che onore!—andava esclamando lungo la strada la vecchia Bardelli. E agitava le braccia e scoteva la testa, tantochè il pennacchio nero del suo cappellino tremolava come la cima d'un pioppo in un giorno ventoso.
Nella bottega modesta d'aspetto, benchè le vetrine e le scansie e la cassaforte accogliessero oggetti di raro pregio, Girolamo Bardelli, curvo sul suo banco, attendeva a uno di quei sottili lavori d'oreficeria che i grandi artisti del Rinascimento non reputavano indegno di loro. Una lampada ad alcool che gli ardeva vicino mandava una luce azzurrognola sulla sua faccia pallida e sulle sue dita scarne, annerite all'estremità; a portata della mano stavano lime e ceselli di varia forma e misura ch'egli prendeva alternativamente al tasto, senza levar gli occhi dall'opera sua.
—Girolamo, guarda chi c'è—gridò la madre, entrando con la solita vivacità.
—Piano, mamma, piano!—diss'egli. E alzò adagio la testa, dissimulando sotto un languido sorriso la noia che gli recava l'esser disturbato in quel momento.
La signora Bardelli tornò a discorrere dell'onore che la madama e suo zio avevano fatto a Paolo visitandone lo studio, dell'onore che facevano a lui, Girolamo, venendo adesso nella sua bottega, delle grandi benemerenze che il professore Varedo aveva acquistate verso il loro Eugenio fornendolo di libri e di consigli e interessandosi pel suo avvenire. Bisognava che anch'egli, Girolamo, ch'era il capo della casa, ringraziasse la signora.
—Sicuro—balbettava l'orefice.—Anzi….
S'era ritto in piedi, rosso, confuso, con un'aria di gatto spaurito che cerca il modo di sguisciar via.
Poi le maniere affabili di Diana e dell'ingegnere lo rinfrancarono, ed egli parlò semplice e modesto di sè e dell'arte sua mostrando alcuni de' suoi ultimi lavori condotti con isquisita finitezza, e schermendosi dagli